sabato 12 dicembre 2009

(4) Il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato


CAPITOLO IV

Sempre in Piazza Vittoria

Domenico Cardascio, detto Mimì

A lui, Cardascio, la posta arriva, come a tutti in Questura, dall’archivio generale. Tranne quando si tratta di cose delicate, camurrie cioè, perché allora viene Ruvolo. E chi è Ruvolo? Ruvolo è il commesso del Questore.

Funziona così. La signora Cherubini, ve la ricordate, no? Riceve la posta della giornata. La apre, la spiega per bene e la sistema per l’esame del Questore. Di norma, si tratta di burocratiche fesserie. Ma, di tanto in tanto, qualche cosa di interessante si trova. Comunque, la Cherubini entra con la sua bella carpetta nella stanza del capo e ne esce con una serie di camicine, all’interno delle quali la posta è stata sapientemente smistata. Da quel momento le carte prendono strade diverse per finire in tavoli altrettanto diversi gli uni dagli altri. Tavoli imponenti e rococò e tavoli di metallo mezzi scassati.


Non tutto quello che arriva, però, prende così rapidamente le strade di cui sopra. Succede che qualche foglio rimanga a macerare sul tavolo del Questore. Che deve rifletterci.

A questo punto torniamo a Ruvolo. Il commesso ha il compito di recare personalmente ai funzionari le carte, appunto, interessanti. E lui, da venticinque anni e nove questori, lo fa con scrupolo e senza lasciarsi scoraggiare dalle eventuali assenze dei destinatari. Non li trova? Ritorna.

E così è stato anche questa volta.


Ruvolo ha trovato Cardascio e gli ha lasciato una cartelletta di contenuto ignoto, ma, senza dubbio, assai delicato.

- Il Signor Questore tanto si è raccomandato che il dottore la guardasse bene la pratica e che vedesse cosa si poteva fare. Ah, poi, si raccomandava pure che tutto si doveva fare di premura, ma senza levate di ingegno.

Nella cartellina c'è una busta gialla, con su scritto a stampatello QUESTURA PIAZZA VITTORIA, 90110 PALERMO. All’interno contiene un articolo del Giornale di Sicilia del 15 settembre e una lettera scritta a macchina, la solita lettera anonima.

La notizia di nera è davvero striminzita: il cadavere di un uomo dell’apparente età di sessanta anni era stato trovato in un vicolo della Vucciria. Di nome faceva Vitangelo Impallomeni, vedovo e pensionato della Regione. L’uomo, ben vestito e senza nessun segno di violenza, a parte l’ovvio danno letale provocato dall’arma del delitto, giaceva riverso dentro l’androne di un vecchio palazzo abbandonato. Ambienti della polizia riferivano che ad ucciderlo sarebbe stato uno spillone appuntito, di quelli che un tempo si usavano per appuntare ai capelli i cappellini delle signore.


La lettera, invece, diceva:

Dovete sapere che non sempre quello che appare è vero. Perchè se così fosse non avreste ora per le mani questo foglio. E un povero cristo, come appare, non sarebbe morto com’è morto.

Se vi fate una passeggiata in via Maqueda e prendete la direzione del Teatro Massimo, prima di arrivare all’ingresso di Via Bandiera, sulla destra, ci trovate un muro di tufo. Non è un muro storico; sta lì da una trentina d’anni. E dietro questo muro non c’è niente. Quattro pietre, mozziconi di palazzi diroccati, erbacce e munnizza. Cosa vi pare che sia? Un altro ricordo dei bombardamenti dell’ultima guerra, direte. Non avete torto. Infatti, la zona è stata sì bombardata, ma non solo.

Allora perché questa lettera, perché tanto mistero? Perché accostare quel povero cristiano ammazzato alla Vucciria con queste rovine? Ma che ho detto prima?

Ah, quasi me lo scordavo…c’è un alberghetto un poco, come dire, particolare. Come si chiama? Sì, Albergo Mozart.

Si dice che il fu Impallomeni ci andasse. E’ proprio dietro la Via Chiavettieri. Non lo conoscete? E fatele ste indagini, per cortesia!


E’ cosa dell'Investigativa, non c’è dubbio, impreca in silenzio il commissario. Con la lettera in mano non lo vede, ma sa che Ruvolo è ancora lì. E Infatti c’è, in piedi davanti alla scrivania perché non ha ancora finito di rferire tutto quello che gli è stato ordinato di riferire.

- E ora che si sbrigasse che la dottoressa Antocci aspetta urgentemente gli sviluppi dell’indagine.

-Ho capito Ruvolo, va bene. Riferisci al Questore che me ne occupo subito.

Minchia, che premura! La lettera l’ha letta una volta sola e di primo acchitto gli pare che dica almeno due cose. Quello che non lo convince è il perché siano state messe lì, una dietro l’altra, senza un apparente collegamento. Cardascio sa che la dottoressa non ama i dubbi. Vuole, anzi pretende, certezze e soluzioni. Quindi deve darsi da fare e, magari pure questa volta, se la cava con la solita relazione di una paginetta. Ma subito.


- Ciao Pignatone, novità ce n’è?

- Non mi fare santiare di prima mattina, Cardascio! Da me le vieni a cercare le novità? Ti sei scordato del mestiere che faccio o ti va di babbiare?

- Appunto, appunto, caro Peppino, del tuo mestiere mi interessano le novità. Ce l’hai tu quel pensionato della Regione che hanno trovato alla Vucciria?

- Sì perché, ti interessa?

- Fosse per me lo sai Peppino…ma la Antocci mi ha passato stamattina una lettera anonima che riguarda proprio quello lì.

- Ah le tue solite lettere anonime. Va bene, ma di norma non le, diciamo così, passi all’archivio morto che tieni nel cestino sotto la scrivania? Scusa, ma me l’hai proprio tirata di bocca la battuta.

- Mi conosci Peppino, eccome se mi conosci. Ma, si da il caso che il questore ha una premura del diavolo e io non so che cavolo riferire.

- Ahi, ahi, bella spicchia la Antocci.

- Lasciamo perdere Peppì. Allora ce l’hai tu questo morto ammazzato della Vucciria, si o no?

- Sì, sì, e a chi lo dovevano dare questo figlio di nessuno?

- Quindi?

Quindi che cosa? Ah, va bene. L’autopsia non l’ho ancora fatta, ma qualche cosa te la posso dire pure ora.

- E dilla Peppino che a quella non gli piace aspettare.

- Dunque, allora, morto fra l’una e massimo le tre del 14. Un corpo contundente sottile e appuntito gli ha bucato l’occhio e ha raggiunto il cervello. Morto sul colpo e amen.

- Come un corpo contundente? Ma se pure il giornale dice che l’hanno trovato con uno spillone infilato dentro un occhio?

- Appunto, uno spillone è un corpo contundente. O no?

- Ma vai dove sai tu, Pignatone, fammi il piacere. Un corpo contundente. Va bene, non è che sia granchè, ma almeno qualcosa la so. Grazie Peppino a buon rendere.

- Aspetta, aspè. Ci sarebbe dell’altro…

- E che aspetti a dirmelo?

- Si tratta di cosa delicata.

- E io sono la direttrice dell’educandato delle Orsoline. Peppino…

- Allora, sembra proprio che prima della morte il tizio avesse intrattenuto rapporti sessuali, come dire, particolari.

- Particolari in quel senso lì?

- Esattamente.

- Ah, ricevuto Pignatone.

- Del rapporto dell’autopsia che devo farne, lo mando a te?

- Ma che ne so Peppì, forse è meglio che fai come di solito: segui le vie gerarchiche. Può essere che per me la cosa finisce subito.


Non ditemi che ve lo siete già scordato. Ve ne è ho parlato solo poco fa. Come di chi? Del commissario Domenico Cardascio, detto Mimì. Ecco, appunto, è proprio lui quello che Ruvolo è andato a cercare per portargli la lettera anonima per conto del Questore. Perché, come vi ho detto prima, Cardascio si occupa di denuncie anonime. D'altro Cardascio non s'occupa e, sottolineo, non si deve occupare. Denunce anonime e basta. E perché? tornate a chiedere voi. E perché? A parte il fatto che siete curiosi assai, perché è un galantuomo. Non vi basta?

E va bene, state a sentire.


Il commissario Domenico Cardascio, detto Mimì, non si è sempre occupato di denuncie anonime. Ha avuto anche momenti buoni; momenti che lasciavano presagire una folgorante carriera. Commissario ad appena 31 anni, stimato dal questore pro tempore – e non perché sia figlio di chi sa chi -, Cardascio si è fatto da solo. Lo so che è una brutta espressione e che fa storcere il naso a tanti (ma non sufficienti direi), ma non è che possiamo andare avanti all’infinito con la storia personale del commissario.

Comunque, alla fine qualcosa è successo. Per il fatto stesso che successe quello che successe dovreste capire che, in fondo, Cardascio non era proprio destinato a fare carriera. Non lo capite? Va bene, tento di spiegarvelo brevemente, anche, se so che dovreste averne fatta esperienza pure voi. Dunque, secondo voi chi fa carriera?

Ve lo dico io: non quelli che fanno, ma quelli che evitano le camurrie.

E Cardascio non aveva intuito che una questione apparentemente banale era una camurria colossale. Aveva tentato di risolverla, ma senza capire che non si voleva che si risolvesse e, così facendo, era diventato il capro espriatorio che tutti cercavano.


Bisogna rendere merito al nostro commissario del fatto che non aveva ceduto di un millimetro. Non si era abbassato le braghe, in sintesi. Tuttavia, la faccenda si era chiusa lo stesso alla maniera de L’assassinio sull’Oriente Express.

Erano stati tanti, ma così tanti a decidere che, alla fine, non aveva deciso nessuno e Cardascio era stato trasferito dove l’abbiamo trovato.


(accì)


ogni rifermento a fatti realmente accaduti
o a persone realmente esistite o esistenti
è puramente casuale...


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