martedì 22 dicembre 2009

(7) il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato




CAPITOLO VII
Vicolo Catari
Michele Porcarello libraio

Non credo che succeda solo a Palermo e solo ai palermitani. Penso che accada dappertutto. Quando ci sono pochi soldi e molto bisogno di apparire sulla stampa e sulle tv ci si inventa qualcosa che costi poco e che dia il massimo di visibilità. La zona che stiamo attraversando è servita ad un’operazione del genere proprio qualche anno addietro. Quest’intrico di stradine e vicoli è solo il rimasuglio di quello che diversi secoli fa era la giudecca della città. Il luogo prendeva il nome di Meschita e ci abitavano, per l’appunto, ebrei. Come vi dicevo, qualcuno, ha avuto la brillante idea di cambiare la toponomastica di questa parte della città, riscrivendola in italiano, ebraico e arabo. Salvo poi a dimenticarsene il giorno dopo che gli articoli sui giornali cittadini erano usciti e le interviste alle televisioni passate nei vari notiziari. Oggi, i pochi palermitani che ancora abitano queste strade continuano a chiamare le vie coi loro vecchi nomi. Se gli immigrati hanno approfittato o meno di questa favorevole opportunità concessagli dall’amministrazione comunale per chiamare le stesse strade con i loro idiomi nativi, sinceramente non lo so. Ovviamente se proprio dovesse interessarvi potete chiederglielo, tanto ne incontremo parecchi cammin facendo.

Vi dicevo che questa zona della vecchia città è stata quasi totalmente abbandonata dai palermitani. Capisco, quindi, perfettamente, che possa risultarvi poco comprensibile trovare una spiegazione per questa gita improvvisata. Ma, ho pure sottolineato più volte che solo quasi tutti i locali si sono trasferiti. Ed è proprio uno di questi sopravvissuti che il nostro commissario ha deciso di andare a trovare.

Non si tratta, come capirete cammin facendo, di una visita improvvisata, quanto piuttosto di una consuetudine. Cardascio si reca da queste parti almeno una volta a settimana. Di solito lo fa per suo piacere e, riteniamo, anche per piacere dell’ospite. Lo fa innanzitutto con la scusa di acquistare libri perché il nostro palermitano superstite fa proprio questo, il libraio, in Vicolo Catari. Un po’ stramba l'idea di aprire una libreria in un vicolo. Apparentemente sì. Considerato, però, che nelle altre zone di Palermo i prezzi degli affitti sono impossibili e che il nostro libraio ha una clientela di aficionados consistente, la scelta di Vicolo Catari, alla fin fine, se non lo ha reso milionario, almeno gli ha consentito di esercitare l'unico mestiere che conosce e che gli è sempre piaciuto.

Ah, non fatevi venire in testa chissà che cosa riguardo al nome del nostro vicolo. Non si tratta della tragica eresia, quanto più modestamente di secchi. Sì, cataro, in idioma locale, stava per secchio e in quel vicolo si concentravano appunto gli artigiani che li fabbricavano.

La vetrina della libreria è senza insegna per colpa dei balzelli comunali che, nonostante quello che possano pensare gli amici che abitano un po’ più a Nord, negli ultimi anni, sono lievitate in maniera iperbolica e direttamente proporzionale al degrado dei servizi forniti.

Il discorso sull’argomento sarebbe lungo e non mi pare questo ne’ il momento ne’ luogo più adatto per farlo. Vediamo intanto di non perderci Cardascio.

Che ve ne pare? Per l’età che ha il commissario,si muove ancora come un ragazzino e per di più non si fa impressionare da niente. Eccolo lì, un saltello e ha guadagnato l’ingresso della libreria senza pestare quel gatto morto.

Cercate di evitarlo pure voi, per cortesia.

- Ciao Michè

- Ah, ciao Mimì, che ci fai qui oggi, che è martedì?

- Perché è proibito? Mi pare che la libreria la tieni aperta sei gioni a settimana, o mi sbaglio?

-E che fai? te la prendi? Babbiavo e, comunque, di solito tu vieni il sabato mattina, quindi… Per caso devi usare la toilette?

- Va bene che ogni tanto ti chiedo la cortesia di usare il bagno, ma questo mica significa che ho scambiato la libreria per un pisciatoio.

- Pensavo che visto che eri qui vicino per affari tuoi, magari potevi avere urgenza …

Il libraio, Michele, e Cardascio si conoscono da una vita e mai, dico mai, che nei loro discorsi vengano subito al sodo. Al contrario, amano alla follia tampasiare e ciolliare, termini gergali per dire quello che ho detto prima con più effetto.

Prima di andare avanti, un minimo di presentazioni sono dovute. Michele Porcarello, cinquantasette anni, libraio, è un tipo secco secco e alto di statura. E, come succede a tutte le persone con troppi centimetri fra testa e piedi, tende a stare un poco curvo, quasi fosse una forma di cortesia per gli ospiti solitamente, almeno quelli della sua generazione, più bassi di lui.

Un bel paio di baffi, curatissimi, e un paio di occhiali da miope con lenti molto spesse completa il quadro.

Se ne sta tutto il giorno appollaiato su un trespolo dietro la cassa, in una posizione strategica che gli consente di vigilare sull’intero negozio, che poi non è così ampio. Conosce vita, morte e miracoli della vita cosiddetta culturale della città. Un po’ perché è uno che si è sempre appassionato a queste faccende, un po’ perche i tanti che non hanno le entrature giuste finiscono invariabilmente per venirlo a cercare se devono organizzare qualcosa di culturale, appunto: un dibattito, la presentazione di un libro, una mostra.

Lui non si nega a nessuno e non pretende di guadagnarci nulla o quasi. Così tutti, apparentemente, lo rispettano e lo stimano.

Che camurria questi scarafaggi. Mi fa schifo schiacciarli, ma non sopporto di vedermeli passeggiare sulle scarpe.

- Allora Michè, novità?

- Niente Mimì, che novità ci devono essere…poi qui, in questo buco sperduto di vicolo che vuoi che debba succedere: un tamil ubriaco, la vecchia del piano di sopra che urla come un’addannata perché non la fanno dormire in santa pace e…ah, questa sì che è una grossa novità: l’altro ieri sono passati gli spazzini.

- Fai pure lo spiritoso, ma guarda che la munniza mica ce l’avete solo qui. Anzi, a dire il vero, qua mi pare paradiso. Ma, veniamo a noi. Non è che ti trovi qualcosa su un certo progetto di recupero urbanistico che risale ad un trentina di anni addietro? L'ha fatto un architetto famosissimo, ma io il nome non lo ricordo.

- Da quand’è che ti interessi di architettura, Mimì? Lo sai che è arrivato l’ultimo di Manchette? Ne ho preso due copie, una l’ho messa da parte per te.

- Grazie, Michè. Certo che lo piglio. Hai fatto bene. Incasinato come sono per ora magari mi sfuggiva.

- E che successe? Non c’è stata una volta, dico una, che negli ultimi dieci anni non ti sia lamentato che ti hanno messo di lato e che non fai un cazzo di niente tutto il giorno.

- Ma, niente, fesserie, di che cosa mi posso mai occupare io? Di fesserie. Questa volta, però, la fesseria in questione pare che interessi al Questore. Proprio per questo ti chiedevo poco fa di quell’architetto. Dai, lo so che ci arrivi. Minchia se è brutta la vecchiaia Michè. Il nome dell'architetto ce l'ho proprio sulla punta della lingua, ma, cavolo, se viene fuori. Però, ricordo bene che il progetto prevedeva il recupero di quell'area abbandonata dove, prima dell'ultima guerra, c'era la Chiesa di Santo Spirito. Ce l’hai presente?

- Come no? Ho settanta anni e mia nonna mi ci portava a messa la domenica mattina in quella chiesa.

-Aspè un minuto che ti do qualche altro elemento. Il terreno sta in via Maqueda, proprio accanto al Vicolo delle Mandrie e alla chiesa di sant’Onofrio piluso.

- Ah quello! Sì qualche cosa dovrei averla. Ma, a proposito, ti capita di leggerli i giornali? Guarda che neppure tre mesi addietro La Repubblica ci ha fatto su un’articolone di una pagina intera. Parrebbe che i proprietari, i frati dell'Incoronazione, non vogliano più realizzarlo il progetto. Anzi avrebbero deciso di vendere tutto il pacco, terreno e progetto.

-Dici sul serio? Ma, dimmi una cosa, quest’affare non era morto e sepolto ormai?

-E ci torna! L’articolo diceva che ormai i permessi ci stanno tutti.

-Per trent'anni su quel terreno c'è stata la guerra di tutti contro tutti, poi, quando la faccenda si è risolta. i vincitori si ritirano. Non ti sembra strano Michè?

-Per essere strano, è strano, ma, fammi capire una cosa Mimì, che c’entra questa storia con la fesseria che ti ha affidato il questore?

Non mi pare il caso di tormentarvi ammatula con il riassunto delle puntate precedenti, dato che non ci pagano a cartella. Quello che è giusto è giusto, quindi sorvolerei sul prosiego della conversazione, Una cosa, però, mi pare valga la pena di stare a sentire.

- E così ci sono andato. Che altro potevo fare? Come volevasi dimostrare, Impallomeni frequentava l’hotel Mozart. E con questo? mi sono detto. Resto convinto che in questa faccenda il puzzo di bruciato viene da tutt’altra parte.

- Ma come fai ad essere così sicuro che il ragioniere c’è stato in quell’albergo?

- Quartararo non mi mi ha detto niente, ma, dopo che sono uscito, ho fatto quattro chiacchere con una signora che abita proprio lì vicino



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ogni rifermento a fatti realmente accaduti
o a persone realmente esistite o esistenti
è puramente casuale...


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