giovedì 31 luglio 2008

Lo stronzo di Bridges

Faccio notare che oggi è venerdì 17. Qualsiasi disgrazia succede non è colpa nostra.
Intanto decidiamo, appunto, di sfidare il fato facendo una gita in battello lungo il malfamato Canale di Beagle.
Siamo arrivati al porto divisi. In gruppetti omogenei. C’è grande democrazia e discrezione nel gruppo. Ma alle 9.30 siamo tutti lì. C’è anche grande disciplina.
Un grande gruppo.
Questa volta, però, non possiamo imporre la nostra volontà e ci imbarcano su un catamarano. E’ enorme e nuovo; non ha la terrazza e, soprattutto, non è storico. Il nostro disappunto cresce quando, all’uscita del porto, vediamo ancorato il “Barracuda” un barcone storico semi affondato che faceva proprio al caso nostro. Protestiamo, ma ci calmano dicendoci che il Barracuda, oramai, può affrontare solo piccoli tragitti di 2 ore vicino la riva. Noi invece abbiamo scelto di fare un giro più lungo e periglioso. Durerà 11 ore. Noi l’avremmo fatto volentieri con il Barracuda. Ma oramai siamo qua..
Il catamarano è lentissimo. Partiamo alle 9 e 45. Visitiamo scogli e scoglietti con i soliti insopportabili pinguini. Leoni marini e cormorani.
Sono convinto che oramai, a parte Armando, tutti noi, nella nostra vita, abbiamo visto più pinguini che galline, mucche e muli messi insieme.
Nel corso della crociera la guida ci informa continuamente sui nomi delle isolette che incrociamo e sulla loro appartenenza politico- geografica. Questa è del Cile, quella è dell’Argentina, questa ancora è del Cile .. e così via per 11 ore. La vogliamo uccidere.
Dopo essere passati a prendere l’immondizia dalla gendarmeria di un isolotto isolato, attracchiamo in un’isoletta dove visiteremo la Estancia di Bridges. Questi era uno stronzo inglese che con la scusa di predicare la parola di Dio, ha occupato 2000 ettari di territorio yamani33(nome del popolo originario della terra del fuoco) e contribuito a sterminare gli indigeni locali che vivevano felici da queste parti vestiti solo di grasso di foca e mangiando solo palline di gomma senza sapore.
Ma il buon Bridges, prima di annientarli, ha fatto in tempo a scrivere un vocabolario yamani – inglese col solo scopo di mettere sui cartelli turistici i nomi originali dei posti e delle piante che ora mostra con orgoglio ai turisti che, ignari del suo atto criminale, pensano che questo ostentato bilinguismo sia un atto di rispetto e di amore per gli aborigeni.
All’ingresso della estancia ci dividono in due gruppetti gli angloudenti e gli ispanoudenti. Gli italoudenti sono posti di fronte una difficile scelta.
E così anche il nostro gruppetto si divide. Pippo, Anita, Luca e Roberto si dichiarano angloudenti, ma in effetti la loro scelta è condizionata dal fatto che il gruppo degli ispanoudenti è troppo numeroso e, si sa, dove c’è folla si annagghia34 (vdv annagghaire = arraffare) di meno: un dolcetto, un gadget, una pallina di gomma da gustare e così via.
Purtroppo tra gli angloudenti c’è un cacapalle che fa continuamente domande di politica estera. Il giro tocca un bosco con cartelli multilingue, un cimitero con 4 croci ed una officina dove il buon Bridges faceva costruire le barche agli indigeni e dopo gli faceva tosare le pecore. Il tutto con strumenti costosissimi mandati lì dalla chiesa anglicana che così prendeva 3 pinguini con una sarda: colonizzava il territorio, faceva affari, obbligava i locali ad abbracciare la fede cristiana.
Lo sconforto tocca il culmine quando la guida ci mostra la villa padronale descrivendola come un edificio storico. In lamiera. In lamiera? Si, in lamiera. Come le bidonville di Rio de Janeiro e di Acqua dei Corsari35 (rione periferico e popolare di Palermo). Ci dicono che qui la lamiera è un materiale di costruzione nobile.
Torniamo sul battello.
Lorenzo ha un momento di panico e afferra il comandante dicendogli che ha imboccato una rotta sbagliata. Secondo i calcoli di Lorenzo de Gama staremmo andando dalla parte opposta in quanto il sole, che la mattina batteva a babordo, ora, che è pomeriggio, batte a tribordo. Conclusione. Stiamo andando verso il circolo polare artico. Pippo crede a questa teoria. E’logica e ben supportata da argomentazioni convincenti.
Inoltre Roberto, che è stato 8 ore a guardare cosa succedeva alla plancia di comando, dichiara che lì, invece di governare il battello hanno gozzovigliato tutto il tempo festeggiando il compleanno di un amico. Scatta il piano di allerta. Pippo, oramai sicuro di quanto paventato, scende al ponte inferiore ad avvisare il resto del gruppo sulla terribile sorte che li aspetta. Ma poi succede l’incredibile. A cominciare da Valeria tutti smontano la teoria di Lorenzo del Gama affermando che a queste latitudini il sole e le sue ombre non s comportano come da noi. La teoria di Lorenzo, sostenuta da Pippo e Roberto, viene derisa e smontata ed il panico rientra.
Il battello viaggia con lentezza sconfortante. Si fa una riunione di gruppo e si decide che, nonostante si preveda di arrivare a casa intorno alle otto, si organizzerà una cena autogestita a casa di Anita. Pippo, Armando e Ida vanno al supermarket più a sud del mondo e comprano salumi, pizze, dolci e vino.
Alle nove e trenta ci si vede a casa di Anita . E’ stupefacente. Le donne della spedizione hanno trasformato quegli anonimi affettati argentini in succulenti ed attraenti pietanze. Luca, che più di altri temeva una cena al sotto del quotidiano elevato livello calorico, si deve ricredere ed apprezza il pasto dedicandosi con maggiore attenzione alle pizze.
Manca il cavatappi e quindi chiamiamo in nostro soccorso il cameriere dell’hotel. Questi, al momento di stapparci la bottiglia di vino, si complimenta con noi per la scelta del vino. Il merito è tutto di Armando.
Insomma anche questa sera ci siamo abbuffati. E ciò nonostante è rimasta un sacco di roba. Niente paura, lo immagazziniamo con delicatezza e abilità per utilizzarlo al pic nic di domani.

viaggio in Patagonia

domenica 13 luglio 2008

Conero

Era una spina il mare
e la terra ispida
isola

Aspre esperidi
fra notte e notte
navigando

Un lume
e le ginestre gialle

Garrule in nappe
di sole
a me illudeva la sera.

(roberto morpurgo)


Roberto Morpurgo (1959)

Sono nato a Milano il 17 giugno del 1959. Ho cominciato a scrivere a 5 anni, poesie e canzoni. Sono laureato in filosofia (passione che tuttora coltivo), e ho coltivato a lungo interessi per la psicologia psicoanalitica, il cinema, il teatro e la letteratura.In campo cinematografico ho collaborato fra gli altri con il critico Morando Morandini, la Provincia di Milano, l'Arci Cinema e l'Obraz cinestudio. In campo teatrale ho lavorato fra gli altri con il Teatro Universitario di Richard Gordon. Collaboro attualmente come autore drammatico con la RSI (Radio Svizzera Italiana).
In campo musicale ho scritto canzoni (musiche e testi) e lavorato per la Ricordi. In campo editoriale ho collaborato fra l'altro con la Mondatori con un saggio su Simone Weil e con la Garzanti per le recensioni del Premio Mont Blanc.
Ho scritto vari libri (alcuni dei quali in attesa di valutazione presso diversi editori): un libro di viaggi in Grecia, un volume di racconti, una voluminosa raccolta di aforismi, due raccolte di poesie, quattro piece teatrali, soggetti cinematografici. Per vivere faccio il consulente aziendale in tre distinte aree professionali: formazione, ricerca di mercato, comunicazione.
Dalla primavera 2004 sono titolare di una rubrica fissa - Punto di Fuga - su Orizzonti Nuovi, giornale dell'Italia dei Valori, dove tratto argomenti di filosofia politica, sociologia, costume. Dal maggio 2006 collaboro con il quotidiano Quotidiano IDV con articoli di varia natura.Dalla nascita fino al giugno 2002 ho vissuto a Milano – salvo qualche intervallo romano.
Da tre anni vivo in provincia di Como, in un paesino sconosciuto ai più e quasi anche alle carte geografiche.

giovedì 3 luglio 2008

La fine del mondo è vicina



Mercoledì 15 febbraio 2006


Oggi giornata libera. E’ giorno di trasferimento per Ushuaia, nella Terra del Fuoco. Si partirà alle 5 del pomeriggio e quindi decidiamo di tenere la stanza 109 per comodità.
Pippo va a prendere le foto al buceo, poi raggiunge gli altri all’Ecocentro. Qualcuno è andato a piedi qualcuno in taxi. E li ci si scambiano i pareri sulla logica della scelta fatta. Chi è arrivato a piedi dice che il posto è vicino ed ha fatto bene ad andare a piedi, chi è andato in taxi dice che il posto è lontano e che ha fatto bene a prendere il taxi. Sono due scuole di vita che scorrono parallele e che non si incontreranno mai.
L’ecocentro un museo naturalistico. In mostra foto, documentari e qualche osso. La sezione più originale è una stanza buia con il pavimento ricoperto di ghiaia. Bisogna sedersi sulla ghiaia e ascoltare i rumori del mare. Sibili, urla e lamenti di foche, balene e uccelli vari. Bello.
Al 1° piano un belvedere sul mare con una vetrata circolare e tanto smalto bianco.
Per il ritorno le due scuole di vita si incontrano. Si prendono due taxi. L’accordo si trova anche sul fatto che è ora di pranzo e bisogna mangiare. In pratica al momento di soddisfare i bisogni primari le scuole di vita convergono sempre. Al centro commerciale, però, non si mangia. Ci adattiamo in uno squallido ma singolare atrio con tavolini di ferro. Le pizze sono gustose. Al tavolo siedono Pippo, Luca, Ida, Armando, Anita e Ida.
Alle 15,20 arriva il nostro autista Jorge. Questa volta ha un pulmino nuovo. Dice che il suo sogno è di averne uno tutto suo e mettersi in proprio, senza padroni.
Jorge ci chiede come abbiamo passato questi giorni a Puerto Madrin. Alla fine del nostro riassunto ci dice che abbiamo mangiato nei posti sbagliati. Se solo glielo avessimo chiesto prima lui ci avrebbe consigliato meglio. Noi invece pensiamo che non avremmo mai seguito i consigli di uno che cammina con le pallottole nel cruscotto. Facciamo finta di rammaricarci e gli promettiamo che la prossima volta lo chiameremo prima.
Sul volo per Ushuaia molti di noi hanno avuto assegnato lo stesso identico posto del volo da Buenos Aires. Sembra una incredibile coincidenza.
L’aeroporto di Ushuaia si chiama Macuinas. Ci attende Susanna con il bus. Susanna è tarchiatella e parla bene l’italiano. Ci attende con il cartello “GUCCIONE” che poi sarebbe il cognome di Armando che ora si sente il capo. Ma Valeria non consentirà mai questo colpo di stato.
L’autista del pullman ha le maniche corte. L’hotel è lindo e carino. Sono tanti appartamentini distribuiti in palazzine a due piani. Alcuni hanno il giardinetto. Il nome dell’albergo è Hostal del Bosque.
Si cena in albergo : zuppa di zucca, pesce al cartoccio e dolce di Calafate. Pippo racconta qualche barzelletta in catanese. Giovanni replica con una delle sue. Siamo alla fine del mondo, ma le nostre origini reclamano un ruolo anche qui.
Si esce ad esplorare il villaggio della fine del mondo. La strada principale somiglia a quella di Puerto Madrin. Anzi è uguale a tante strade principali di tante parti del mondo più vicine a noi. Negozi, banche, bar , internet point e turisti imbacuccati. La fine del mondo è vicina.