sabato 13 marzo 2010

(30) Il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato

CAPITOLO XXX
Il dottor Virgilio, don Cimò e Ciccio Martirano

Ma tu guarda chi si vede! Com’è piccolo il mondo! Non è il dottore Virgilio quello lì? A me pare proprio lui. Certo che sembra davvero un’altra persona, ma ci metterei la mano sul fuoco che è lui. Se non fosse stato per le pretese assurde che avete, mi sa che lo avremmo perso di vista per sempre. Chi ci deve venire in questo buco di posto? Lo so, lo so che c’è una basilica bizantina e che è la meglio conservata del sud Europa, ma venirci solo per questo ce ne vuole con tutto quel ben di Dio che abbiamo da vedere in Sicilia. Comunque, grazie, anche perché mi piacerebbe togliermi delle curiosità che mi sono rimaste sullo stomaco.
Innanzitutto, mi piacerebbe sapere che ci fa il dottore Virgilio da queste parti.

Dopo quello che è successo non è che potevano darmi un calcio in culo ed amen. Se la sono pensata bene e mi hanno promosso. Sì e che non lo so che questo antiquarium è proprio il cesso che non voleva nessuno? Certo che lo so, però formalmente è una promozione. Sono il nuovo direttore dell’antiquarium di *** e rispetto al posto che occupavo alla sovraintendenza è una promozione. Azzo se lo è, mi hanno pure ridotto lo stipendio quei cornuti! Comunque, a me sta benone lo stesso, pure se, ogni tanto - spesso e volentieri a dire il vero - devo aprire io il museo perché, a parte il sottoscritto, l’organico prevede solamente il signor Carmelo, custode e assenteista, e la signora Cinzia funzionaria, per cui certe cose non le può fare. Tuttavia, volete mettere con la situazione di prima? E’ vero, qui devo fare i conti ogni giorno con il signor Carmelo, un altro di salute cagionevolissima, ma di sicuro, non quanto quella di mia madre, che, detto per inciso, mi dicono abbia ripreso pure ad uscire di casa. Solo per andare a messa, ovviamente. Comunicarle la notizia del trasferimento è stata una tragedia. Però, dato che l’esperienza qualche cosa l’ha insegnata pure al sottoscritto, quando alle grida straziate annuncianti morte imminente, ho fatto presente che si trattava di lavoro, se ne è fatta una ragione. Per mia madre due soli motivi sono validi a giustificare l’abbandono di un genitore in punto di morte, il lavoro e il matrimonio. E difatti, eccomi qua.

Forza che se ne sta andando. Come che ho intenzione di fare? Ve l’ho detto o mi sbaglio? Mi piacerebbe che il dottor Virgilio mi chiarisse delle cose. Dite che non si può fare? Che va contro tutte le regole? Che la voce narrante non si può mettere a chiacchierare coi personaggi? Ma via, fatemi il piacere! E poi, pure se fosse, non me frega un bel niente.

Che vuole che le dica? All’inizio, è stato davvero un incubo. Sono stato avventato, non lo nego. Però, in coscienza, credo di meritare le più ampie attenuanti. Viene Impallomeni e mi dice che quel coccio fasullo ce l’ha messo qualcuno per bloccare tutto. Io ci credo anche perché il coccio in effetti era un falso. Poi, mi viene quell’idea balzana del nuovo sopralluogo per mettere una pietra sopra alla faccenda. E fin qui andrebbe tutto bene. Che ti combina, però, quella serpe velenosa di Perez? Guardi, mi dice, io proprio non potrò esserci, mi fa la cortesia di sostituirmi? Messa in questi termini, lei cosa avrebbe fatto al mio posto?
Chi poteva saperlo? un’intera necropoli punica è venuta fuori da quel maledetto sopralluogo! E che cavolo! I colleghi, prima di me, avevano effettuato rilievi e saggi a non finire. Lei dice? Sì ci ho pensato anch’io. Che vuole, un poco di esperienza in questi anni me la sono fatta. Mai sottovalutare chicchessia. Ha perfettamente ragione. Dice che dovevo tenermelo per me quello che ho trovato e stare zitto? Può darsi, anzi visto come sono andate dopo le cose, ha perfettamente ragione. Invece, mi sono detto, guarda che di cocci ne hanno messo più di uno quei cretini. Badi bene, non è che qualcuno mi abbia mosso qualche rimprovero. Improvvisamente, però Perez non ha più avuto tempo per ricevermi. E io mi sono trovato con quel coccio in mano che bruciava più di un cerino acceso e una relazione, che dovevo – e sottolineo dovevo – scrivere, dopo che avevo fatto la minchiata di farlo vedere agli altri componenti della commissione.
Come è andata a finire con il progetto? Non ne so niente e niente ne voglio sapere. Già ho sbagliato una volta a non canziarmi. Ora basta! Qui ci sto benone e spero che mi dimentichino presto tutti quanti, compresa mia madre. Anzi, mi faccia la cortesia di andarsene pure lei.

Ma che mischino e mischino! A me pare davvero un gran maleducato questo dottore Virgilio. Deve ringraziare chissà chi se le cose gli sono andate alla grande. Così, almeno, la racconta lui. Poi, vallo a sapere qual è la verità. Ora muoviamoci che ho premura e abbiamo ancora delle cose da fare. Tornare in città, per esempio, e farvi vedere il famoso convento dei frati dell’Incoronazione dato che ci tenete così tanto. Dite che le cose non stanno esattamente così? Che questo giro ve lo sto imponendo io perché a voi non interessa sapere com’è andata a finire con gli ospiti di Cardascio alla caffetteria Rizzo? D’accordo, lo ammetto, ma speravo che ormai un pochino mi aveste capito. Sono all’antica, va bene. Mi piacciono ancora le storie come si raccontavano una volta. Sicuro e chi lo nega? Ma, almeno voi che ci siete, mi dispiace, dovrete seguirmi. Gli altri? Vallo a sapere, se ce ne saranno di altri.

Eccoci qui. Però, che grandi trasformazioni! Mi sa che il convento ve lo potete scordare con tutte queste impalcature. Meno male, guarda tu i casi della vita, don Raffaele, almeno lui, c’è.

Il progetto? No, la necropoli, o quello che era, non ha costituito un problema insormontabile. Questo, però, lo si è capito solo dopo. Dopo cosa? Ah, scusate, voi non ne sapete niente. E’ vero. Allora, la scoperta diciamo che ha dato il colpo di grazia definitivo alle mie speranze. Beh, diciamo che è andata come il Signore ha voluto. La congregazione ora non esiste più. Il Vaticano ci ha messo il tempo necessario, ma la bolla del Papa è arrivata. I vecchi sono all’ospizio della nostra archidiocesi. Sì, compreso, don Ermete . Poverino, non voleva rassegnarsi, ma le regole sono regole e valgono per tutti. Io che fine ho fatto? No, non mi hanno permesso di curare il passaggio dei beni della congregazione. Sì, lo capisco, il fatto di essere qui lo farebbe pensare, ma non è andata così. Del resto non ci tenevo. Lavoro in seminario. Mi è sempre piaciuto occuparmi dei giovani. Certo non sono proprio i giovani che volevo io, ma bisogna pure addubbare, accontentarsi, come si dice qui da noi. Se mi sono addubbato fino in fondo? Volete proprio sapere la verità? No! Mi è rimasta una rabbia dentro che non vi posso dire, Dio mi perdoni. Continuo a chiedermi cosa ci sto a fare il prete se mi accontento,ma risposte ancora non ne ho trovate.

Se non è uno tosto questo qui, chi mai lo sarà, dico io. Però, come ve lo devo spiegare, mi viene come un peso qui, alla bocca dello stomaco a sentire cose del genere. Perché? E come perché? Uno si canzia, un altro s’addubba, suo malgrado, ma s’addubba, dove andremo a finire? E ci resta ancora quel povero cristo di Ciccio Martirano.

All’inizio stare in carcere è stata una scoppola niente male. Qua dentro, i fatti degli altri si sanno subito. Così, nei primi tempi, ho dovuto camminare con le spalle radenti ai muri. E non è che me la sono scampata tutte le volte. Che ci volete fare, mica sono un eroe io. Però, almeno questa volta non mi sono fatto fregare. E’ vero, ho dovuto fare come la canna del famoso proverbio. Mi sono dovuto calare in tutti i sensi, con rispetto parlando, ma, i fidanzati me li sono scelti fra quelli che contano. Così, male non me la passo. Quanti anni mi hanno dato? Ventidue. L’avvocato mi ha detto che mi è andata bene. Boh? Io di queste cose non è che ne capisco granchè. Mi ha assicurato che se mi comporto come si deve fra massimo quindici esco. Sì avrò quasi quaranta anni. No, non me lo immagino come potrà essere e neppure ci voglio pensare. Per quale motivo poi? Per ora sono qua e qua devo restare. Se mi rode di starci senza avere fatto niente? Altro che se mi fa incazzare! Qua dentro, però, dicono tutti così, che non hanno fatto niente. Alla fine, che volete, mi confondo pure io e penso di essere come gli altri. No, che minchiate andate dicendo, lo so che Impallomeni non l’ho ammazzato. Ma, non è che posso continuare a dire in eterno, guarda sarà come dici tu, ma io non ho ammazzato nessuno. Non ci mettono niente a farmi la pelle, fidanzati e non fidanzati. A casa? Mi è rimasta solo mia madre. Viene sempre quando può povera donna e non mi fa mancare niente.
Arrivederci, statemi bene e, se vedete il commissario Cardascio, me lo dovete salutare tanto e gli dovete dire che io rancore a lui non ne porto. Lo so che lui mi ha creduto. Arrivederci.

Con Martirano abbiamo finito, mi pare. Non chiedetemi niente, per favore. Che volete che vi dica che qua i buoni perdono sempre e altre minchiate di questo tipo. Va bene, perdono sempre. Vi meravigliate? cosa dovrebbero fare con i cattivi, un povero prete, un impiegato scafato, ma imprudente e un frocio ingenuo? Ditemelo? Ah, non ce la fate? E allora fatemi il sacrosanto piacere di starvene zitti.
Ah, scusate, scusate, mi dicono che non abbiamo ancora finito. C’è rimasto Cardascio.

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