domenica 30 settembre 2012

esca viva (2)

la mamma ci dava a colazione carciofi
“leccamim la boccam
la cioccolatam è buonam
se mi asciughim il fiorellinom
io ti leccom il pistolinom”.

Il mio criptocane ha il cristallino degli occhi tutto verde. Sta diventando supercane ma è veramente tanto bravo, il mio criptocane. Me lo ricordo da sempre, si può dire che siamo nati insieme. La mamma ci dava a colazione carciofi bolliti abbagnati nell’olio buono verde denso. Ci vogliono i denti pari e allineati a filari tutti uguali per rosicchiare bene le foglie e trattenere tutta la polpa possibile che il carciofo c’ha sotto, ma il mio criptocane coi suoi denti che sembrano passati nell’ammoniaca ci resta veramente male, si sente giustamente privato della sua identità. 

Però il verde carciofo alla fine gli sale negli occhi e così tutto possono vedere che non è un cane uguale agli altri ma è un criptocane. Io gli voglio bene e nei pomeriggi porpora lo porto a passeggio nelle strade regali del mio quartiere e gli faccio vedere tutte le facciate che con quella luce uguale uguale al mio menarca possono diventare bizantine. Cripton, gli dico, lascia stare le dog-mignottes, vieni Cripton, ti compro la ciccia, delle sugnette freschissime che mi faccio regalare in cambio di una filastrocca:

macellaio con il panzone
pensa un poco al mio cagnone
se tu sarai un po’ carino
per te mi farò un ditalino”,

Criptocane ingoia tutto in un istante ma poi gli viene sete e allora gli faccio leccare il mio gelato alla fragola molto acquoso. Per questo dico sempre al gelataio di mettere la panna prima del gelato e non viceversa.
Trapani. Però quel sole che impazzisce nel mare esiste solo lì.

rossella valentino 

venerdì 21 settembre 2012

2002. la prima volta a Cuba (9)


8 gennaio 2002 -nono giorno
Diventiamo poveri

E’ il giorno della partenza di Pino e dei Baci Perugina. Decidiamo di fare un piccolo giro turistico. Facciamo una rapida colazione da Mercedes che non perde l’occasione per aggiornarci sulle tragiche conseguenze del guasto della sua specie di macchina. Il danno è di circa 400 dollari. Più o meno lo stipendio di due anni di un professore. Mercedes ci fa capire che vorrebbe pagati i danni; noi le facciamo capire che i danni ce li dovrebbe pagare lei. Allora lei capisce il pericolo che sta correndo a mettersi contro di noi e si arrende.
Ma le sorprese non finiscono qui. A casa di Mercedes troviamo Prondo e Peppone…….. con le cognatine. Siamo tutti felici.
Decidiamo di festeggiare pranzando tutti insieme. Prondo decide per tutti. Si va  al Morro. Ma siccome pensa che siamo cretini decide pure che prima è meglio vederci all’Hotel Inglaterra perché  è più facile da trovare e così non ci perdiamo. Noi gli facciamo credere che è una bella idea però, prima vogliamo  andare al mercatino dove si trovano tutte le minchiatelle tipiche per turisti.
          Il povero Che, ad esempio, è stampato su tutto: calendari, portacenere, portachiavi, foulard, vasi., piccoli cessi, cuffiette, mutande E ancora magliette, cappellini double face, penne, scacchiere e cavatappi. Pino ed io decidiamo che il modo miglior per ricordare il nostro eroe è quello di  comprare un cappellino con la sua effige.

Pino vuol esagerare e compra pure una pipa che suona. Ma prima di pagare scassa la minchia alla venditrice. Anzi si mette al suo posto e vende qualcosa ai turisti. Quella se la ride, ma tutta questa sceneggiata non le ha intenerito il cuore e non fa nessuno sconto a Pino che così ha perso tempo e dignità .
Alle 1.30 ci dirigiamo verso l’hotel Inglaterra dove abbiamo appuntamento con Peppone, Prondo e le due cognatine.
Ma, passando davanti la Boteguita del Medio29 ci accorgiamo di una scritta vergognosa ed umiliante: sulla porta in legno della Boteguita qualche bestio30  ha scritto W BERLUSCONI. Pino è inorridito, Pippo ha perso la parola  e l’intelletto. Pino con 25 cents cerca di raschiare l’orrenda scritta. Tutti lo guardano , e lo filmano e lo acclamano. E’ un successo internazionale.
Arriviamo finalmente all’Inglaterra. Peppone è fuori ad aspettarci, Prondo dentro che se ne fotte e vuole offrirci l’aperitivo. Tosto ci accorgiamo che le cognatine non sono con loro. Ma dove sono?
Ci dicono che sono in macchina ad aspettare. Inorridiamo per la seconda volta in tre minuti. Chiediamo come mai loro qui a prendere l’aperitivo e le donne in macchina ad aspettare? Non ci danno una risposta  convincente e noi, per protesta, attuiamo l’embargo e rinunciamo all’aperitivo.

Prima di lasciare il locale Pippo rimane incantato da un’anziana pianista che suona soavemente la marcia turca di Mozart. Poi l’applaude. E’ l’unico che si entusiasma nell’indifferenza totale. Lei commossa gli dice che vende CD, Pippo, irritato, le risponde che tornerà a comprarlo dopopranzo. Mente ma la scena è  toccante.
Ma ora si va al Morro.
I baci perugina davanti. Gli altri, in tacsi, dietro. Si arriva al Morro che sarebbe un bastione sulla baia da cui si domina tutta l’Havana. E’ palesemente un posto per pelare i turisti. Infatti, al nostro arrivo, mettono “o sole mio”.. Cazzo!
Pippo tenta di fuggire, poi ci ripensa per non guastare l’atmosfera familiare. Il pranzo, però si trasforma presto in una tribuna politica. Tutti gridiamo le nostre ragioni.
Prondo sostiene che l’embargo non c’è e che qui stanno tutti nella merda perché sono comunisti. Pino urla che qui il comunismo li ha salvati dalla morte certa e che le cose costano il triplo per colpa dell’embargo che c’è.. eccome se c’è!
Peppone dà ragione a tutti. 
Le cognatine dicono che qui si sta male perché non hanno le lacoste.
Nadia, forte del suo passato comunista, dice che qui non c’è il vero comunismo, ma una perversa forma di capitalismo
Pippo, infine, dice che il problema della povertà non è solo di Cuba, ma di tutti i paesi del terzo mondo indipendentemente dal tipo do governo.. Il fatto è, continua  Pippo, che i cubani più che assicutare il consumismo occidentale e diseducativo dovrebbero lottare per i diritti umani quali libertà di uscire dall’isola, la libertà stampa e cose di questo tipo.
Alla fine paghiamo 210 dollari… Minchia! Alla faccia del comunismo! Infine le foto sul cannone storico del Morro.
Il gruppo si divide. Pippo, Pino, Jolaise e Nadia vanno ad affittare un’auto. Ma ecco il problema che non t’aspetti. Pippo ha esaurito le disponibilità della carta di credito. Riusciamo comunque ad affittare l’auto. E’ una.. cuore targata 04311. Tutti in macchina, si va al Parque Central per comprare un giubbino a Jolaise che in questo momento è più consumista di noi che invece siamo più comunisti di lei.
Pippo e Nadia, ormai poveri, comprano una birra al solito bar ed escono senza pagare. Il cameriere se ne accorge e li insegue per farsi dare un  dollaro.
All’aeroporto assistiamo a scene strazianti: Jolaise piange, Pippo sta male per problemi intestinali, Nadia fuma. Intanto Prondo e Peppone fanno i furbi e scavalcano la coda al Check in.

Pippo Nadia e Jolaise tornano a casa. Prima di rientrare, però, comprano un sandwich (uno solo per tre) per cena. La povertà è brutta, ma qui a Cuba sembra meno pesante perché in fondo gli altri sono pure poveri. E visto che la povertà è un concetto relativo………… mal comune mezzo gaudio.
Ma quale mezzo gaudio?! Siamo rovinati!
Comunque si va a letto. Non si esce per non spendere soldi. Una vacanza finita male!

29 noto locale habnero famos perchè frequenato da Ernest Heminguey
30 equivale a bestia, ma in senso ancoa più dispreggiativo 

lunedì 17 settembre 2012

La lingua del marchese raffinato



Tra i dieci e i sessanta, gli anni di Guglielmina Gunt.La donna, perché adesso e sempre c’è qualcosa e tutto da vivere.La bambina che è in lei, preservata intatta: il giardino in cui si nasconde, un giardino segreto che forse mai nessuno troverà.
Succhiando lentamente susine e prugne, miriadi di punte di dolcezza che le avvolgevano la lingua, giocando a sputare gli ossi più in là possibile, in una stramba gara solitaria, Guglielmina slacciò il legaccio della Ragione, e si lasciò andare, come bottiglia vuota che si riempie sotto un rubinetto d’acqua, ai ricordi.Aveva traslocato in un palazzo, di recente, in nessuna città, senza via senza numero civico.
C’era un grande albero, meta di pellegrinaggio da tutto il mondo, a tutti conosciuto. E onorato. Per un giorno, uno solo.Ai piedi dell’albero, una aiuola ben curata, fiori e foto e biglietti e poesie. E pietre: lisce bianche rotonde.Come gli Ebrei, chi le aveva poste sapeva il senso delle pietre sulle tombe. Il passaggio ininterrotto "da Padre in Figlio", legame e memoria, il ricordo che si trasforma in simbolo.Il custode assomigliava più ad un broker di Wall Street che ad un portiere canonico. Giacca cravatta impeccabile elegante raffinato. A più d’uno accadde di scambiarlo per un condomino.
Ogni mattino, quando diretta al lavoro Gugliemina solcava il lungo androne, il signor Marcello le porgeva il braccio, e l’accompagnava al portone.Era un gioco e uno scherzo piacevole tra loro, un modo più caldo e amicale di augurarsi buona giornata.
Guglielmina condivideva il pianerottolo con niente di meno che… un marchese napoletano! Gran signore”- l’aveva avvisata la madre, tanto appassionata di nobiltà- “mi raccomando, sii educata e gentile”. - Och , aveva fatto lei di rimando, non troppo sicura che la nobiltà, surtout in un tempo di democrazia già annoso, fosse di blasone e non di animo.E difatti….
Una domenica mattina, pronta sull’uscio Guglielmina e la sua barboncina, ecco aprirsi la porta del marchese. Alcuni minuti di gentili convenevoli e chiacchiere, il nobile napoletano vira deciso sul privato:
"Lei vive sola?"
" NO, con mio figlio"

"Che peccato una così bella donna"
"Grazie, davvero gentile da parte sua.."
E da Gentiluomo qual’E’, il marchese in sequenza trina e velocissima:
"che bel rossetto, un vero peccato intaccarlo"
Deciso infila la lingua nella bocca…………………………..!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
L’ascensore misericordioso e salvifico é al piano.La barboncina strattonata vola dentro la cabina, tasto T premuto senza coscienza, le porte scattano chiuse.Fino a terra è solo una sequenza lunga ininterrotta di sputi sul pavimento. Cinquanta? Cento? La cana la guarda perplessa. Grazie al piffero, TU come puoi capire, mica l’ha data a te la linguaaaaaa! Altri, ancora, di nuovo sputi. Per tutto l’androne, che é molto lungo. In silenzio, chiede scusa al tunisino lavascale del palazzo. La ragione c’è ed è validissima. Fuori .Aria. Villetta e bisognino della cana. Richiamo di ritorno alla Natura. Sana vera pulita (sì, anche il bisognino sa di pulito….)
Proletari di tutto il mondo: In PIEDI, Indignatevi!
Guglielmina Gunt. 

mercoledì 12 settembre 2012

diavolino cerca papà




Proprio il diavolo, il più cattivo che si possa immaginare, gira in bicicletta per Palermo col suo diavolino nel cestino. Ma satanasso impattando con le buche perde il diavolino nel tombino, urtando bruscamente contro un sasso.
Impreca il diavolo disperato e rosso:" porco me (diavolo)!! Come ho fatto a fidarmi di cotanta urbe, così sporca e malandata? Ci ho perso sinanco il diavolino!"

Mentre l'angoscia risale alle sue corna, gli indifferenti e intolleranti cittadini, nel traffico, come un esercito di guerrieri continuano o a passare sulla buca impedendogli il recupero del figlio dicendo a squarciagola senza tregua: " diavolo di un extracomunitario! Levati i' ddocu e va travagghia! "

Il diavolino intanto nel tombino trova un tunnel lungo e fino che lo porta dritto dritto in un vialone alberato e con le griffe, che riporta per iscritto un ricordo ormai sbiadito, la scritta Libertà. Il padre ormai è perduto?

Lo cerca tra la gente che passa e che si agita, tra bar e bancarelle. Lo vede mentre strappa una borsetta a una signora e poi dentro un negozio a prender pizzo... E poi mentre incassa un ricavato senza tassa e mentre vende una bustina ad un ragazzo...la giungla dei ladri e dei furfanti lo inghiotte con violenza senza pena. "Ma mio padre è quello là?" Non cede il diavolino e passa avanti.

Un teatro a un certo punto, lo attira e lo richiama... Tanta gente è seduta ad ascoltare, ammirata e attenta, quella figura in fondo alla sala che urla e impreca, promettendo e predicando che un giorno, grazie a lui, tutto questo finirà. Ecco il padre! Questo è proprio lui!
Finalmente in mezzo a tanti non si sbaglia il diavoletto, ha trovato il satanasso, riconosce le parole inzuccherate e ingannanti. Lo conosce e non lo molla, gli si aggancia nella coda, mentre è avvolto dalla folla.


Moffoletta e Sfilatino


lunedì 10 settembre 2012

2002, la prima volta Cuba (8)

7 gennaio 2002 – ottavo giorno
La Tico si sfascia
Pippo si alza per primo e decide di fare un giro da solo con la tico. Sembra di girare in un villaggio africano di quelli che fanno vedere a TV 7. Ci sono cavalli che tirano carretti con ruote enormi e pieni di cianfrusaglie apparentemente inutili; gente che carrìa cose da mangiare , bambini che corrono di qua e di la’, biciclette col volante, macchine scassate, tricicli con 6 ruote, E ogni cosa non ha simili nel resto del mondo. E’ un mondo di prototipi.Torno a casa più colto di prima. Umberto Eco certe cose non le sa.
Pino e Jolaise sono pronti e così andiamo a recuperare Nadia . Sono le dieci del mattino e c’è già Pappo in giro. Nadia dice che Pappo l’ha svegliata alle 8.00 con il caffè. Pappo è innamorato di Nadia.Siamo sul punto di andare via e comincia il carosello degli indirizzi. Quelli che poi non si utilizzeranno mai nella vita. Pappo è il più organizzato di tutti e da’ il suo indirizzo a tutti.Pippo lo da’ solo a chi glielo chiede. Nadia non lo da’ a nessuno.
Ma ecco una novità. Arriva l’amica di Jolaise. 28 anni, viso da sicula , pelle da sicula , cosce da cellulite e baffi...da sicula Decide che Pippo è il suo uomo a lo invita a tornare a Florida la stessa sera dopo avere mollato la compagnia. Pippo decide di assecondare la giovane. Le fa promesse da marinaio. Nella sua vita non c’è posto per lei.Comunque sia, alle dodici si riparte per tornare all’Havana di cui abbiamo già nostalgia..
Ma il viaggio sarà amaro. Prima buchiamo una ruota e visto che guida Pippo tutti se la prendono con lui che però ha le spalle larghe.. A 8 chilometri da Santa Clara la Tico si blocca completamente e non riparte più. Siamo nel dramma.Un ciclista che passa di la’ ci rassicura e ci dice che ci manderà un meccanico. Quando, non si sa.
Poi fermiamo una jeep e Jolaise e Pino se ne vanno in cerca di aiuto.Pippo e Nadia restano lì in mezzo alla campagna cubana circondati dalla natura e dagli avvoltoi. Che sono visibilmente affamati. Qui infatti a Cuba non buttano niente e nelle discariche c’è il vuoto assoluto e allora quando c’è qualcuno in difficoltà, gli avvoltoi aspettano che muore e se lo mangiano..
Finalmente arriva la macchina del soccorso con Pino e Jolaise. Ma anche questa macchina si ferma e la dobbiamo spingere. Però ci facciamo trainare lo stesso fino ad una stazione di servizio dove non hanno niente per sistemare una macchina. Hanno solo buona volontà e tanta simpatia. Ognuno dice la sua , ma nessuno indovina il guasto.Intanto, tragedia nella tragedia, Pino si sente male. Ha la febbre, trema e ha le visioni. Noi non lo vogliamo vedere soffrire e lo riempiamo di pillole con affetto. Ma lui, ingrato, peggiora e forse morirà per intossicazione da farmaci.
Nadia intanto trova il modo di divertirsi e fa un giro sul motorino di un giovane cubano che è venuto a rompere i coglioni.. Poi scesa dal motorino, balla il tango con Pippo che telefona a casa per informarsi cosa ha fatto il Milan con il Lecce (ha vinto 1 a 0). Il Palermo, invece, ha pareggiato 3 a 3.
Pino ci odia perché noi ci divertiamo e lui sta morendo tra le braccia di Jolaise in una pompa di benzina a Cuba. Passa una specie di carro bestiame, che in effetti è un autobus economico. Ci sono almeno 70 cubani stipati che ci invitano a salire eccitati dalla visione delle due donne. Per Pino ci sarebbe anche un lettino in cabina. E tutto alla modica somma di 1 dollaro a testa. Poi ci dicono che per arrivare all’Havana la tradotta impiega 6 ore (per fare 200 chilometri) e rinunciamo.
Verso le 11 di sera arriva un delinquente di Santa Clara che vuole 100 dollari per portarci a l’Havana con una Ford Sierra. Si chiama Ernesto e dice di essere autista di professione. I soldi non li prenderà lui ma il suo armatore. A lui andranno solo pochi spicci. Decidiamo di subire la truffa. Siamo costretti.Partiamo, ma dopo 30 minuti, ormai siamo in piena notte, prendiamo una buca, sbandiamo a 140 all’ora e atterriamo indenni, ma con la ruota bucata. Insomma, Pino dice che in qualche modo bisogna morire e lui questa notte sta provando due o tre di questi modi.. poi sceglie.
Mentre cambiamo la ruota, grazie alla torcia del prudente Pippo, dal buio spunta uno che vuole un passaggio. Ma non ha visto che siamo 5, con bagagli? Lo respingiamo con decisione. E lui se ne torna nel buio dove prepara il prossimo agguato-Arriviamo all’Havana verso l’una. Ernesto dice che torna subito a Santa Clara A noi fa un po’ di pena e gli diamo pure la mancia. Pippo e Nadia però sono ancora eccitati per la notte movimentata, non hanno sonno e decidono di non andare a dormire. Vanno allora al Parque Central per farsi un panino.
Ma all’Havana di notte non si è mai soli. Qui dormono solo i minchia e infatti facciamo diversi incontri: un fotografo con polaroid, il boss del Parque Central, un tizio con baffetti che fa parte dell’arredamento del locale,Tony con il pullover Lacoste. Il boss cerca di avvicinarsi a noi, ma viene subito fermato dalla polizia. In effetti non ci ha fatto nulla, ma loro lo conoscono meglio di noi e forse fanno bene a proteggerci da lui.
Noi però non siamo d’accordo e avremmo preferito il contatto con il boss. Ci poteva insegnare tante di quelle cose!Torniamo a casa da Miriam. E’ la nostra nuova padrona di casa. Ha la casa particular proprio di fronte a quella di Mercedes. Nella stanza da letto dormono già Pino e Jolaise. Anzi, Pino non dorme e dice ”chi caaazz sieet!?”. Delira. Forse non supererà la notte.

martedì 4 settembre 2012

L'acchianata di Santa Rosalia

L'acchianata(1) di S Rosalia per i palermitani è come il viaggio a La Mecca per i mussulmani. Una volta nella vita si deve fare. E costa molto di meno. Anzi non costa nulla. Si rischia solo un po' di male alle gambe ( il giorno dopo) o un infarto (il giorno stesso), contro (se si va alla Mecca) una morte per soffocamento sotto la folla dei fedeli. Insomma. Conviene.
Ma si sa, la fede è un persorso lastricato di ostacoli. Il primo è la sfottuta (2) di amici e parenti: "Ma cu tu fa fari - Ma vacci ca' machina nna santuzza - Accura ca ti veni na botta ri sali.... e via scoraggiando. (3)

All'inizio della acchianata (lato fiera) tutti hanno voglia di scherzare o (i più pii) di recitare il Santo Rosario a voce alta. Alcuni gruppi di azione cattolica addirittura cantano a squarciagola le lodi alla Santa.
Dopo le prime 6 rampe (di 23 che lei ne ha) , l'allegria si trasforma in angoscia, i rosari in nenie, i canti in rantoli. Il resto è silenzio. Si odono solo sinistri aneliti dal profondo di polmoni stremati e, nel buio più nero, silenziosiosi e fluttuanti lampioncini ondeggiano come UFO nel cielo dell'Arizona (guarda il video in basso....con fede e pazienza. Il fenomeno inizia al secondo 11 della clip)....

.........Sorpendente vedere fedeli di ogni età (2 – 70) di ogni quartiere (Zen – Libertà) , di ogni ceto sociale ( Lauria - Ballarò) di ... 2 razze (panormiti – tamil). Tutti insieme accomunati dalla voglia di fede o di avventura. La salita dura troppo e già alla 12^ rampa si comincia a credere di non farcela. Si comincia persino a perdere la Fede .. "cu mu fici fari? "(4)
Quelli che scendono giulivi sono assediati da quelli che salgono sfiduciati che chiedono notizie su quanto manchi alla fine di questa tortura sperando nella buona novella ("coraggio fratelli, siete quasi arrivati") . Ma quelli che scendono, incattiviti dalla fatica fatta, rispondono con cinismo : "ancora siete a niente!" E lo sconforto dilaga.


Qualcuno ricorda che la sofferenza dell'acchianata è così insopportabile e proverbiale che esiste a Palermo una specie di tortura che prende lo stesso nome. Si tratta di premere con il pollice sulla basetta della vittima e poi salire con pressione contropelo: è la tortura della acchianata di Monte Pellegrino. Per dire!
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.Ma torniamo alla cronaca. Alla originaria prima grazia da chiedere alla Santa se ne aggiunge subito una last minute, dettata dall'emergenza: “ti prego santuzza fammi arrivare fino in cima! Un ma firu cchiù" (5)
................
.
E infine le mucche! Che non si vedono, ma si sentono. Sono i campanacci. Pare che sia il segnale che indica che si è quasi arrivati. Ma è la classica leggenda metropolitana. Dopo le mucche, infatti, ci vorranno almeno altri 40 minuti di pura sofferenza! L'arrivo al piazzale del santuario è non proprio spirituale. Una specie di fiera accoglie i pellegrini che, avendo penato per la santa, ora sono tentati di abbandonarsi ai confort: bar, sedie, panini con wurstel, aranciate ghiacciate, birra, zucchero filato, gelati, pane con panelle o con milza, patatine fritte e... comodi taxi per la discesa. Tipo i mercanti del Tempio sterminati da Gesù.
..............
.E qualcuno si abbandona veramente ai piaceri della carne e del palato; altri cercano di resistere per non perdere lo stato di grazia conquistato con tanta sofferenza. Una visita alla grotta può distrarre e poi c'è ancora da chiedere la grazia alla Santuzza . Dopo si, perchè no? Ci si abbandona a qualche vizio. Panino con le panelle e birra Forst. "Cara Rosalia Sinibaldi (6), non devo mangiare? Non devo bere? Non mi devo sedere? E che sono un santo io?"
..............
.
Persa la grazia, ci si può comportare ora da veri palermitani. Si buttano cicche e rifiuti per terra, si urla, si schiamazza, si acquistano gadget inutili e baggiani poi ci si prepara alla sconsiderata rissa per salire sui bus navetta che ti riportano giù. ............................................................................................................................................... ..L'autista grida, sudato, chiedendo calma. C'è da gestire migliaia di (ex) pellegrini i quali, però, incuranti dello stesso autista e dei fratelli, spingono con violenza a cu pigghiu pigghiu (7) pur di salire finalmente sul bus che li riporterà alla base del monte Pellegrino, in città, a vivere la normale vita piena di vizi e peccati, di soprusi e prepotenze.
.....
.pippo vinci
....
.note
(1) salita, arrampicata
(2) lo sfottò, la presa in giro, derisione
(3) ma chi te lo fa fare - ma vacci con la macchian dalla santa - stai accorto che ti viene l'nfarto!

(4) chi me lo ha fatto fare?
(5) ... non ce la faccio più
(6) il nome completo di S Rosalia
(7) di qua e di là, alla cieca


(foto e video di M. Philppson)



lunedì 3 settembre 2012

esca viva (1)

siamo tutti figli di Cristoforo Colombo
uno
Guarda le mie tette
le mie dita sono sette
se son bagnata non lo dico
forse ben lo sa il tuo fico
tra le gambe lo tieni chiuso
quanto vorrei ficcarci il muso!”
una cosuccia simpatica scritta alle medie ai miei compagni su pizzini di cotone bianco shockingstraccetti ritagliati dalle mie mutandine - in genere se era fissata la loro interrogazione per qualche minuto dopo. Troppo mi facevano ridere, troppo.
Se l’interrogazione andava male tornando a posto trovavano la carta delle mie caramelle ben aperta sul banco:
Quant’è lunga la tua pistola
non ti credo sulla parola
la voglio proprio tutta vedere
poi la misuro col mio sedere”.
siamo familiari, in fondo. Mi avvolgono con fasce nuziali, mi apparano con coda e orecchie di cartone, mi mettono una carota in bocca, mi intrufolano fettucce colorate dentro la gonnellina da collegiale. Mi portano in giro inzaccherata nelle trine, io da piccola sempre di sghimbescio sul passeggino.
Da lì assaporavo le terga ansimanti dei passanti. Che lirica beatitudine guardare quelle aride collinette dondolanti esteticamente schiantose. Poi mi snodavo le braccia e le gambe in reclami disperati con un surplus di energia centrifuga e allora mi divincolavano dal passeggino e mi dicevano di non lasciar loro la mano e di non scappare via ma io sorridevo sorridevano sorridevo e mostravo a tutti le mie scarpe nuove o tiravo su la gonnellina per lasciar vedere una sagrada calzamaglia color lampone acceso e mentre loro ammiccavano io ritraevo di scatto le manine dalle manone e mi andavo a sbattere muri muri o mi lasciavo sventolare tra le gambe dei passanti ma mai mai sarei andata in strada a scoprire il rossiccio del mio sangue sfilante in zampillini rapidi e suggestivi.
due
Alla mia governante manca un dente davanti, un incisivo grosso sul cui greto secco lei ficca il suo mignolino quando è soprapensiero, e si sollazza. Interminabili ditalini palato-dentali, Detta pensava tanto. Il suo fisico era elegante, moto motrice di gran classe ma la sua faccia larga non era più espressiva delle pagnottone di piana degli Albanesi.
Bruciatizza perfino, come quel pane un po’ troppo cotto. Dopo ho saputo cosa i ragazzi dicono di quelle come lei: un cuscino in faccia e via. Mi piace scarabocchiare col chinino e aggiungere vegetazione e insalata fresca e grossa frutta succulenta alle pagine troppo desolate dei libri di mia madre. Avevo voglia di vedere il sesso dei cani, le occasioni erano poche e fugaci – sempre da una macchina in corsa: succedeva niente o succedeva tutto e non ce ne accorgevamo.
Non voglio morire però amavo le grandi cisterne d’acqua. Questo è un souvenir, Trapani. Si poteva impazzire a mulinellare nelle mille chiose del centro. I locali maschi flautavano e cristallizzavano seduti al bar Mangiameli, con begli occhi di discendenza araba color tormalina e benevoli quanto un tagliacarte. Le donne spesso erano chirurgicamente grassocce climaterio-dipendenti e si incastravano perfino nelle torcelle delle gioiellerie dove esperti toreutuci avevano inciso per loro splendide tour eiffel su cammei d’oro. Ovviamente regalati dai mariti puttanofagi che non le toccavano da mesi, se non anni, non toccavano più quei quintali di glutine barocco buone solo a passeggiarsi la scimmia.
O, in alternativa: Totò, Totò, accattami u gobelin pi supra u divanu marrò. Gobelin: prezioso arazzo tessuto a mano. Nell’accezione trapanese di colore prevalentemente scuro, color cacca screziata, esattamente quella prodotta se il giorno prima la mamma ti ha costretto a mangiare trecento grammi di spinaci. Perfetto sul divano marrone. Trapani.
Per personalizzare il souvenir, quando la mia governante incontrava il suo garzone mi lasciava custodita dal portiere, che una e due era sempre ad armeggiare con le leve e gli interruttori della cisterna condominiale. Oppure quando Detta incontrava l’altro suo garzone, ossia il mio portiere, allora mi lasciavano in custodia dal portiere del condominio accanto e allora pretendo di stare in braccia a lui perché ho paura e non voglio morire e mi sento frustrata.
Però quando lui va a traccheggiare con le leve e gli interruttori della sua cisterna e io guardo tutta quell’acqua posso di nuovo essere felice. Io credevo che dentro l’acqua si potesse rinascere e condurre una vita bizzarra e inquietante ma molto molto avventurosa. E adoro l’idea di fluttuare nei liquidi. Mi attira ciò che si solve ma anche ciò che galleggia e ancor di più ciò che va a fondo.
Sorridiamo perché stiamo davanti al mare e perché siamo tutti figli di cristoforo colombo. ..continua
Rossella Valentino

domenica 2 settembre 2012

Il vento

16 maggio 2012

A Milano il cielo è azzurro e tira vento forte. Tutti si lamentano nervosi, la natura che si fa (finalmente!) sentire, li infastidisce. Il vento.

A me invece viene un' ebbrezza che mi ricorda i primi bicchieri dell' adolescenza. Lo scooter diventa una vela, i semafori boe, le svolte strambate.

Plano con delicatezza sulle ondette insidiose del selciato sconnesso, lavorando col peso, mentre calcolo intanto lo scarroccio sulle rotaie del tram. Mi preparo per il difficile doppiaggio delle bocche di Cordusio - Duomo, dove e' facile arenarsi in un basso fondale di lavoratori che manifestano.

Gioisco quando svernicio sottovento un barcone Harley-Davidson, e fremo di furia impotente quando il bordo sbagliato mi porta nella bonaccia dietro un furgone fermo in doppia fila. E l' avversario che avevo seminato, con la sua turpe e rumorosa bagnarola, si allontana odioso mostrandomi la poppa sponsorizzata: POSTE ITALIANE o, talvolta, MACELLERIA Fratelli FARAVELLI - Dal 1959.

Ormeggiato il mezzo, un salto sul pontile ed eccomi dentro l' ascensore di un elegante palazzo antico: vado ad un incontro d' affari molto importante per me, devo parlare con personaggi di rilievo. Mi aggiusto la cravatta e la camicia, mi concentro, ho in mente una cosa sola: la tensione e la gioia di quella regata mitica quando all' ultimo respiro riuscimmo a battere, per un improvviso soffio di vento amico, il noto campione olimpico. Il vento.

Capisco dove sono quando una segretaria sorridente mi invita a togliermi la cerata....pardon, l’ impermeabile, e mi fa accomodare in una sala riunioni vuota e e lussuosamente arredata. Recupero velocemente l' assetto mentale, ripasso i documenti, la situazione ritorna sotto controllo, so bene quello che devo fare.

Poco dopo, un quarantenne vestito in modo impeccabile, il primo e più importante dei tre interlocutori entrati nella sala, nello scusarsi per i 4 minuti 4 di ritardo, ma non volendo rinunciare ai 2 minuti 2 di convenevoli "personali" previsti dal protocollo, ( è un manuale vivente su come insegnano la psicologia relazionale nella "High School" da cui proviene) esclama: -"Sa com'è, questo vento mi genera un gran mal di testa, è una cosa davvero fastidiosa!”. Il vento.

I successivi 120 secondi trascorrono fra alti lai contro questo subdolo nemico dell’ umanità reo di causare praticamente ogni tipo di patologia a loro tre e ai loro parenti fino al quarto grado. Mentre annuisco ebete, di nuovo mi allontano. Siamo a ferragosto, a bordo del “Trimegista Seconda” di Antonio e Agostino. Siamo in tanti e abbiamo 20-24 anni. Navighiamo fra Palermo e Ustica, lo spinnaker e’ gonfio di un libeccio gentile, anche stavolta amico. Il vento.

Barche con altri amici bordeggiano vicino a noi, ci sono un sacco di ragazze, volano gavettoni. Siamo felici. Peschiamo alla traina perfino un bel palamito di 8 kg che ci sfamerà quella sera, una volta ancorati in rada; e ancora vino, e la chitarra e tutti a cantare: Battisti, De Andre', Venditti. De Gregori. Strofa: " Alice guarda i gatti..." Ritornello: "Ma io non ci sto più, e i pazzi siete voi..." Ritorno mentre il boss di fronte a me mi dice: " Bene, veniamo a noi...mi dica..." Vorrei rispondere: " Ci sarebbe una chitarra?"

Il Pigafetta

sabato 1 settembre 2012

le poesie del pensiero forte di Ninni Picone

la griglia del pensiero forte
Accogliamo in queste pagine culturali alcune ra le più belle poesie di Ninni Picone, autore teatrale, attore, cabarettista  e showman palermitano. La sua lirica non è certo immediata, ma molto profonda e ricca di significati... occulti

1. I vestiti della festa
2. La cospirazione e la sottomissione 
3. Naufragio
4. Processione 
5. Il respiro di internet 
6. la luce delle tenebre 
7. l'isola del tramonto 
8. Ombre di notte

Tutti i racconti di Guglielmina Gunt

Un personaggio divertente e disinibito , gugliemina gunt. Ecco i suoi piccanti racconti che traggono ispirazione dalla vita di tutti i giorni. La sua vita? la vita di una amica o la vita di un personaggio fantasioso? Noi non lo sappiamo.. e forse neanche gugliemina lo sa!

1. Gugliemina Gunt va a Lipari. Nni so frati