sabato 20 giugno 2009

andiamo a Borgetto a regalare un libro


Si terrà il 21 Giugno 2009, a Borgetto (PA), in Piazza Vittorio Emanuele Orlando, la “Giornata della raccolta Libri” nell’ambito della già avviata campagna di acquisizione di cartacei e materiali audiovisivi denominata DONA UN LIBRO DONA CULTURA, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Borgetto, nell’ambito del progetto culturale onnicomprensivo NON SOLO MAFIA.

Si confida nella sensibilità dei componenti delle Istituzioni, dei concittadini di Borgetto e dei Borgettani d’America, già informati dei propositi dell’Assessorato che si concretizzeranno presto con l’apertura della Biblioteca Comunale di Borgetto nei locali di Via Municipio, non appena avverrà la consegna del restauro. Riappropriarsi, senza grandi sforzi economici, del patrimonio culturale, delle tradizioni e degli insegnamenti demologici e filologici del nostro grande predecessore Prof. Dott. Salvatore Salomone Marino, allievo del Pitrè, è la priorità che si prefigge l’Amministrazione del Comune Borgetto cercando con ogni sforzo di spostare l’asse dell’interesse generale, specie dei giovani, verso la cultura, come deterrente per l’eliminazione graduale delle devianze moderne.

Ogni oggetto donato sarà registrato su appositi registri, previo rilascio di ricevuta, per la rintracciabilità da parte del donatore e tutti i dati successivamente trasferiti in un database dedicato, in modo da dare in futuro ampia diffusione del patrimonio pubblico, anche online.

L’ASSESSORE Dott. Francesco Davì
Comune di Borgetto 03/06/2009 - 17:06

venerdì 22 maggio 2009

Interrogazione: la traduzione

Dimmelo, Achille, insegui sempre la tua fortuna?
con tutti gli altri uomini speciali, un po’ come fossero dei
un tantino camorristi (prepotenti) ma, in fondo, perfino pii,
state tutti là adesso, così forti e morti?


E adesso che non puoi attaccare, ti tocca difenderti da qualcosa:
da un diavolo incazzato, dai tuoi santi, dalle spine che sono il ghigno di una rosa?


Dimmelo:
Ancora le lanci, le lance?
Ancora le mangi, le arance?


Achi’, ma sentirsi sempre rispettati dal popolo impaurito
è sul serio un sentire che ti riempie molto?
E coloro che non uccidono nessuno sono minchie (idioti)?
Lo pensi perfino in questo momento che sei spento (passato nell’aldilà)?


Comprendendo te e chi vive di gran Grandezza
e quelli che… ”comandare è meglio che far l’amore”,
reputandolo un detto da non tenere in considerazione
ma che è la rovina di questo Mondo e mi fa molta stizza ,
mi vengono in mente soltanto due questioni,
te le porgo qui davanti a testimoni.
Lo sai, per tutti si sciolgono i propri anni (finisce il tempo):
attento(!) a queste profonde e grandi domande:

Ancora le mangi, le arance?
Ancora le lanci, le lance?

(pippo montedoro)
(pippu ‘u Muntiruoru)

scrivi a latrazzera@libero.it

venerdì 15 maggio 2009

INTERROGAZIONE

Rimmìllu, Achille, assicuti siempri ‘a to’ suorti?
cu tutti l’atri uomini spiciali, un pocu comu ‘i dii
n’anticchia camurristi ma, all’ultimu, puru pii,
stati tutti ddà, uora, accussì fuorti e muorti?

E uora c’on po’ attaccari, t’attuocca difinniriti ‘i qualchi cuosa:
r’un diavulu ‘ncazzatu, r’i toi santi, r’i spini ca sunnu ‘a smuorfia r’i ‘na ruosa?

Rimmìllu:
Ancuora ‘i lanci, i lanci?
Ancuora ‘i manci, i aranci?


Achi’, ma sintirisi siempri rispittatu r’u puopulu scantatu
è pi’ vieru un sintirisi c’assai ti inchi?
E chiddi c’on ammazzanu a nuddu sunnu minchi?
‘U piensi puru a ‘stu minutu ca si’ astutatu?


Capiennu a tia e a cu campa ri gran Grannizza
e a cu’ ca …”cumannari è mugghiu ‘i futtiri”,
pinsànnulu un pruvierbiu c’onn’è ri sientiri
ma è ruina ri ‘sta Tierra e mi fa assai stizza,
mi viennu sulamenti rui quistiuni:
t’i fazzu cca, ravanti a tistimuni.
‘U sai, pi’ tutti squagghianu ‘i soi anni;
attientu(!) a ‘sti prufunni e gran dumanni:

Ancuora ‘i manci, i aranci?
Ancuora ‘i lanci, i lanci?

(pippo montedoro)

scrivi a latrazzera@libero.it

mercoledì 13 maggio 2009

frasi celebri

Molti di voi oramai conoscono la riubrica "frasi celebri" che la Trazzera pubblica nella sua colonna della home page. Fino ad oggi le frasi pubblicate sono state 10. Di seguito ve le riportiamo tutte. Leggetele (o rileggetele) con attenzione perchè contengono molti spunti per profonde riflessioni. Almeno così è stato per noi che le abbiamo scovate.

10 - Il capitale cerebrale ed umano è identico per l'uomo e la donna, solo che nella donna viene distrutto dalla cultura sociale , mentre nell'uomo viene sopravvalutato.
(Rita Levi Montalcini)

9 - Io credo in un’America dove la separazione di Chiesa e Stato sia assoluta. Dove nessun gruppo religioso cerchi di imporre i suoi voleri direttamente o indirettamente sulla popolazione o sugli atti pubblici dei suoi funzionari.
(John Fitzgerald Kennedy )

8 - Non va allontanato il povero, ma la povertà. Non si può continuare a emarginare chi non partecipa allo sviluppo economico. E lo sviluppo economico non è la soluzione. Serve uno sviluppo solidale
(Don Vittorio Nozza)

7 - Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista.
(Pessoa Càmara, vescovo brasiliano)

6 - Le istituzioni migliori nelle mani di uomini ingiusti e senza amore genereranno sofferenza e miseria, mentre istituzioni tecnicamente meno perfette, ma affidate a uomini di cuore, capaci di rispettare le personalità dei lavoratori, potranno forse promuovere piùefficacemente il bene comune
(R. Voillaume)

5 - La finanza è l'arte di far passare i soldi di mano in mano fino a farli scomparire
(Robert W. Sarnoff)

4 - non amo la concorrenza, è l'opposto della solidarietà
(anonimo)

3 - Ce n'è abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di ciascuno (Ghandi)

2 - non essere così modesto... non sei poi così grande!
(Golda Meir)

1 - Non c'è nulla di tragico ad avere 50 anni tranne a volerne avere 20 a tutti i costi"
(dal film "viale del tramonto"... appunto!)

scrivi a latrazzera@libero.it

mercoledì 6 maggio 2009

5 maggio

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,

muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pie' mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito
mista la sua non ha:

vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico
che forse non morrà.

Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;

tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar.

Ei si nomò: due secoli,
l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s'assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell'ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.

Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;

tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;

e l'avvïò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre
la gloria che passò.

Bella Immortal! benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò

martedì 28 aprile 2009

Rugantino

AL TEATRO CRISTAL DI PALERMO DAL 14 AL 17 MAGGIO 2009


Correva l'anno 1830, primo del breve pontificato di Pio VIII, e Rugantino incastrato alla berlina, proprio davanti all'osteria di Mastro Titta, boia di Roma, per la prima volta incontra Rosetta, bellissima popolana romana sposata a Gnecco er matriciano.

Prima per scommessa poi per affetto, Rugantino viene travolto dall’amore per la bellissima Rosetta.
Per motivi politici, il marito di Rosetta Gnecco, viene pugnalato proprio davanti casa sua nel bel mezzo della festa di carnevale, mentre tenta in contumacia di tornare dall’esilio impostogli dal Conte Paritelli per l’assassinio non comandato del farmacista liberale “Corsetti”.


Quella stessa sera di Carnevale, Rugantino va in giro per Roma e casualmente trova la compagnia di Donna Marta Paritelli che per il carnevale si è travestita da popolana desiderosa com’è di passare una serata eccitante con un semplice plebeo. I due girando per i vicoli bui e per piazza Trastevere si accorgono di Gnecco riverso per terra morto.

Donna Marta presa da terrore scappa urlando “Qualcuno ha fatto Gnecco”. Di fronte al fatto compiuto, il “Burlone” non si lascia scappare l’occasione per tessere una ennesima sua bravata.
Per apparire uomo “duro e screpante” agli occhi dell’amata, affacciatasi al balcone per via delle urla di Donna Marta Paritelli, Rugantino, riesce a far credere a Rosetta di averle ucciso il marito per liberarla finalmente dall’incubo di quell’uomo duro e collerico buono a nulla. Per un nefasto gioco del destino però, da quella stessa piazza passa una ronda di guardie che trova Rugantino ancora con il coltello in mano poco prima sfilato dal corpo esamine di Gnecco.

I Gendarmi, certi di avere fra le mani l’assassino di Gnecco, inseguono il fuggiasco fin sul sagrato della chiesa dove però lo stesso, con l’aiuto degli amici riesce a scappare.Quell’ultima bravata intanto ha segnato la vita di Rugantino, che viene formalmente accusato del delitto di Gnecco dallo stesso Cardinale Severini, arrestato, giudicato dal tribunale ecclesiastico e infine ghigliottinato dallo stesso “Mastro Titta”, amico di sempre, proprio nella stessa piazza dove “Ruga” da bambino, spensierato, giocava a far la “cianchetta” (Lo sgambetto) ai malcapitati passanti.

venerdì 10 aprile 2009

la Vucciria al cinema Lubisch. Un palermitano non può non vederlo


Pippo Basile, che da cinquant’anni prepara “pani c’a meusa”, Claudio Di Giovanni, che di giorno vende il polpo bollito in piazza e la sera fa l’animatore in discoteca, sono due dei protagonisti di “Vucciria”, del regista tedesco Markus Lenz.

Il documentario, girato per le strade e tra la gente del famoso mercato palermitano, è attualmente in programma al cinema Lubitsch di Palermo, nell’ambito del decennale di vita della sala di via Guido Rossa a Bonagia.

Prodotto dal Goethe-Institut Palermo, “Vucciria” presenta, attraverso le voci di chi ancora ci vive e lavora, la storia e la situazione attuale di uno dei quartieri più antichi del capoluogo siciliano. Un luogo che ha perso le voci, i colori, il fermento di un tempo (documentati nel presenta, attraverso le voci di chi ancora ci vive e lavora, la storia e la situazione attuale di uno dei quartieri più antichi del capoluogo siciliano.

Un luogo che ha perso le voci, i colori, il fermento di un tempo (documentati nel film dal famoso quadro di Guttuso e dalle vecchie foto dei protagonisti), per diventare negli anni un triste esempio di degrado edilizio, igienico e sociale. Case, ormai pericolanti e abbandonate, i rifiuti ammassati nei vicoli deserti, dimenticati dall’amministrazione comunale.

E tuttavia la Vucciria continua a parlare: ricorda quando la gente, proveniente persino dalle zone più lontane della città, si accalcava davanti alle bancarelle per acquistare i prodotti freschi. Parla degli anni del boom edilizio e del sacco di Palermo, quando il quartiere fu svuotato e i suoi abitanti trasferiti in periferia. Parla delle responsabilità e delle irresponsabilità che hanno prodotto il degrado.

La Vucciria che ci appare attraverso l’occhio di Markus Lenz è tutt’altro che immobile e cristallizzata. Attraverso le voci di chi la vive, diviene un riflesso di tutti quei processi di cambiamento che continuano ad interessare l’intera città, di cui essa rimane il cuore, ferito sì, ma ancora flebilmente pulsante.

Con la produzione del film di Lenz, il Goethe-Institut Palermo diretto da Heidi Sciacchitano testimonia ancora una volta la propria forte vocazione cinematografica e l’attenzione al tema della città. “Vucciria” rientra nel progetto triennale del Goethe-Institut Omniapolis, dove la città come simbolo e luogo di mutamenti epocali è il filo conduttore di numerose iniziative, occasioni di dibattito e confronto sulle forme del vivere presente e sulle prospettive della convivenza futura. Scopo del progetto è quello di capire quali siano le forme espressive che le città concedono ai propri cittadini, dando voce a coloro che attraverso diverse forme e tecniche artistiche riconquistano gli spazi (e i non-spazi) pubblici, da tempo ormai scomparsi.

A parte la serata di presentazione ch eha visto il conema traboccare di spettatori, il gilm è stato poi dimenticato o ignorato dai palermitani e dai media locali. Noi della Trazzera lo abbiamo visto e ne siamo rimasti incantati. UN VERO PALERMITANO NON PUO' NON VEDERLO

martedì 7 aprile 2009

Il siciliano secondo Nonciclopedia


La lingua parlata in Sicilia è l'ostrogoto isolano. Comunemente chiamato siciliano è una lingua incomprensibile a quasi tutto il resto d'Italia: solo qualche napoletano e pochi esponenti del Mato Grosso svervegio riescono a capire.


Seppure contenga diversi milioni di vocaboli, diversi da quelli italiani, per articolare un discorso in siciliano è sufficiente saper usare semplicemente le parole minchia, sticchiu/pacchiu e spacchiu. Con queste tre parole è possibile formare il 97% dei periodi verbali d'uso comune in Sicilia.

Qualche famoso linguista, leccando bene la sarda, insiste nel dire che anche in sicilia si parli l'Italiano. L'italiano regionale di Sicilia, ammesso che davvero esista, si contraddistingue per le seguenti sgrammaticature.

I Siciliani (ed un po anche i Calabresi) intercalano spesso con "miiiì", come se fosse un rito abbreviato. Di fatto lo è considerando che la parola miiiì è il troncamento di un'altra parola volgare: "miiiìnkia". Molti ormai sono abituati a pronunciarla tronca perché sembra meno scurrile, anche se si sa non è così. E.g.

- Miiinkia, non ci posso credere !
- Miii, non ci posso credere
Si nota la differenza di formalità tra le due frasi.

Attenzione, la lettura del seguente elenco potrebbe portare vomito convulso ed odio incontrollato nei confronti della grammatica:

- a un siciliano fa male la mola e non il molare...
- tutti gli italiani si asciugano i capelli con il phon, un siciliano usa il fono.
- mentre un siciliano esce da casa dice a sua madre sto tornando! o sto venendo!
- un siciliano esce i soldi e non tira fuori i soldi...
- ci sono una poco di cose da fare...
- se la fida a fare qualcosa, non riesce a fare qualcosa
- si siddia a fare qualcosa, non si secca a fare qualcosa
- gentilmente invita qualcuno a buttare sangue dal cuore...
- suonando al portone di un amico, il siciliano dice macheffà, sceendi?
- quando guida sta attento alle scaffe. Le buche in Sicilia non esistono.
- dopo pranzo, scotòla la tovaglia.
- quando toglie le scarpe si mette le tappine... e se vuole dirlo in italiano stretto dice le pianelle.
- se l'è squarata o s'ha squarau!.
- vedendo un amico un po' sovrappeso lo apostrofa: ta futti 'a spisa! (te la mangi la spesa)...
- conosce il significato della parola agghiacciare.
- ringrazia l'automobilista che si è fermato mentre attraversava sulle strisce pedonali. (e che c'entra con la lingua?)
- si domanda se ha preso tuttecose.
- i suoi vicini buttano voci.
- per dire che si è esposto alle correnti d'aria e si è preso un brutto raffreddore, dice: M'AMMAZZAIU!
- Minchia Di Mare non è un pesce...
- scusi un taBBBacchino?
- per un siciliano tutti gli asiatici sono cinisi, forsi giappunisi.
- e tutti gli uomini di colore sono tucchi.
- La megghiu parola è chidda cà nun si dici...
- Pruvulazzo non è un formaggio.
- sa cos'è uno sfincione.
- come intercalare usa miiiinchia 'mpare!!!!
- per un siciliano tutti gli africani sono marocchini
- un siciliano "esce la macchina" e "piscia il cane"...

(dal sito nonciclopedia)

giovedì 26 marzo 2009

A voce alta.. abbassiamo i decibel



The Reader - con Kate Winslet (premio oscar 2009) e Ralph Fiennes

Forse se la protagonista di questo film si fosse imbattuta nel mitico Maestro della trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” che tanto si prodigò per alfabetizzare l’italietta o gli italiani degli anni 60, si sarebbe “sparagnata”tanti guai e forse non avrebbe più fatto questo film e anche gli spettatori avrebbero potuto non vederlo.

Ma non è andata così e fin dall’inizio della pellicola dobbiamo affrontare la questione dell’iniziazione sessuale di un ragazzo da parte di una donna adulta, ancora giovane e bella, nella Berlino di fine anni 50.

Tra giochi sessuali e amplessi passionali, il ragazzino sembra sempre più affascinato, soddisfatto e legato alla donna che si mostra dura e possessiva ed abbastanza disturbatella. Dopo circa un quarto d’ora lo spettatore si comincia a chiedere se il film evolverà con una pennellata di Tinto Brass o succederà qualcosa?

Ed eccolo accontentato è in arrivo la lettura: latino, greco, poesie e racconti recitati a voce alta si alternano alle pulsioni amorose e confinano i due protagonisti in un loro spazio, in una relazione a parte, che non induce nello spettatore alcuna tensione emotiva. Parentesi chiusa.

Si sa che i rapporti disturbati e squilibrati non possano durare a lungo. Finalmente il colpo di scena (per chi non ha letto prima la trama) e la storia repentinamente prende un'altra direzione. I due protagonisti si rincontrano dopo qualche anno in un aula giudiziaria: la donna imputata di aver fatto parte delle S.S. e di aver procurato la morte di molte persone, il ragazzo un po’ cresciuto che studia per diventare procuratore o avvocato

Lo spettatore è allora investito dalla spinose questioni: quanta colpa si può attribuire ad una persona ignorante che per eseguire gli ordini si è macchiata di crimini orrendi ma non sembra accorgersene e si vergogna terribilmente di essere analfabeta?

Cosa ci vuole dire la protagonista- imputata con quell’aria spaesata di chi non sembra comprendere quale sia stata la proprio responsabilità avendo compiuto solo il proprio dovere ineluttabile di esecuzione degli ordini? Perché si vergogna così tanto di non saper leggere ne scrivere?

Ma a cosa serve la lettura dei libri? A farci migliori? Per la protagonista sembra essere piuttosto un sicuro conforto e trastullo. Trascorre le giornate in galera come fosse Alice nel paese delle meraviglie, in un ordine confinato dove finalmente, in quiete, impara a leggere e scrivere ascoltando attraverso un registratore i romanzi dei grandi scrittori raccontati a voce alta dal protagonista, ormai divenuto adulto.
Né memoria ne rimorsi sembrano affiorarle alla coscienza.

E lo spettatore? Distante e annoiato, osserva senza partecipazione lo svolgersi di drammi che non riescono ad essere drammatici. E quasi per contrasto il pensiero va alle molte donne e uomini che si sono sottratti, ribellati, esiliati per non rendersi responsabili dei massacri del nazismo.

Uomini e donne che non sapevano leggere e scrivere ma avevano provato disgusto a vedere la violenza prepotente e selvaggia contro i propri simili, uomini e donne che a distanza di anni, sono ancora segnati dal degrado umano.

All’uscita, si ha la sensazione di essere stati avvolti da tanto fumo e niente arrosto e tra le varie forzature della trama ci si chiede infine: Ma perché nel carcere berlinese davano alla protagonista tedesca che voleva imparare a leggere ed a scrivere libri in lingua inglese?

(Elle Erre)

sabato 31 gennaio 2009

piazza Marina


Alle 8 è già lì.
Porta due valigette piene di sogni. Oggi deve vendere qualcosa. Non ha neppure gli spiccioli per una colazione e spera che qualche bimbo, passando davanti ai suoi giochi di legno, chieda alla mamma di comprargliene uno.

Apre le piccole valigie blu. Un collega lo osserva con fastidio. Ma a piazza Marina, di sabato, c’è posto per tutti e Garzon , che è timido, si muove piano, si guarda intorno e mette ogni cosa vicina. Tutto in un angolo davanti l’inferriata del giardino Garibaldi.

Non viene mai la domenica. La domenica deve sognare. Sognare è importante per il suo lavoro. Lui i sogni, poi, li costruisce: di legno o di cartapesta. A volte nei sogni rivede la sua Valencia, ma non può permettersi di sognare Valencia. Nessuno si comprerebbe la sua infanzia di legno. Nessuno si interessa a lui. Ma lui si interessa agli altri. Garzon sogna per gli altri.

Si avvicina un uomo con gli occhiali. Garzon lo saluta, lo chiama per nome. Lo conosce. E’ uno di quelli che una volta erano stati suoi amici. Amici suoi e di Rita, la sua compagna. Che oggi non c’è più. E non ci sono più neanche il suo volto, le sue carezze i suoi racconti. I suoi amici.

Ecco un bimbo. Osserva l’aquila. E’ grande e tutta colorata di rosa. E ondeggia su e giù appesa a dei fili invisibili che Garzon ha attaccato alle sue ali.
Il bimbo la fa oscillare, Garzon sorride e gli dà una carezza. Poi la mamma se lo porta via.

E’triste Garzon. Dà una leggera spinta all’aquila, poi un’altra e un’altra ancora. L’aquila ondeggia sempre di più. Le ali si coprono di piume, gli occhi si schiudono, un colpo di vento giunge dai ficus oltre l’inferriata del giardino e l’aquila vola via. Garzon è felice , il suo sogno volerà alto. Volerà via. Anche Garzon va via. Nessuno più lo vedrà a piazza Marina.

(pinardelrio)

martedì 13 gennaio 2009

laura 13 gennaio 2009


L'attesa di una semplice passione
Avendola vissuta qualche volta,
Unifica speranze e delusioni
Riconoscendo solo chi ti ascolta.

Avendo poi tagliato con lentezza
Veri traguardi di maturazione,
Elimini dai fianchi con destrezza
Novanta grammi di alimentazione!

Tutto diventa chiaro a questo punto:
Inutili le critiche nostrane
Quanto banale il peso che hai raggiunto,
Utilizzando diete senza pane;

Anche se poi la voglia di insalata
Trovabile in ogni angolo remoto
Ti indice a ritenerla abbandonata!
Resisti alla visione di tue foto
Elegante, slanciata, alzi la testa

Nell'indossare i tuoi abiti scuri
Non potendo far più per la tua festa
Ecco le due parole:tanti auguri!

(papa)

venerdì 2 gennaio 2009

amore legato 2


Amore Legato
Stasera non verrai
lo so
lo sai
ed è così diverso
stare con te o senza
che l'aria cambia colore.

Non ti dico queste cose d'amore
ritrarresti gli occhi
stringeresti le labbra
che amo invece aperte
nei mille baci
ma ti accarezzo più forte le mani
quando, parco d'abbracci
cerchi le mie.

Hai chiesto della mia tristezza
senza accarezzarmi
ma dopo
hai dormito rivolto a me.

All'alba, ancor prima
hai cercato il sogno
e mi sono fatta prendere
ti ho cavalcato nel caldo dell'aurore
e del lenzuolo che
lieve
mi circondava i fianchi.

Al buio ti vedo come al sole
conosco la tua pelle
come se fosse mia
l'odore
il fresco sapore di te.

(Maria Angela Rossi)

dalla raccolta Chanson d' (Sabinae Edizioni, 2008).

domenica 21 dicembre 2008

BUCCELLATI



I buccellati sono i nostri dolci tipici natalizi, che nonostante le invasioni gastronomiche dei panettoni e pandori, rappresentano un forte richiamo al Natale. I buccellati profumano d'oriente grazie ad un lontano scambio di tradizioni con gli arabi e rappresentano i dolci del barocco siciliano e per la magnificenza delle forme e per la complessità degli ingredienti. Nelle linee generali sono dolci a pasta asciutta, ricoperti da una glassa di zucchero, con un ripieno di frutta secca e candita, dove i fichi secchi, l'uva passa, la zuccata, le mandorle ed il cioccolato sono i principali componenti dell'impasto aromatizzato con varie spezie. La fantasia delle nostre nonne e la disponibilità di altri ingredienti presentano un vasto ventaglio di varianti tale da diversificarne il gusto. Il buccellato è un dolce di scambio, rappresenta il dono natalizio che racchiude tutte le amorevoli cure della sua lunga preparazione. È difficile dare una ricetta perché in genere non si procede mai secondo ricettario ma vengono seguiti i gusti delle famiglie per cui la ricetta che si propone è una delle tante possibili.


Ingredienti del ripieno:

1 Kg fichi secchi 300 gr uva sultanina
300 gr cioccolato fondente 400 gr zuccata
250 gr mandorle
100 gr noci
2 manderini
una stecca di cannella
1/2 cucchiaio di chiodi di garofano
1/2 cucchiaio di cumino (camomo)
caffè


Ingredienti per la pasta:

1 Kg farina 00
1/2 Kg farina di grano duro 200 gr zucchero
200 gr strutto
2 Buste di vaniglia
l Uovo intero + 2 tuorli
40 gr di carbonato di ammonio (ammoniaca)
Ingredienti per la glassa 2 albumi
400 gr zucchero a velo
2 Bustine di vaniglia Poche gocce di limone codette colorate


PREPARAZIONE
Il ripieno deve essere preparato almeno un giorno prima in modo tale da regolarne il giusto grado di morbidezza (un ripieno troppo molle fa sciogliere la pasta dopo la cottura).
Ammollare in acqua calda l'uva sultanina, triturare finemente le mandorle e le noci, tagliuzzare il cioccolato, macinare·i fichi ,secchi dopo ammollatura in acqua calda, tritare le bucce dei mandarini, pestare in un mortaio i chiodi di garofano, il camomo e la cannella ed infine preparare un infuso di caffè e zucchero con circa 100 gr di caffè e 50 gr di zucchero per litro di acqua.
In una ciotola molto capiente versare tutti gli ingredienti ad eccezione del cioccolato e amalgamare il tutto versando a poco a poco l'infuso di caffè caldo. Il giusto grado di morbidezza è raggiunto quando con un cucchiaio si preleva senza resistenza il composto. Appena raffreddato il composto aggiungete il cioccolato. Il giorno successivo si valuta nuovamente la consistenza e se necessario aggiungete solo acqua fredda quanto basta.


La pasta va lavorata come qualsiasi pasta biscotto con l'aggiunta di sola acqua poiché il latte fa perdere la fragranza e la friabilità dopo la cottura. Lavorare in una ciotola lo strutto insieme allo zucchero ed alle uova. Preparare una miscela delle due farine, con l'aggiunta della vaniglia e del carbonato di ammonio, da versare in una spianatoia a fontana ed amalgamare con il composto di uova, zucchero e strutto con aggiunta di acqua sino ad arrivare alla consistenza di pasta biscotto.
Con un matterello stendere la pasta, riporre il ripieno ed arrotolare. Si possono creare tutte le forme desiderate dalla ciambella al tortello, ma per tutte le forme prescelte la superficie del buccellato deve essere intagliata o con una lametta o con delle forbici ben taglienti. L'intagliatura ha lo scopo di trattenere la glassa e viene sempre effettuata dalle mani più esperte perché è un'arte decorativa.


La cottura va a forno moderato (circa 180°) per 30 minuti. Per preparare la glassa si montano a neve soda gli albumi e si aggiunge poco alla volta lo zucchero mescolando continuamente. Alla fine aggiungere la vaniglia e poche gocce di limone poiché un eccesso farebbe ingiallire la glassa. Stendere con un pennello la glassa sui buccellati ancora caldi e cospargere di codette e cannella macinata.
Appena asciutti riporre i dolci in un recipiente chiuso ermeticamente. In luogo asciutto possono essere anche conservati per mesi, golosità permettendo.

(a cura di Antonella Gullo)

martedì 9 dicembre 2008

i piedi di vita


I piedi, come fu,
sembravano di piombo

le mani, come sempre,
sudavano di grasso

la fronte, m’hanno detto,
colava di sudore

la lingua, la sentivo,
bruciava di calore

e dentro la fornace
ardevan le sue carni

che forse non olean
ma sapevano di pace

la pace che trovò
nessuno mai lo seppe

ma questa, non si dica,
che è storia di vita

(pinardelrio)

venerdì 28 novembre 2008

panino ca' muitatella

Istruzioni:
1. reperire un panino preferibilmente caldo e inciminato (la tradizione pretende la mafaldina ma a parere dello scrivente l'uso alternativo del semprefresco, del rimacinato, del francesino o della vastidduzza mantiene alto il livello della produzione. Al contrario sembrerebbe pacifica l'inammisssibilità al connubio della rosetta , per ovvi motivi che attengono alla pretesa mascolinità del prodotto. Per lo stesso futile motivo, le scuole più integraliste ritengono non ammessibile il "francesino" )

2. reperire, possibilmente presso altro rivenditore, della mortadella rigorosamente tagliata al momento (prove di laboratorio sembrerebbero dimostrare che gli aromi del predetto ingrediente si dileguino nell'atmosfera con una velocità di diffusione (più tecnicamente sbapurazione) non riscontrabili in nessun altro gas esistente, benchè nobile)

3. ritornare con i due ingredienti, frettolosamente, a casa, prima che quello si raffreddi e questi perda il profumo (sbapuri). Non dimenticate di pagare i due rivenditori perchè in quel caso gli ingredienti acquisirebbero un retrogusto di "amaro"

4. giunti a casa con sufficiente anticipo rispetto ai tempi di degradazione dell'ingrediante di cui al punto 2., tagliare il panino lungo il piano di mezzeria longitudinale, stendendo, almeno, due mani di mortadella;

5. riponete prontamente la metà inciminata sul preparato avendo cura di rispettare l'originario verso. In caso contrario potrebbe risultare compromessa l'intera preparazione e rendersi necessario ritornare al puno 1. per scadenza dei perentori termini previsti

6. assaporate ad ampi morsi il manufatto così realizzato sorseggiando a circa metà panino e lasciando liberamente sfogare gli effluvi viscerali prontamente accorsi verso tutti gli orifizi.

7. eventuali insistenti rumori dalle pareti circostanti non dovrebbero destare preoccupazione perchè, verosimilmente, provenienti dai vicini dei piani superiore ed inferiore,
dissenzienti e proclivi alle comunicazioni della più antica tradizione siciliana: "u' manicu i scupa" .

8. procedete, serenamente, fino alla fine ma ricordate che, ad oggi, ancora non ha trovato soluzione la ricerca della migliore bevanda da abbinare al piatto

9. gli attuali e più diffusi orientamenti indicano nella birra la compagna che più integra l'alleanza, ma la ricerca è tutt'oggi aperta.

Chi ddici! e ancora lo chiamano "u panino ca muitatella"!
ciao
(GiGi )

venerdì 31 ottobre 2008

cucuzza russa c'acitu


Bedda biddazza, faccia di cucuzzazza, comu chidda chi avi sutta u letto me mà!
Così, quando ancora ero bambina, mia madre esternava il suo affetto per me, nonché tutto il suo compiacimento per aver fatto di me una bimba paffuta col visetto a palla!
Io che un poco babba lo sono sempre stata, e che mi scantavo degli specchi, perché mi avevano raccontato che nello specchio c’era il diavolo, volevo capire come fosse la cucuzza, per pendere coscienza della mia facciazza.
E siccome credevo davvero che, la cucuzza, fosse sotto il letto di mia nonna, quando andavo a trovare la nonna, mi fiondavo sotto il suo lettone a tre piani, era fatto con i trispiti, su cui poggiava u tavolazzo e sul tavulazzo poggiavano tre o quattro materassi riempiti di lana, ma già eravamo nell’era moderna perché ancor prima i materassi, mia madre mi racconta, erano imbottiti cu crinu, un materiale che si otteneva lavorando la ddisa, arbusto tipico della macchia mediterranea!
Quanto guardarmi allo specchio non se ne parlava proprio! Perché lo scanto non era normale, addirittura appena mi avvicinavo allo specchio della mia cameretta mi abbassavo e camminavo carponi per evitare l’incontro con la creatura.
Preferivo la zucca!
Ma che delusione però, sotto il letto non c’era la cucuzza, ma una trappola per i topi di quelle a scatto col cacio tanfuso per esca, da qui si spiega il tanfo pregnante di casa di mia nonna, che continuo a portare come suo ricordo insieme agli scricchiolii del pavimento e della mobilia.
Così, per tanto tempo, ho creduto di somigliare ad una cucuzza non bene identificata, finché non mi sono fatta coraggio e ho affrontato il mostro dello specchio, quanto alle zucche ho capito che, meglio se fritte in agrodolce
Cucuzza russa c’acitu
Ingredienti• un bel pezzo di zucca rossa;• una testa d’aglio,• ½ bicchiere di aceto di vino rosso annacquato con poca acqua;• abbondante olio di oliva extravergine.
Procedimento Ridurre la zucca in fette di uno spessore di circa mezzo centimetro, salarla e metterla in un colapasta affinché espella parte dell’acqua di vegetazione. Scaldare l’olio e friggervi la zucca, a fiamma relativamente bassa per evitare che bruci e che resti cruda.
A fine frittura eliminare parte dell’olio e nella stessa padella ‘ngraciare appena appena l’aglio che è stato, con una santa pacienza, precedentemente spellato, aggiungere l’aceto facendo attenzione a non bruciarci perché schizza dappertutto.
Versare l’olio con l’aceto sulla cucuzza e lasciare riposare per un paio di ore prima di assaggiarla.
(Antonella Gullo)

mercoledì 29 ottobre 2008

ho fiducia nella provvidenza


Oggi ho incontrato Biagio Conte.
L'ho visto,stava parlando con un amico mentre passeggiava.
Era proprio come in fotografia nei giornali o in tv.
Mi e' venuto spontaneo fermarlo e salutarlo.
"Sono proprio io in carne ed ossa" mi ha detto sorridendo,
ed ha aggiunto "anche se le mie ossa...." facendo
intravedere un stampella a cui si appoggiava.
L'aspetto giovane ma stanco.
Ha proseguito a camminare,sono rimasto fermo ma
poi l'ho raggiunto per offrirgli qualche euro per la sua
missione.
Ha detto che non poteva prendere niente ma qualsiasi
cosa l'avrei potuto portare in via Archirafi.
"Ho fiducia nella provvidenza" ha aggiunto salutandomi.
Mi sono detto:"perche' non dirlo anche a chi puo' farlo?"

Sandokan
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giovedì 23 ottobre 2008

Dolcemente Salato



Degustazioni guidate, incontri
A cura e con la collaborazione di Cerere,associazione culturale

Sabato 8 novembre

Ore 10,45 sala incontri
Seminario: “Il formaggio in Sicilia, lo stato dell’arte” – Impressioni e progetti per una qualità sempre più di eccellenza(partecipano produttori,operatori,docenti,giornalisti)
Moderatore Elio Ragazzoni, giornalista, Vicepresidente Onaf.
Segue degustazione a cura dei soci ONAF
Posti disponibili 20

Ore 11/13 visite guidate alle birre con Kuaska(prenotarsi)

Ore 16,30 sala incontri
Le grandi birre del Belgio
Conduce Lorenzo Dabove (Kuaska), con la partecipazione di Sandro Vecchiato
Posti disponibili 30
Costo: 15 € interi; 13€ ridotti

Ore 18,30 sala incontri
Le grandi birre di Teo Musso incontrano i grandi formaggi italiani
Conducono Teo Musso Lorenzo Dabove Elio Ragazzoni
Posti disponibili 30
Costo: 15 € interi; 13 € ridotti

Ore 20,15 sala incontri
Caprini piemontesi e siciliani:due realta’ di eleganza.
Conduce Elio Ragazzoni
Costo: 15 € interi ; 13 € ridotti
Posti disponibili 30



Domenica 9 Novembre

Ore10,45 sala incontri
L’ ONAF in Sicilia:
Incontro con i soci , gli appassionati,gli operatori: prospettive per il 2009, l’anno del ventennale.
Segue degustazione a cura dei soci ONAF

Ore 11/13 visite guidate alle birre con Kuaska(prenotarsi)

Ore 13 pranzo-ticket,giardino d’inverno(piano terreno) Costo 10 €

Ore16,30 sala incontri
Le birre siciliane si sposano con i formaggi Dop siciliani
Conducono Lorenzo Dabove (Kuaska) e Elio Ragazzoni
Costo:intero € 15, ridotto €13

Ore 18,30 sala incontri
Le birre artigianali italiane del CONSOBIR incontrano i formaggi presenti al salone
Conducono Lorenzo Dabove (Kuaska) e Elio Ragazzoni
Posti disponibili 30
Costo: intero € 15,ridotto €13


Info e prenotazioni:
Mauro Ricci 348 4 159 159
OliverWine House ,via F.P.Di Blasi,2 (ang.via Libertà) tel. 091 6256617,
cell.393 93188 23(Francesca)
Armetta il locale del buon formaggio,via dei Quartieri,6 tel.091 6888986, c cell.328 9888019(Teresa)
Picone enoteca via Marconi,36 tel 091331300
-Il pagamento delle degustazioni deve essere eseguito entro il 6 novembre presso Oliver,Armetta,Picone.

-Ingresso gratuito al Salone ai partecipanti alle degustazioni.
-Due degustazioni 25€,tre degustazioni 35€
-Ridotti : soci Cerere e ONAF
-I partecipanti a2 o piu’ incontri riceveranno un attestato di partecipazione





I Partecipanti



Lorenzo Dabove in arte Kuaska,
degustatore professionista e giudice internazionale nella World Beer Cup e nella European Beer Star
http://www.kuaska.it/


Teo Musso,
mastro birraio del birrificio Le Baladin, leader carismatico dei produttori di birra artigianale in Italia
http://www.teomusso.it/

Elio Ragazzoni,
giornalista, vice presidente ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio), docente e Maestro Assaggiatore.
http://www.onaf.it/

Sandro Vecchiato
leader di Interbrau, azienda di importazione e distribuzione birre internazionali
http://www.interbrau.it/

CONSOBIR, consorzio di birrifici italiani
http://www.gustoblog.it/post/3073/consobir-consorzio-birrai-italiani-riuniti



(antonella gullo)

giovedì 16 ottobre 2008

certi cani


Certi momenti arrivano
Certi momenti passano

Non c’è tempo per i passeri
Ma c’è tempo per i tuoni

Il tuono rompe il silenzio
E il silenzio si china

Ma non si piega
E torna nella notte

Un suono più dolce
Arriva da lontano

E’ il sole che s’alza
E il vento lo onora

Gli dice di farsi cullare
E la luce scorre sul fiato

Ma che fiato
Ma che luce
Ma che giorno

Torno,
e non vedo i miei cani

(pinardelrio)

martedì 23 settembre 2008

una teoria evolutiva del bene e del male


Marc D. Hauser, un biologo di Harvard, ha proposto la teoria secondo cui gli esseri umani nascono con una grammatica morale installata nei loro circuiti neurali dall’evoluzione.
In un suo nuovo libro, “Moral Minds”, sostiene che tale grammatica generi giudizi morali istantanei che, in parte a causa della rapidità delle decisioni che devono essere prese in situazioni di vita o di morte, sono inaccessibili alla mente cosciente.
Va detto che Hauser ha presentato la propria tesi come ipotesi ancora da provare. Di Marc D. Hauser è stato pubblicato in italiano il libro “Menti selvagge. Cosa veramente pensano gli animali” (Newton Compton, 2002).

Un articolo di Nicholas Wade è stato pubblicato sul sito del New York Times

martedì 16 settembre 2008

finale di partita

FINALE DI PARTITA

al Maestro Sergio Vacchi per il suo genetliaco

Sta svaporando
il futile ordito della vita.
E' tempo di verifiche e commiati
si salda il cerchio delle artiche pene,
di fugaci letizie, di perduti amori.
Fugge l'ora foriera di ricordi
come la salsa rena fra le dita,
come il garbato soffio del Grecale
che scompiglia il fogliame.


Fugge il mio turpe sangue, è già domani.
La dama si è sguarnita di pedine,
di stanchi volti a cui volevo bene
Cosa rimane nelle vuote mani ?
Solo versi patetici
macerati dal pianto,
solo il ciarpame della vana gloria
solo questo "finale di partita".

Siena, 7 marzo 1998

lunedì 1 settembre 2008

Il lavoro fa schifo


recensione di un Saggio di Cali Ressler e Jody Thompson
editrice Elliot -
prezzo € 16.50
Il lavoro non è un luogo fisico dove ci rechiamo ogni mattina, ma è ciò che facciamo. Sono le nostre idee, i nostri progetti.
Il lavoro non può essere la negazione della nostra vita. Questo libro esamina i motivi che rendono la maggior parte dei luoghi di lavoro poco funzionali e propone un metodo nuovo (e sorprendentemente efficace) per eliminare le false convinzioni che impediscono di sviluppare appieno le potenzialità del lavoratore.
In un ufficio rivoluzionato il dipendente è pagato per la quantità di lavoro che produce, non per la porzione di vita che regala. Questa semplice idea contribuisce a sviluppare un personale più stimolato, concentrato, disciplinato e, soprattutto, soddisfatto.
Ormai il concetto tradizionale di lavoro (36/40 ore settimanali, lunedì¬-venerdì, 9-17) è¨ superato. Vediamo persone inadeguate alle loro mansioni che vengono promosse solo perchè arrivano prima e si trattengono più a lungo di tutti gli altri alla loro postazione. Partecipiamo a lunghissime, e molto spesso inutili, riunioni dove sopportiamo colleghi che pongono domande insulse solo per sottolineare la loro presenza.
Viviamo nella cosiddetta Era dell’Informazione, della tecnologia che avvicina le persone, ma nella sostanza la natura del posto di lavoro, gli orari e la presenza obbligata dietro una scrivania non sono cambiati dall’Era Industriale, quando la catena di montaggio esigeva la presenza fisica dell’operaio.
Non è¨ necessario che lavoratori e aziende stravolgano la propria natura per attuare questa rivoluzione: basta cambiare modo di lavorare.
(recensione tratta dal sito Qlibri)

***

In breve il libro espone i risultati di un esperimento realizzato in alcni ambienti di lavoro (pubblci e privati) negli USA. Le ricercatrici hanno introdotto il lavoro senza obblighi di orario. Ad ognuno viene dato un incarico e il lavoratore può svolgerlo dove e negli orari a lui più graditi , rispettando comunque i tempi di consegna. Nessun obbligo di presenza , nessuno badge, nessuna firma, nessun controllo sulla presenza. Risultato? La produttività è aumentata ovunque si sia realizzato questo esperimento!

pippo vinci

giovedì 7 agosto 2008

buone vacanze anche alla "banda degli omessi"

come d'abitudine , in occasione di feste, vacanze e tarallucci, ci teniamo a fare gli auguri ai nostri lettori, collaboratori, amici vicini e amici lontani. Scusateci per qualche omissione. Buone vacanze, quindi, anche agli "omessi".
adolfo conte, alberto antonetti,alberto wolleb, alessandra bertorotta,alessandra lupo,alessandra vassallo,alessandro cusimano, amedeo contino, angela alagna, angela sgadari, angelina nogara, anita moretti casartelli, anna giordano, anna maria turcato,antonella gullo, antonella scianna, antonio piceno, antonio piparo,antonio terranova, antonio tricoli, armando guccione,assia,assunta armanio, attilio guarraci,aurelio scavone,barbara grimaudo, benedetto mazzola,bill mac stanton, blues historian blogspot,brigitte bavastrelli,calogero lo dico,cesare rao camemi,chicco di blasi,claudia giunta,concetta ansaldi,conticello,cosima ravello, cosimo fermo, dacia di cristina, daniela arletti,daniela calzoni, daniela tripisciano, daniela vinci, daniele arrigo, davide consoli, domenico puma,domenico sapuppo,donatella schembri,elisa deagostini, emanuele (elio) vitrano catania, emanuele dalli cardillo (il mio dentista), enrico lunetto,enrico sesti,enza di gangi, ettore pinsolo, fabio giambrone, federico guccione,francesca orlando, francesca terranova, francesco de rosa,franco clemenza,fulvio bellomo,gabriella bellorio, gabriella orlando, giacomo casartelli, gianpaolo vinciguerra ,giovanna lui, giovanna sausa, giovanna troisi,giovanna vesco, giovannella brancato,giovanni bonanno, giovanni butti, giovanni guccione, giovanni zagara,giuseppe caliri, giuseppe clemente, giuseppe cumbo, giuseppe giudice,giuseppe lo giudice,giuseppe prestigiacomo, guido sireci, ida agosta, irene liquidato,irene zanca,isabella ghezzi,la taverna del pavone, laura pantaleone,laura picone, leanne estreich, lella valenti, lena aggio butti,leoluca orlando,letizia,lidia tarantino,lia sava, loredana cammarata,lorena balsano, lorenzo de gama, lucio pristina,luca adragna,luca cuppari,luigi altezza, m carmela vinci, marcello philippson,margarete miceli, margherita bazzi, margherita casartelli, maria amoroso, maria buttitta,maria castri, maria chiara pavone,maria grazia nicoletti, maria licciardi, maria vinci contino, marianna parlato,marica castello,mario pasquotto, marta terranova, matilde, maurizio busè,maurizio chierici,maurizio contino, maurizio giuliano,michele lacagnina,mimmo giubilaro, monica butti, monica picone, moshem,nadejda vassileva,natasha murgia,neil snake, nicola lombardozzi,ninni picone, ninni vinci, ottavio terranova, paola barbasso, paola pintacuda, paola sconzo, paolo di matteo, paolo greco, paolo minoia,pete greenway, patrizia lo campo, pierre lo dico,pietro cavarretta, pietro teresi, pietro vinciguerra, pino potestio,pino zac,pippo montedoro, pippo sole, pippo sutera,ramona balsano, renzo romano, rita borsellino, rita foti,roberto cappedelli,roberto morpurgo, rosalia fatta,rosalìo, rosa bertolino,salvatore altamore, salvo barbaro, salvo caleca, salvo de caro, sandra conti, sandra torina, sandro cuccio,sara casartelli, sasà modica, sciacca in my mind, sebastiano cinque, sergio munafò,simona pantaleone, slavo simeonov, stefania mento, stefano baldi,stefano picone sr,stefano picone jr, stella, sudir de gregorio, teta gino,tonino simeti,valeria di chiara, valeria giunta,valeria vinci, vincenzo lo re, vincenzo lotà, vito lo jacono,vivi sgadari.... la banda degli omessi

giovedì 31 luglio 2008

Lo stronzo di Bridges

Faccio notare che oggi è venerdì 17. Qualsiasi disgrazia succede non è colpa nostra.
Intanto decidiamo, appunto, di sfidare il fato facendo una gita in battello lungo il malfamato Canale di Beagle.
Siamo arrivati al porto divisi. In gruppetti omogenei. C’è grande democrazia e discrezione nel gruppo. Ma alle 9.30 siamo tutti lì. C’è anche grande disciplina.
Un grande gruppo.
Questa volta, però, non possiamo imporre la nostra volontà e ci imbarcano su un catamarano. E’ enorme e nuovo; non ha la terrazza e, soprattutto, non è storico. Il nostro disappunto cresce quando, all’uscita del porto, vediamo ancorato il “Barracuda” un barcone storico semi affondato che faceva proprio al caso nostro. Protestiamo, ma ci calmano dicendoci che il Barracuda, oramai, può affrontare solo piccoli tragitti di 2 ore vicino la riva. Noi invece abbiamo scelto di fare un giro più lungo e periglioso. Durerà 11 ore. Noi l’avremmo fatto volentieri con il Barracuda. Ma oramai siamo qua..
Il catamarano è lentissimo. Partiamo alle 9 e 45. Visitiamo scogli e scoglietti con i soliti insopportabili pinguini. Leoni marini e cormorani.
Sono convinto che oramai, a parte Armando, tutti noi, nella nostra vita, abbiamo visto più pinguini che galline, mucche e muli messi insieme.
Nel corso della crociera la guida ci informa continuamente sui nomi delle isolette che incrociamo e sulla loro appartenenza politico- geografica. Questa è del Cile, quella è dell’Argentina, questa ancora è del Cile .. e così via per 11 ore. La vogliamo uccidere.
Dopo essere passati a prendere l’immondizia dalla gendarmeria di un isolotto isolato, attracchiamo in un’isoletta dove visiteremo la Estancia di Bridges. Questi era uno stronzo inglese che con la scusa di predicare la parola di Dio, ha occupato 2000 ettari di territorio yamani33(nome del popolo originario della terra del fuoco) e contribuito a sterminare gli indigeni locali che vivevano felici da queste parti vestiti solo di grasso di foca e mangiando solo palline di gomma senza sapore.
Ma il buon Bridges, prima di annientarli, ha fatto in tempo a scrivere un vocabolario yamani – inglese col solo scopo di mettere sui cartelli turistici i nomi originali dei posti e delle piante che ora mostra con orgoglio ai turisti che, ignari del suo atto criminale, pensano che questo ostentato bilinguismo sia un atto di rispetto e di amore per gli aborigeni.
All’ingresso della estancia ci dividono in due gruppetti gli angloudenti e gli ispanoudenti. Gli italoudenti sono posti di fronte una difficile scelta.
E così anche il nostro gruppetto si divide. Pippo, Anita, Luca e Roberto si dichiarano angloudenti, ma in effetti la loro scelta è condizionata dal fatto che il gruppo degli ispanoudenti è troppo numeroso e, si sa, dove c’è folla si annagghia34 (vdv annagghaire = arraffare) di meno: un dolcetto, un gadget, una pallina di gomma da gustare e così via.
Purtroppo tra gli angloudenti c’è un cacapalle che fa continuamente domande di politica estera. Il giro tocca un bosco con cartelli multilingue, un cimitero con 4 croci ed una officina dove il buon Bridges faceva costruire le barche agli indigeni e dopo gli faceva tosare le pecore. Il tutto con strumenti costosissimi mandati lì dalla chiesa anglicana che così prendeva 3 pinguini con una sarda: colonizzava il territorio, faceva affari, obbligava i locali ad abbracciare la fede cristiana.
Lo sconforto tocca il culmine quando la guida ci mostra la villa padronale descrivendola come un edificio storico. In lamiera. In lamiera? Si, in lamiera. Come le bidonville di Rio de Janeiro e di Acqua dei Corsari35 (rione periferico e popolare di Palermo). Ci dicono che qui la lamiera è un materiale di costruzione nobile.
Torniamo sul battello.
Lorenzo ha un momento di panico e afferra il comandante dicendogli che ha imboccato una rotta sbagliata. Secondo i calcoli di Lorenzo de Gama staremmo andando dalla parte opposta in quanto il sole, che la mattina batteva a babordo, ora, che è pomeriggio, batte a tribordo. Conclusione. Stiamo andando verso il circolo polare artico. Pippo crede a questa teoria. E’logica e ben supportata da argomentazioni convincenti.
Inoltre Roberto, che è stato 8 ore a guardare cosa succedeva alla plancia di comando, dichiara che lì, invece di governare il battello hanno gozzovigliato tutto il tempo festeggiando il compleanno di un amico. Scatta il piano di allerta. Pippo, oramai sicuro di quanto paventato, scende al ponte inferiore ad avvisare il resto del gruppo sulla terribile sorte che li aspetta. Ma poi succede l’incredibile. A cominciare da Valeria tutti smontano la teoria di Lorenzo del Gama affermando che a queste latitudini il sole e le sue ombre non s comportano come da noi. La teoria di Lorenzo, sostenuta da Pippo e Roberto, viene derisa e smontata ed il panico rientra.
Il battello viaggia con lentezza sconfortante. Si fa una riunione di gruppo e si decide che, nonostante si preveda di arrivare a casa intorno alle otto, si organizzerà una cena autogestita a casa di Anita. Pippo, Armando e Ida vanno al supermarket più a sud del mondo e comprano salumi, pizze, dolci e vino.
Alle nove e trenta ci si vede a casa di Anita . E’ stupefacente. Le donne della spedizione hanno trasformato quegli anonimi affettati argentini in succulenti ed attraenti pietanze. Luca, che più di altri temeva una cena al sotto del quotidiano elevato livello calorico, si deve ricredere ed apprezza il pasto dedicandosi con maggiore attenzione alle pizze.
Manca il cavatappi e quindi chiamiamo in nostro soccorso il cameriere dell’hotel. Questi, al momento di stapparci la bottiglia di vino, si complimenta con noi per la scelta del vino. Il merito è tutto di Armando.
Insomma anche questa sera ci siamo abbuffati. E ciò nonostante è rimasta un sacco di roba. Niente paura, lo immagazziniamo con delicatezza e abilità per utilizzarlo al pic nic di domani.

viaggio in Patagonia

domenica 13 luglio 2008

Conero

Era una spina il mare
e la terra ispida
isola

Aspre esperidi
fra notte e notte
navigando

Un lume
e le ginestre gialle

Garrule in nappe
di sole
a me illudeva la sera.

(roberto morpurgo)


Roberto Morpurgo (1959)

Sono nato a Milano il 17 giugno del 1959. Ho cominciato a scrivere a 5 anni, poesie e canzoni. Sono laureato in filosofia (passione che tuttora coltivo), e ho coltivato a lungo interessi per la psicologia psicoanalitica, il cinema, il teatro e la letteratura.In campo cinematografico ho collaborato fra gli altri con il critico Morando Morandini, la Provincia di Milano, l'Arci Cinema e l'Obraz cinestudio. In campo teatrale ho lavorato fra gli altri con il Teatro Universitario di Richard Gordon. Collaboro attualmente come autore drammatico con la RSI (Radio Svizzera Italiana).
In campo musicale ho scritto canzoni (musiche e testi) e lavorato per la Ricordi. In campo editoriale ho collaborato fra l'altro con la Mondatori con un saggio su Simone Weil e con la Garzanti per le recensioni del Premio Mont Blanc.
Ho scritto vari libri (alcuni dei quali in attesa di valutazione presso diversi editori): un libro di viaggi in Grecia, un volume di racconti, una voluminosa raccolta di aforismi, due raccolte di poesie, quattro piece teatrali, soggetti cinematografici. Per vivere faccio il consulente aziendale in tre distinte aree professionali: formazione, ricerca di mercato, comunicazione.
Dalla primavera 2004 sono titolare di una rubrica fissa - Punto di Fuga - su Orizzonti Nuovi, giornale dell'Italia dei Valori, dove tratto argomenti di filosofia politica, sociologia, costume. Dal maggio 2006 collaboro con il quotidiano Quotidiano IDV con articoli di varia natura.Dalla nascita fino al giugno 2002 ho vissuto a Milano – salvo qualche intervallo romano.
Da tre anni vivo in provincia di Como, in un paesino sconosciuto ai più e quasi anche alle carte geografiche.

giovedì 3 luglio 2008

La fine del mondo è vicina



Mercoledì 15 febbraio 2006


Oggi giornata libera. E’ giorno di trasferimento per Ushuaia, nella Terra del Fuoco. Si partirà alle 5 del pomeriggio e quindi decidiamo di tenere la stanza 109 per comodità.
Pippo va a prendere le foto al buceo, poi raggiunge gli altri all’Ecocentro. Qualcuno è andato a piedi qualcuno in taxi. E li ci si scambiano i pareri sulla logica della scelta fatta. Chi è arrivato a piedi dice che il posto è vicino ed ha fatto bene ad andare a piedi, chi è andato in taxi dice che il posto è lontano e che ha fatto bene a prendere il taxi. Sono due scuole di vita che scorrono parallele e che non si incontreranno mai.
L’ecocentro un museo naturalistico. In mostra foto, documentari e qualche osso. La sezione più originale è una stanza buia con il pavimento ricoperto di ghiaia. Bisogna sedersi sulla ghiaia e ascoltare i rumori del mare. Sibili, urla e lamenti di foche, balene e uccelli vari. Bello.
Al 1° piano un belvedere sul mare con una vetrata circolare e tanto smalto bianco.
Per il ritorno le due scuole di vita si incontrano. Si prendono due taxi. L’accordo si trova anche sul fatto che è ora di pranzo e bisogna mangiare. In pratica al momento di soddisfare i bisogni primari le scuole di vita convergono sempre. Al centro commerciale, però, non si mangia. Ci adattiamo in uno squallido ma singolare atrio con tavolini di ferro. Le pizze sono gustose. Al tavolo siedono Pippo, Luca, Ida, Armando, Anita e Ida.
Alle 15,20 arriva il nostro autista Jorge. Questa volta ha un pulmino nuovo. Dice che il suo sogno è di averne uno tutto suo e mettersi in proprio, senza padroni.
Jorge ci chiede come abbiamo passato questi giorni a Puerto Madrin. Alla fine del nostro riassunto ci dice che abbiamo mangiato nei posti sbagliati. Se solo glielo avessimo chiesto prima lui ci avrebbe consigliato meglio. Noi invece pensiamo che non avremmo mai seguito i consigli di uno che cammina con le pallottole nel cruscotto. Facciamo finta di rammaricarci e gli promettiamo che la prossima volta lo chiameremo prima.
Sul volo per Ushuaia molti di noi hanno avuto assegnato lo stesso identico posto del volo da Buenos Aires. Sembra una incredibile coincidenza.
L’aeroporto di Ushuaia si chiama Macuinas. Ci attende Susanna con il bus. Susanna è tarchiatella e parla bene l’italiano. Ci attende con il cartello “GUCCIONE” che poi sarebbe il cognome di Armando che ora si sente il capo. Ma Valeria non consentirà mai questo colpo di stato.
L’autista del pullman ha le maniche corte. L’hotel è lindo e carino. Sono tanti appartamentini distribuiti in palazzine a due piani. Alcuni hanno il giardinetto. Il nome dell’albergo è Hostal del Bosque.
Si cena in albergo : zuppa di zucca, pesce al cartoccio e dolce di Calafate. Pippo racconta qualche barzelletta in catanese. Giovanni replica con una delle sue. Siamo alla fine del mondo, ma le nostre origini reclamano un ruolo anche qui.
Si esce ad esplorare il villaggio della fine del mondo. La strada principale somiglia a quella di Puerto Madrin. Anzi è uguale a tante strade principali di tante parti del mondo più vicine a noi. Negozi, banche, bar , internet point e turisti imbacuccati. La fine del mondo è vicina.

mercoledì 11 giugno 2008

La Montecarlo dei Caraibi


Cuba, definita la Montecarlo dei Carabi e da Cristoforo Colombo “la terra più bella che occhio umano abbia mai visto”, è una grande realtà dei Tropici. Un’isola giovane dove molte cose sono ormai cambiate e lo stesso turismo non ha più nulla a che vedere con quello praticato prima del 1959 dove prevaleva il gioco, il fumo e la prostituzione.



Dopo decenni di privazioni i cubani possono acquistare computer, cellulari, dvd, forni a micro-onde e navigare in internet. Il popolo cubano pur vivendo con poco, circa 400 pesos che valgono appena 15 euro al mese, affronta il proprio destino con grande dignità, vivendo questa condizione con impareggiabile serenità. Tra le viuzze ci si imbatte spesso in gente che canta e balla con un volto sempre sorridente e le strade, specialmente quelle de l’Avana (la capitale), sono invase da pittoresche vetture anni Quaranta e Cinquanta, rari esemplari introvabili nel resto del mondo e divenute Patrimonio dell’Umanità.



La prima cosa che colpisce dell’Avana è la straordinaria mescolanza pacifica delle razze: s’incontrano spagnoli discendenti dai primi conquistadores; neri d’Africa già schiavi nelle piantagioni di tabacco e canna da zucchero; cinesi approdati tra ‘800 e il ‘900; americani rimasti dopo il ’56; europei che hanno trovato un diverso modo di vivere a dispetto dell’embargo cui è costretta l’isola dal 1960. Un mix di diversità sociali, di razze e naturalmente anche di religioni, dal cattolicesimo al protestantesimo fino alla pratica di riti magici africani che hanno dato origine ad un sincretismo noto, in tutto il Sud e Centro-America, con il nome di “santeria” ovvero culto dei santi.



A l’Avana coloniale, con le sue strade strette fiancheggiate da ville coloniali, si scopre la piazza della Cattedrale, le fortificazioni spagnole, la piazza dei Governatori con un esempio di barocco cubano. E poi ancora la Plaza de la Revoluciòn e la torre bianca con ai piedi la statua di Josè Mari considerato padre della patria. Interessante è vecchia città dichiarata dal governo cubano “Monumento nazionale”. Un altro capitolo estremamente interessante è la sanità che vanta uno dei migliori sistemi sanitari esistenti al mondo, nonostante la scarsa quantità di medicinali provocata dall’embargo. Un sistema di cure garantita gratuitamente a tutta la popolazione. Importante è anche l’istruzione. I cubani, anche se molto poveri, sono gente colta proprio perché la scolarizzazione è obbligatoria, nonostante al termine degli studi siano molti quelli che decidono di lavorare nelle piantagioni di tabacco, diffuse soprattutto nella rigogliosa provincia di Pinar del Rio, nel nord dell’isola. La mancanza di grossi investitori stranieri e la nazionalizzazione delle imprese ha evitato disastri ecologici prodotti dalla cementificazione delle coste e delle campagne. Nelle zone turistiche, i pochi e spettacolari alberghi costruiti sulle spiagge ancora incontaminate, sono delle vere oasi di relax.



La stessa Varadero, cittadina turistica per eccellenza, raggiungibile facilmente in auto da l’Avana somiglia molto alla Mondello estiva. Scoperta dal miliardario americano Dupont De Nemours nel 1925, vi costruì una spettacolare villa che fu costretto ad espropriare per volontà di Fidel Castro. Ma con il nuovo presidente cubano, Raul Castro, le cose cominciano a cambiare. Già la stessa pena di morte è stata commutata in condanna alla detenzione dai 30 anni in su, fino al carcere a vita. L’occidentalizzazione forzata del paese caraibico potrebbe essere uno degli effetti dell’uscita di scena di Fidel, qualora il fratello decidesse di intraprendere la via delle riforme in senso democratico e abbracciasse il verbo dell’economia di mercato.



Melinda Zacco

martedì 10 giugno 2008

in Namibia

Il silenzio, la solitudine, i gli infiniti spazi, gli animali selvaggi, il deserto più antico del pianeta, in una terra dalle linde cittadine dall'architettura montana.
Non esiste un paese così aspro, arido ed inospitale come la Namibia. La vita è difficile anche per gli animali. Si rimane storditi di fronte al silenzio assoluto, agli immensi spazi, agli infiniti paesaggi, il paese offre emozioni fra le più intense. Ogni giorno vivrete un'esperienza unica, difficile da raccontare senza cadere nel banale racconto di continue bellezze e sorprendenti emozioni. Dalle antiche dune del deserto del Namib, vellutatamente rosate e dalle forme sempre diverse. Dall'incredibile oasi delle cascate Epupa, in cui vivono gli ultimi popoli nomadi, gli Himba dipinti di ocra. Alle fredde e nebbiose coste della Skeleton, dove decine di relitti d' imbarcazioni giacciono inanimate sulle rive dell'oceano, fagocitate dalla sabbia del deserto. Vivrete l'emozionante esperienza di vedere una concentrazione di animali ad abbeverarsi tutti assieme nell'immenso e arido parco faunistico dell'Etosha. Campeggiare al suo interno vi farà vivere a diretto contatto con la natura, e vi ritroverete a rincorrere gli sciacalli che furbescamente vi hanno derubato. Arriverete a Cape Cross dove vive una colonia di ben 100,000 otarie. Godrete della vista dello spettacolare Fish River Canyon, secondo per dimensione dopo quello degli Stati uniti. Ad ogni tappa del viaggio resta il rimpianto di ciò che si è appena lasciato. Tutto è sorprendente, anche quello che sulla mappa sembra un semplice villaggio, nasconde un luogo magico, da scoprire. Viaggiare in autonomia è la cosa migliore, sarete voi a decidere i tempi e i luoghi da visitare. Vi troverete a seguire per decine di km tracce di animali, sperando di incontrare il felino da fotografare. Come bambini vi troverete a ruzzolare giù dalle dune del deserto, a guardare oltre l'infinito colore giallo ocra dell'impalpabile sabbia. Sarete proiettati nella ventosa Luderitz, sulla costa e vi sembrerà di essere in Germania. Percorrerete strade infinite in assoluta solitudine, senza incontrare essere vivente, solo il variare continuo del paesaggio vi terrà compagnia: dalle bianche distese del Sud, alla magia delle sinuose gialle curve del Namib, all'immobile grigia e nebbiosa pianura del Nord. Un paese africano che non è l'Africa, la Namibia è emozione pura, ricca di scenari straordinari.

(da un diario di viaggio)