lunedì 18 gennaio 2010

1. Caracas!


di Alessandra Vassallo

diario di una ex emigrante ora immigrante e qualche volta di nuovo emigrante.

15 Gennaio 2010
Partenza da Palermo, stamattina alle 6,45.Un amico mi ha fatto andare nella saletta VIP.
Nuova esperienza, invece di famiglie piene di borse di plastica, zainetti e cassate, c’erano solamente anonimi signori con giacca blù ed impermeabile rigorosamente beige, che sorseggiavano il caffè e mangiavano deliziosi croissant piccoli, o graziosi muffins.
Il volo Alitalia ,Roma- Caracas è stato segnato da 4 eventi che non sono poi così particolarmente eccezionali, anzi, sono normali:

1: Gli audifoni per sentire musica e films non entravano nei buchini “posti nel bracciolo della vostra poltrona”.
Quindi, avendo io esposto, gentilmente, agli assistenti di volo, questo problema, mi sono sentita rispondere in modo secco, che potevo cambiare posto.
Faccio notare che l’aereo era stracolmo e quei pochi sedili liberi erano occupati da persone che si erano piacevolmente stese ed addormentate sin dal primo momento del volo.
Quindi ho scelto di leggere (l’eleganza del riccio), fare parole crociate e ricopiare i numeri di telefono dalla rubrica vecchia ad una nuova per undici ore di volo.

2: Ora pranzo. Da vari anni chiedo cibo senza lattosio, essendo allergica.
Mi sono vista arrivare un vassoietto composto da: una mini vaschetta con dentro del riso giallastro leggermente bruciato, qualche pezzetto di zucchini anche loro secchi e bruciacchiati, una specie di polpetta verde, dal gusto indefinito e coperta da un pomodoro rosso nero e schiacciato.
A parte: una mini vaschetta con: un pugnetto di carote tagliate fine, tre punte di asparagi.
Panino e una tazzina con un quarto di kiwi e un quarto di mela tagliata a quadretti (graziosa!)

3: Arrivo in ritardo di un ora.

4: La mia valigia contenente olio, parmigiano, pinoli, acquarelli, medicine eccetera, non è arrivata. Forse…arriva domani.

Quando esco dall’aereoporto, ritrovo quella sensazione di caldo-umido-tropicale-palme-terra rossa-cielo enorme che mi entra, come sempre nell’anima e nel corpo.
Mi aspetta il taxi che mi porterà a Caracas.
Dall’aereoporto di Maiquetia fino alla città ci vogliono circa 45 minuti senza traffico, ed anche ore, quando ce n’è.

Mi ha meravigliato non vedere più i grandi cartelloni pubblicitari di marche di tutti i tipi. Adesso ce ne sono molti di meno, e quasi tutti venezuelani.
Caracas, una bella città adagiata in una valle sotto la montagna dell’Avila che la divide dal mare.
Caracas con i suoi giardini e i suoi parchi, una volta tanti e ben tenuti, con il suo centro ed i suoi mercati, i quartieri coloniali dove le case avevano spaziosi patios e magari un albero di mango nel cortile, I bar con i tavolini sul marciapiede, las esquinas (angoli delle strade) dove succedevano molte cose.

Adesso è tutto cambiato, di notte le strade sono vuote, per paura degli assalti, i quartieri più ricchi o quelli della classe media, sono piantonati da guardie che giorno e notte vigilano l’entrata.Di notte, ma anche di giorno la gente si muove con sospetto ed attenzione.
Anche io sono arrivata con una certa paura, tre mesi fa, sono entrati i ladri in casa mia qui a Caracas, hanno rubato un sacco di cose, di giorno mentre pioveva e c’è stato pure un terremoto.

Mi dico che devo stare attenta, ma non avere paura.
Il primo giorno qui è ritrovare nella casa e negli oggetti trent’anni di vita: mia figlia ed i suoi giocattoli, il lavoro, i colori, la cantina piena di cose anche assolutamente inutili, i libri.
Sono stanca, ho molto sonno e so che in questi casi è inutile decidere qualcosa, meglio lasciarsi prendere da questa dolce serata tropicale e senza vento ed addormentarsi accompagnata dalle voci dai suoni e dalla musica della strada. (continua).

(alessandra vassallo)

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