sabato 31 marzo 2012

Palermo, dove per mangiare si paga poco (3)

3. Trattoria Trapani -piazza Giulio Cesare 16

Percorrete controsenso via Roma fino alla Stazione Centrale, invece di prendere il treno rivolgete il vostro sguardo a sinistra: Albergo Elena. Al piano terra di questo edificio,al numero civico 16 trovate la trattoria Trapani di Francesco Scaccia.

Entrando dalla piccola porticina in legno con tre vetrate ornate da rustiche tendine, vi sembrerà di essere finiti nella mensa dell'oratorio di S. Gennaro al Vomero. Due sale ampie con un arredamento essenziale, 50 posti a sedere in 11 tavoli distanti l'uno dall'altro, in modo da garantire la privacy dei commensali.
Appena seduti, ritornerete agli anni della vostra infanzia: ricordate le sedie della scuola elementare? Ecco, uguali.


E sui tavoli, il menù plastificato a difesa degli schizzi oleosi.
Vi consigliamo di iniziare con l'antipasto della casa, ricco e variegato: salame, formaggi, carciofini, funghetti e acciughe. Se risultate simpatici vi offriranno aggratis anche un piatto di panelle.
Tra i primi pasta alla bolognese, al pomodoro, con gamberi, con le vongole, alla boscaiola,al nero di seppia, con broccoli arriminati e la ospedaliera pastina in brodo.

Francesco tiene a sottolineare che la pasta è cucinata al momento. Ma prima di esultare per la bella notizia sappiate che sarete tutti costretti a mangiare, anche se con diversi condimenti, lo stesso tipo di pasta. Francesco fa una sola calata per ogni tavolo. Il più toco di voi (il capobranco) sceglierà per tutti. Poco importa se sarete costretti a mangiare linguine alla norma (?!).

Tra i secondi, fettine ai ferri, arrosto panato o alla palermitana (ossia panato con limone, aglio, spezie varie), filetto di pollo, involtini, agnello ai ferri, carne alla pizzaiola.
Tra i secondi di pesce, orata, sarago o pesce spada allagriglia , calamari fritti.


Da bere, oltre alla birra Kronenburg e soft drink (cocacola e aranciata), il menù vi propone la scelta tra vino sfuso rosso o bianco della cantina... Settesoli. Se scegli il bianco, non c'è problema. Ma se scegli il rosso e lo vuoi proprio rosso, azzicchi (perdi, rimani deluso). Qui si serve solo vino rosato.

Riguardo al dolce, al terzo tentativo abbiamo scoperto che il dessert, in questo tipo di locali, è cosa molto rara. La frutta fresca, invece, c'è.

Il prezzo di un pasto completo oscilla tra i 12 e i 18 euro, in contanti.

La famiglia Scaccia ha preso in gestione la trattoria nel 1965 mantenendo il nome datogli dal precedente oste ( finalmente uso questa parola). La conduzione è familiare , in cucina lavorano il fratello, la mamma e la nipote.
Il segreto del suo successo, afferma con orgoglio Francesco, è tutto nel suo motto: "poche ma spesso". Fare la spesa solo per il fabbisogno giornaliero. Questo significa che vi conviene arrivarci presto, altrimenti gli altri si fottono la spesa.

Il locale ha una clientela fissa autoctona, ma potrete incontrare spesso anche numerosi turisti, vista la vicinanza con la stazione. E Francesco esprime la sua soddisfazione tutta concentrata nella frase "Ai spic inglisc veri uell". Tra i personaggi famosi che hanno frequentato il locale, il grande Walter Chiari.

Il locale è aperto dal lunedì al sabato a pranzo dalle 12 alle 15, a cena dal lunedì al venerdì dalle 19 alle 21,30. Giorno di chiusura domenica.

tel 091 61 61 642

Pippo Vinci, Laura Picone, Alberto Pioppo

mercoledì 28 marzo 2012

quattro giorni al gelo a Mosca (5)

la Moscova surgelata

il controreportage di Molcin



Se tutte le volte che senti al telefono un tuo amico gli dici “vienimi a trovare, mi raccomando!”, poi non puoi prendertela con nessuno.

Se poi precisi con tono furbetto “ma vieni d'inverno, se no che gusto c'é?”, allora sei proprio un cretino perverso. E pericoloso.
Perfetto: unico colpevole di omicidio meteorologico premeditato.E quando lo vai a prendere all'aeroporto con la faccia da mamma ansiosa, gli fai subito un esame dettagliato al primo sguardo. Desolante. Giacchetta rossa che non andrebbe bene nemmeno a Piano Battaglia d'autunno, cappellino da jogging al Foro Italico, scarpe da assideramento sicuro e guanti da passeggio. Ma almeno ti confortano le misure: normali, trovare una cassa per il rimpatrio non dovrebbe essere difficile.
Lo realizzi una mattina di febbraio quando arriva a sorpresa la telefonata fatale: “Sono al consolato russo di Mondello, ho preso il visto. Arrivo tra tre giorni”. Mondello? Basta la parola e il caro vecchio fruscio della linea eternamente disturbata, diventa rumore di spiaggia affollata, ragazze in coda al baretto, coltelli che affettano polpo bollito da Calogero. Non sei proprio sicuro ma ti sembra anche di sentire una voce che grida “Cocco bello!”


Guardi il termometro di casa e hai la conferma delle tue preoccupazioni: meno 28, e c'è pure il sole. Ti ricomponi e annunci serissimo a tua moglie: “Questo ci muore qua. Ma come facciamo a rimandare la salma a Palermo?”. Lei ci pensa, ma non lo sa. Nessuno aveva mai azzardato una visita di questi tempi. E poi, come fanno tutte le mogli del mondo, a qualsiasi temperatura, attacca: “Sei tu che lo hai convinto a venire, poverino”.

E allora lo richiami e gli dai consigli: un collare al posto della sciarpa, un cappello vero, un piumino super... Ma mentre parli ti senti come certi insegnanti di applicazione tecnica o certi supplenti a “tre giorni”. Parli da solo e senti pure l'eco. Del resto l'amico in questione fa parte della categoria peggiore. E anche lui uno di “quelli che abbiamo viaggiato”. Li conosco, siamo tutti uguali, un po' Tex Willer, un po' Amundsen: “Noi che siamo stati qua, che abbiamo visto quelle cose lì, che ce la siamo cavata perfino quella volta in quel posto assurdo... figurati se abbiamo bisogno di consigli”.


Ormai certo che potrebbe essere il vostro ultimo incontro, lo accogli con affetto e cerchi almeno di appurare quelle cose che rischi di non sapere mai più. “Ma è vero che quella volta a scuola hai fatto la spia con il professore di Matematica?”, oppure “Mi dici finalmente perché mi hai dato buca quella mattina del 18 ottobre del 1974?”



Non che ti interessi davvero ma è tanto per recuperare qualcosa. Quando sarà un blocco di ghiaccio senza vita, potrebbe rimanerti la curiosità.
Ma “quelli che abbiamo viaggiato”, hanno mille risorse. E la faccia come il culo. Quando dopo i confortevoli tunnel dell'aeroporto, le cabine del treno, i vagoni riscaldati della metropolitana, ci tocca uscire all'aria aperta, non fa una piega. Un po' per orgoglio, un po' per sopraggiunta rigidità. Ti commuovi, sei fiero di lui. Almeno, tutto finirà con grande dignità.


Certo, cammina rasente i muri, evita con nonchalance gli spazi più aperti. E tu scopri un inconfessabile piacere sadico nell'avvertirlo: “Attento. Dai tetti potrebbe caderti in testa anche una mezza tonnellata di ghiaccio”. E, forse a causa dell'ansia e del senso di colpa, la natura umana dà il peggio di sé. Lo guardi mentre si intirizzisce sempre più mentre viene al vento gelido del centro della strada, e gli butti lì con la voce da John Wayne: “Sai, la temperatura è un po' salita di recente. Fa quasi caldo”. Lui regge il gioco, applica la vecchia formula del non dare soddisfazione. Tu godi. Ecchecavolo, se devi passare per assassino, almeno ti diverti un po'!


A casa, comunque ci arrivate. Lui continua a fingere di star bene ma ha preso un colore strano. Andrebbe messo qualche minuto nel microonde. Ma è difficile, bisognerebbe tagliarlo a pezzetti. Tua moglie gli fa mille feste. Il colpevole, è evidente sei tu, ma lei è veramente contenta di vederlo. E si scatena a sua volta nella lista dei consigli. Lui non ascolta ma questa volta non è questione di orgoglio, ha proprio i neuroni congelati. Mai visto così rimbambito, nemmeno davanti a una versione di latino!... continua



Molcin



domenica 25 marzo 2012

Palermo, dove per mangiare si paga poco (2)


2. Tiracasciuni, via Colonna Rotta 5

Percorrete via Colonna Rotta verso piazza Indipendenza, superate la famosa pasticceria Cappello (quella della sette veli), dopo pochi passi sulla destra trovate una voragine. Qui, fin dal 1980, c'era la trattoria Tiracasciuni Ma non vi scoraggiate, proseguite e al numero civico 5 troverete il nuovo locale.

Tre anni fa, infatti, Maurizio Virzì ha dovuto trasferire l'attività che il padre Giovanni gestito con successo per 30 anni. Giovanni decise di dare questo nome al suo locale perchè proprio lui, intraprendente giovanotto, era il Tiracasciuni: trasportava un carretto con varie mercanzie tra cui anche il carbone.

Nei due piccoli ambienti ci sono 12 tavoli e una cinquantina di posti. Le tovaglie a quadretti bianchi e blu, anche se di carta, richiamano le tradizionali tovaglie dell'antica taverna. L'ambiente è caldo e accogliente,quasi familiare. Alle pareti Maurizio ha collocato tutti gli oggetti e i ricordi che hanno fatto la storia del tiracasciuni:
foto in bianco e nero, antichi utensili da cucina, quadri, botti in legno e tipici oggetti da taverna.

Re della cucina è Giovanni Virzì, che ha iniziato la sua carriera vendendo pane ca meusa proprio sul marciapiede in via Colonna Rotta . Mamma Concetta, depositaria della tradizionale saggezza culinaria della famiglia, viene spesso ad aiutare i figli.

La trattoria offre due tipi di menù: uno alla carta che vi mostreranno, soprattutto se non siete palermitani, e l'altro, più tipico, che Maurizio vi proporrà a voce.
Come antipasto della casa un ricco piatto con acciughe, olive, caponata, frittatine di ogni tipo, involtini di melanzana. Tra i primi linguine allo scoglio, pasta alla norma,pasta alla carbonara.
Come secondi involtini di pesce,involtini di carne, polpette.

Ma se il menù ancora non vi soddisfa, chiedete a Maurizio. E' in grado di offrirvi la pasta con le sarde e finocchietto selvatico, pasta con la glassa o con i broccoli arriminati e, ovviamente, la squisita pasta Tiracasciuni con sugo di salsiccia e melanzane. Tra i secondi il bollito, lo spezzatino e la specialità della casa : la frittura di pesce con gamberetti, calamari e cappuccetti.
Oltre al vino della casa, bianco o rosso, il locale vi offre un'ampia scelta di vini di qualità. Ma noi preferiamo sempre quello da taverna, voi fate come volete. Giunti al dolce, Maurizio vi consiglierà di uscire dal locale, fare 50 metri e rivolgervi alla famosa pasticceria Cappello.


Per un pasto completo non spenderete più di 13-15 euro, solo in contanti.
Il locale è frequentato da ogni tipo di clientela, e tra questi Maurizio ricorda Totò Cuffaro, Toti e Totino, Nino Martinez, e il primo palermitano ad essere entrato al GF.


La trattoria è aperta tutti i giorni ( inclusa la domenica) a pranzo dalle 12 alle 15 e il sabato anche a cena dalle 19 alle 23.

Telefono: 091 25 30 332
cellulare : 327 289 97 42



vai all'elenco delle trattorie recensite



Giovanni, nella sua storica trattoria


Pippo Vinci, Laura Picone, Alberto Pioppo

sabato 24 marzo 2012

quattro giorni al gelo di mosca (4)


5- la verità
nel lontano 1984, e per la verità anche prima, il giornale più venduto a Mosca, in tutta la Russia e in tutta la URSS, era la PRAVDA che , tadotto in italiano, vuol dire Verità (?!?!?!). Molcin, a questo punto, mi racconta che recentemente Sergiej Shemuk , un minatore di una sperduta provincia russa, ha battuto il leggendario record di persistenza e produttività al lavoro di Stachanov da cui deriva il termine stakanovista. Che si attribuisce a tutti quei lavoratori che, indefessamente, stanno al lavoro (duro lavoro) ben oltre il tempo loro richiesto. In effetti Stachanov non fece il record di persistenza al lavoro, ma di produttività, estraendo in poco più di 5 ore ben 102 tonnellate di carbone. Shemuk nel 2010 ne ha estratte 170 nello stesso tempo.
Da cui il termine Shemukista , che suona un po' male.

Il giornalista della Pravda che ai tempi scrisse il pezzo su Stachanov, fece un errore attribuendo a Stachanov un nome diverso da quello giusto (Aleksander invece di Aleksej... o viceversa). Ma la Pravda è la verità e non può sbagliare e quindi Stalin diede ordine di cambiare i documenti di Stachanov e di tutta la sua famiglia - leggi l'articolo di Nicola Lombardozzi su la Repubblica -

Molcin mi dice che la Pravda non si vede più in giro; è solo un piccolo giornale di partito. Ed ecco perchè la foto che vedete in alto a sinistra, e che ho scattato sul metrò, è una foto rara e futuramente storica

6 - paese che vai usanze che ... copi
Partendo dalla provinciale Italia pensavo di raggiungere un posto (la Russia) più evoluto almeno dal punto di vista del livello culturale dei suoi abitanti. In effetti Mosca è piena di teatri. Ci sono teatri ovunque anche in periferia. E c'è pure un quotidiano (mi informano Molcin e mrs Quillery) che parla solo di cultura. Ed è vendutissimo. Altro che Pravda!
Bene, tutto convinto di ciò, vengo condotto sul ponte dell'amore. Sul ponte dell'amore? E qui la delusione è cocente e disarmente. Il ponte dell'amore è un ponte sulla Moscova pieno di alberelli di ferro stracolmi di..catenacci dell'amore di Moccia! No, Moccia no! Qui, in effetti, manco sanno chi è Moccia , ma hanno preso questa becera usanza importandola acriticamente da qualche becera città occidentale.

7 - la pasta a Mosca
Dopo la delusione del ponte di catenacci ci facciamo la solita passeggiata al gelo fino a che uno dei tre (io per la precisione) non decide che c'è troppo freddo. Imploro i miei due ospiti di portarmi al riparo per bere un tè o un caffè o, comunque, una cosa liquida e caldissma. Anche acqua del radiatore di una Lada appena spenta.
Sono le 5 del pomeriggio, il gelo è totale (tipo the day after tomorrow) ed entriamo in un elegante caffè. Il camerire appena realizza che siamo italiani ci dice che è pronta dell'ottima pasta asciutta. Alle 5 del pomeriggio? No grazie, noi vogliamo un caffè, magari con un dolcetto

8 - grande, molto grande
tornando a casa passiamo davanti al teatro più famoso del mondo : il Bolscioj. Molcin mi dice che Bolscioj vuol dire grande , anzi massimo. Quindi teatro Bolscioj vuol dire teatro massimo come quello di Palermo. Ma bolscioi si usa pure per dire grazie mille: spassiba bolscioj e anche nel termine Bolscevico c'è la radice bolscioi. Bolscevichi, infatti, vuol dir più o meno quelli della maggioranza.

9- a casa di Molcin
Molcin e mrs Quillery stanno in una bella casa di una bella zona di Mosca , quella della Arbat. A me tocca dormire in un largo (bolscioj) divano letto di solida fattura sovietica. E' comodo e resistente. Ma durante la penultima notte collassa (crolla) dalla parte del capezzale portandosi sul pavimento anche la mia testa. Nulla di grave, ma la sera successiva abbiamo dovuto procedere al tentativo di aggiustarlo. Se no sarei stato costretto a dormire in un divano più bolscioj e più comodo. In un stanza molto bolscioj!
Io e Molcin, in caldi abiti da notte, subito dopo la partita del Napoli che ha umiliato il Chelsea, abbiamo cominciato a manipolare il divano sovietico. Che essendo sovietico era pesante, austero e inaggiustabile se non da validi e geniali ingegneri sovietici stakanovisti. Quelli che hanno costruito la Vostok I di Yuri Gagarin. Infatti siamo stati due o tre ore solo per capire il geniale meccanismo che doveva impedire il crollo del mobile. E dopo avere buttato sangue e fiumi di sudore ci siamo arresi, certi che il solo modo di aggiustarlo era quello , prima, di distruggerlo. Molcin mi vuole chiedere i danni....Io lo stesso a lui, simulando un forte dolore alla tempia sinistra dovuta alla zuccata sul pavimento di marmo della Siberia. Ci accordiamo per un pareggio a reti inviolate e mi vado a coricare nel ben più comodo divano del salotto!

10 - si torna in patria
..con la promessa di tornare quando farà più caldo. Molcin mi dice che della Russia non ho capito niente solo solo perchè non incontrato un solo russo. E me ne andavo proprio il giorno in cui era stata organizzata una cena con suoi amici e collaboratori russi. Peccato, mi sarebbe piaciuto incontrarli, ma avrei capito di più? Sarei risuscito in una cena a cogliere lo spirito russo? O avrei piuttosto condizionato la loro russezza con la mia siciliezza!

pippo vinci

nella prossima puntata (l'ultima) il controreportage di Molcin. Da non perdere!

mercoledì 21 marzo 2012

Palermo,dove per mangiare si paga poco

(aggiornata al 26 novembre 2013)
Ecco l'elenco delle trattorie palermitane visitate e recensite per voi dagli inviati della Trazzera. Sono osterie tradizionali, purtroppo in via di estinzione, accomunate dall'ambiente (accogliente e familiare) e dalla pasta alla glassa (o grassa) che non manca mai nel menu. Fino a 10-15 anni fa, di questo tipo di trattorie Palermo era piena.


C'era Totò Coca Cola (alla Fiera) , Musso pittato (a Villa Trabia) , I Cocchieri (alla Magione) , Trattoria degli Artisti o il lottatore (via Ariosto), Pink and Black (arco di Cutò) Qualcuna è sopravvissuta alla crisi rinnovandosi, qualcun'altra è fallita proprio per il tentativo di rinnovarsi.Una , da noi recensita, ha chiuso i battenti da poco (fangò)

Insomma ora ne sono rimaste veramente poche e qualcuna l'abbiamo scovata. Cliccate sull'immagine e leggete il racconto dei nostri inviati.




L'ORSACCHIOTTO









DA DON CICCIO SI MANGIA BENE








TIRACASCIUNI







FANGO'  (CHIUSA DLL'OTTOBRE 2012)








TRATTORIA TRAPANI







AL VERO MARE








DA PINO (piscia e trema)







IL RISTORO DEL FANTE (nni Sciupè)







  TRIMULINA







    IL BERSAGLIERE








          
OSTERIA LO BIANCO








OSTERIA CUTO'S







http://latrazzera.blogspot.it/2013/11/palermo-dove-per-mangiare-paga-poco-13.html
PEPPINO ALLA GUADAGNA






lunedì 19 marzo 2012

quasi amici: quasi una offesa ai disabili "normali"

Un film ruffiano e offensivo che piace agli spettatori perchè li solleva dal senso di colpa verso i disabili. Ecco, in sintesi, il mio giudizio su questo film evento che sta spopolando ai botteghini di mezza Europa.

La disabilità è una tragica e drammatica evenianza e farci sopra una commedia da ridere è difficilissimo e rischioso.
Diciamo in breve quali sono gli elementi di questo film:
1 un disabile totale, ma ricco sfondato
2 un badante bello, muscoloso, alternativo, duro, simpaticissimo, intelligente, convincente, non convenzionale e che sa tutto (proprio tutto) della vita.

Bastano questi due elementi per dire che il film è una favola lontana anni luce dalla realtà. Ed anche se lo stesso film è tratto da una storia vera (così dicono) anche questa storia vera è anch'essa lontana anni luce dal 99,99% delle vite reali di disabili veri.

Altro elemento sono le numerose battute sui disabili contenute nel film e che fanno ridere la platea che anche in questi momenti si libera del proprio senso di colpa e di giusto rispetto verso queste sfortunate persone. Es “sai dove lo trovi un tetraplegico?... Lì dove lo hai lasciato!” Immaginate se battute di questo tipo venissero fatte in un salotto od in pubblico, magari proprio in presenza di un disabile. Il gelo calerebbe sul salotto. E sono certo che nessuno si permetterebbe di ridere. Giustamente.

Insomma non credo che il film dia l'immagine del dramma della disabilità, anzi quasi quasi lo nasconde facendo un brutto servizio a tutti coloro che di disabilità soffrono ogni giorno e parlo dei disabili e di chi sta loro attorno e li accudisce ogni ora del giorno ed ogni ora della notte.

Direi che questo film fa il paio con il film “la vita è bella” di Benigni, film che nascondeva dietro un irreale gioco per bambini la realtà di un'altra immane tragedia che ha colpito il genere umano: la Shoah
Insomma il successo del film è proprio qui: la liberazione collettiva dal senso di colpa!

Tutti di fronte al dramma del disabile ci troviamo imbarazzati , incapaci dei dare aiuto e, se lo diamo, ci sentiamo profondamente frustrati dal fatto che il nostro aiuto serva a poco e che non potrà mai lenire adeguatamente la sofferenza. Ed ecco che questo film ti dice invece: ma dai, non è poi così grave la disabilità se sei un miliardario e se per badante hai un aitante e simpatico attore di Hollywood!
Pietro Limina

giovedì 15 marzo 2012

Palermo, dove per mangiare si paga poco (1)


1. Da Francò (o Fangò)- via Enna 8, Palermo
(il locale ha chiuso i battenti nell'anno 2014)

La bettola di Franco Scalavino è aperta dal 1970 e state certi che, da quella data, non ha subito alcuna modifica. Il quartiere è di quelli buoni (siamo nella zona di via Catania alta ) ed è questo uno dei motivi per cui una locanda di questo tipo viene poco frequentata. "Na vota ci vinianu l'operai ca facianu i mastri pi chiddi ricchi ora cu sta crisi un travagghia cchiù nuddu, l'operai sparieru..e un travagghiu mancu ìu!" * (vedi traduzione in fondo al post)

Arrivati in via Enna 8 non vi accorgerete di essere davanti alla bettola. Niente insegna, due botti posteggiate sul marciapiede, una saracinesca chiusa per 1/4 e tante casse di birra che ostacolano l'ingresso.

Dentro, in un unico ambiente, 4 tavoli con panche di legno, coperti da cerate a fiori dai colori sbiaditi. Attorno a voi c'è... di tutto: bottiglie vuote, televisore vintage, radio anni ' 60, ancora casse di birra sparse ovunque, statue di santi e beati, stampe retrò, caricature con fumetto, mensole con boccali ca fannu scena ed una gigantesca riproduzione di una banconota da 100 mila lire appesa alla parete, un frigorifero Indesit proprio all'entrata, che custodisce gli ingredienti deperibili. Tutto appare..... sbiadito e grigio. Uno spettacolo da non perdere. C'è persino un vassoio con uova sode e sale, pret a porter.

Se deciderete di restare, sedetevi al tavolo e Franco vi elencherà i piatti del giorno: non estiste un menù alla carta, tutto dipende da come si è svegliato Franco. Se si è svegliato bene potrete gustare, tra i primi, la classica carrettiera, la bolognese rossa o in bianco, la pasta con la glassa (con o senza carne) , con i broccoli arriminati, con pic pac o una semplice sugheppiselli. A volte pure con vongole e salsa. Se siete fortunati la pasta sarà al dente, ma se è un po' tardino, niente timore , alla vostra richiesta Franco cucinerà gli spaghetti freschi freschi per voi. Basta pazientare un po'.

Nell'attesa potete spizziculiare acciughe ed olive. Tra i secondi polpette con piselli, bollito, spezzatino, sasizza al sugo, fegato, arrosto panato, cacòccioli (carciofi) in umido o alla viddanedda. Ma attenzione, se avete delle preferenze avvisate Franco il giorno prima. E per avvisarlo dovete proprio andarci, il giorno prima , perchè da Francò non c'è telefono (fisso o mobile che sia). Il venerdì, ovviamente, pesce : Franco arroste (arrostisce) sgombro, pesce palumbo. Poi baccalà e merluzzo, Tonno ocn cipolle, vugghioli fritti
Se siete molto, ma molto fortunati, potrete anche gustare quelle che lo stesso Franco ritiene essere le sue specialità: polpettone(di carne) e polpette di sarde. Il tutto accompagnato da vino da taverna della cantina Abbate, Birra Forst o Bavaria, acqua, coca cola.

Mentre Franco cucina (e lo potete pure vedere nella piccola cucina ... aperta al pubblico) , potrete conversare con un personaggio che sicuramente troverete seduto ad un tavolo mentre beve e fuma sigarette ca' si fa' iddu stissu. E' una fonte inesauribile di informazioni, racconti e sentenze sulle trattorie palermitane, ma non solo. Interrogatelo su tutto, risponderà su tutto con acume e linguaggio forbito. (di spalle nella foto 2)

Alla fine del pranzo, se non sarete pienamente soddisfatti per la qualità, lo sarete sicuramente per il prezzo. Che non supera i 8 -1 2 euro per un pasto completo.

Tra i personaggi che hanno frequentato il locale Franco ricorda con orgoglio Toti e Totino, Gigi Burruano e Tony Sperandeo.

Il locale è aperto tutti i giorni , tranne la domenica, dalle ... 10 alle 16. E potete recarvi lì anche soltanto per farvi un bicchierino. Una volta qui era il regno del tocco di birra. E Franco lo ricorda con le lacrime agli occhi. Lui era un campione!
Insomma, andare da Fangò non è solo iri a manciari, ma un' emozionante esperienza .... unica!

*******

*Una volta venivano gli operai che facevano i muratori per i ricchi, ora con questa crisi non lavora più nessuno, gli operai sono spariti e non lavoro neppure io

Pippo Vinci, Laura Picone, Alberto Pioppo


domenica 11 marzo 2012

2002: la prima volta a Cuba (5)




Venerdì 4 gennaio 2002 – quinto giorno



Giuseppe di Catania



Di mattina io e Nadia andiamo a fare colazione (o almeno tentiamo). Percorriamo tutta la Avenida 23 e incontriamo 2 o 3 Cafeterias dove dovrebbero fare il cafè. E invece no! Sorpresa! Nelle Cafeterias vendono birra.Finiamo per sederci in un locanda all’aperto del tipo “fresa y chocolate”22 con arredamento standard in plastica. Chiediamo un cafè e loro ci invitano ad accomodarci. Quindi il barman scappa. E torna dopo venti minuti con lo zucchero. Nadia si domanda come mai nel regno della canna da zucchero questi non hanno lo zucchero. Comunque il cafè è schifoso e caro (1 dollaro)

........Continuiamo la passeggiata finché non compriamo una cartina di Cuba. Decidiamo di andare al centro storico protetto dall’UNESCO, ma nessuno ce lo vuole indicare . Dicono che è troppo lontano. Ma a loro cosa gliene fotte? Alla fine incontriamo una coppietta (lui 24 lei 30 anni). Fanno la scena dei cubani buoni , onesti, disinteressati, ma pieni di problemi e vittime del regime. In effetti sono due furfanti. Ci raccontano infatti che hanno due figli, sentono freddo e vendono sigari oltre ad affittare camere.

........Giunti al centro della città vecchia, visto che noi non molliamo un solo centesimo i due spariscono dalla circolazione lasciandoci nella merda. Infatti non sappiamo dove siamo. Gira e rigira incontriamo una specie di drogheria che però non vende niente. E’ solo fetida. Una signora ci spiega che lì distribuiscono i beni di prima necessità gratuitamente. Basta mostrare una tessera (tipo 2^ Guerra mondiale) che il governo fornisce a tutte le famiglie. E tra i beni di prima necessità c’è anche il sigaro.

......Cazziando, cazziando arriviamo così all’Hotel Florida (nella foto,l'atrio dell'albergo). Al bar prendiamo una waiawa e dell’acqua. Continuiamo il giro. Cerchiamo la piazza con il pavimento di legno . La troviamo. Il legno sembra di pietra. Invece è proprio legno, pietrificato, ma legno.Sulla piazza c’è anche un mercatino del libro. Pieno di libri sulla rivoluzione. Lì vicino c’è la splendida cattedrale. Entriamo. Sull’altare sventola la bandiera di Cuba!

.......Sulla piazza antistante si aggira una pazza che somiglia a quella che a Palermo corre sempre*. Ci ferma e ci racconta un sacco di palle. Alla fine ci chiede se le possiamo mandare dall’Italia la videocassetta di Pinocchio. Arrivano Pino e Jolaise. Ci sediamo su selciato.Pippo entra in un museo di arredi coloniali che sta proprio in questa piazza. E’ senza scarpe e le guardiane (una per stanza) lo guardano con stupore. Una non si stupisce affatto e gli vuole vendere sigari.

......Per mangiare andiamo al buffet del museo antropologico dove mangiamo sandwiches e cerveza Li vicino ci sono statue nude di aborigeni accucciati e Pino decide di farsi fare una foto con loro. Si torna a casa a riposare . Io e Nadia però approfittiamo del momento di pausa per andare dal barbiere. Si,vogliamo vedere qui com’è. Ed è unisex. Fanno di tutto a tutti senza nessuna discriminazione. Io mi faccio tagliare i capelli Nadia si fa fare lo shampoo e il colore (e qui se lo fa fare!).
Comunque il salone è veramente un salone. Cioè enorme con tanti peli per terra. Gli specchi sono rotti, le sedie sfondate e attaccate con scotch e spago. In più non usano acqua calda. Insomma una esperienza tremenda. E poi ci sono un sacco di vagabondi che stanno li a chiacchierare. Un maricon23 fa amicizia con Nadia e le indica una discoteca dove però Lui (dice) non può entrare in quanto maricon E’ uno degli effetti del regime. Allora Nadia si chiede cosa c’entri il culo con il sistema?

Io intervengo nella colta discussione e gli chiedo come mai parli l’italiano. Mi dice che qui tutte le troie parlano italiano. Non insisto.Per la cena, Mercedes ci cucinerà delle aragoste a prezzo di favore. Cioè più care che altrove. Torniamo a casa dove aspettiamo la visita dei baci perugina con le fidanzate locali. Pippo e Nadia sistemano la casa per accogliere le due “cognate“. Infatti ci sentiamo tutti appartenenti ad una stessa famiglia. Passeremo la serata con i parenti

Ma i due umbri vengono da soli. Perché mai?Si comincia a credere che in effetti siano anche loro dei maricones. Peppone è felice di vederci. E’ come se si volesse liberare di un incubo. Forse è la vittima Sandro (alias Prondo). Poi, non si sa perché, vanno via. A cena da Mercedes siamo quindi in 4 e non in sei. Ma ormai il conto è fatto e pagato per 6 e abbiamo aragoste in abbondanza. Decidiamo quindi invitare Giuseppe. E’ un catanese orbo24 venuto qui ad operarsi. Con lui la fidanzata cubana Vittoria, bella e colta. Ma oggi ci sentiamo generosi e intercontinentali e così offriamo l’aragosta pure a Tamomi, una studentessa giapponese. Nonostante questi generosi sforzi le aragoste sono comunque più del necessario e Pippo se ne mangia 2.
Poi, per smaltire la carica afrodisiaca ingerita, si metta suonare il piano. A questo punto Mercedes tira fuori un figlio che decide di scassarci la minchia suonando il piano. Conosce solo due accordi di imagine dei Beatles e li ripete all’infinito.Pippo allora lo spinge fuori dal seggiolino e stupisce tutti intonando Guantanamera25. E’ un’operazione rischiosissima: suonare la canzone simbolo di Cuba , a Cuba davanti ai Cubani. Ma il rischio va corso se no il piccolo di Mercedes ci avrebbe cacato la minchia per tutta la serata. Pippo riscuote un successo inatteso anche perché è l’unico a conoscere le parole della canzone.

Ora si decide di andare in discoteca . Si, ma quale?. All’Havana ce ne sono decine e decine . Oggi però sono tutte chiuse. Giuseppe si sente il capo della comitiva e non vuole ordini dal tacsista che, molto gentilmente, ci voleva condurre nell’unica discoteca aperta.useppe gli risponde che a quella discoteca ci andasse lui con sua sorella. Decidiamo che non è cosa. Allora torniamo all’Havana vecchia e ci infiliamo in un bar. Ma prima di ciò Giuseppe rischia di finire sotto una macchine. Infatti non ci vede e la sua compagna lo ha abbandonato per un po’ dimenticandoselo sul marciapiede. Ma tutto finisce bene e in armonia.
23 - maricon = omosessuale
24 - orbo = cieco, non vedente
25 - guantanamera = titolo della più famosa canzone di Cuba. E' dedicata ad una ragazza di Guantanamo, guantanamera, appunto

mercoledì 7 marzo 2012

quattro giorni al gelo di Mosca (3)




4- è l'ora di mangiare



Uno dei momenti più belli di tutti i viaggi è quello riservato al cibo, ai ristoranti, ai bar e così via.
Ed ecco che Molcin e mrs Quillery decidono di dedicare gran parte delle loro energie ospitali per soddisfare questa aspettativa dell'amico turista.



In effetti loro non sanno che il loro amico turista e (aggiungo) ospite, ama si il cibo straniero ma lo ama sopratutto se consumato nei locali di infima fama, popolari, malsani e ad elevatissimo rapporto quantità/prezzo. La qualità non è un parametro interessante



Essendo Molcin un vecchio e carissimo amico, ho subito deciso di rendergli note le mie esigenze, nella certezza che le assecondasse e le condividesse. Manco per sogno! Per motivi che mi sfuggono Lui mi ha subito umiliato dicendo che a Mosca questo schifo di locali non esistono. E se avevo questa intenzione potevo benissimo starmene a casa e mangiare a Ballarò.


Io allora gli hp risposto, che era lui in torto perchè nei romanzi di Dostojevsky questi locali ci sono e che sono molto frequentati dai personaggi dei suoi romanzi. E lui (Molcin) a ribattere che quello che ho letto si riferiva a San Pietroburgo e che comunque erano fatti di quasi 2 secoli fa. E che il treno per Pietroburgo partiva a pochi passi da casa sua. Se volevo.....


4 a - Ristorante georgiano
Cominciamo subito con il più originale. I ristoranti georgiani all'apparenza sembrano baggianissimi. Si entra e ci sitrova a 35 – 40 gradi, ma in una specie di enorme palcoscenico dove sono riprodotti ambienti esterni georgiani. Cortili, porticcioli, piazze con balconi e viuzze. Mentre si mangia (seduti ad un tavolo su un balcone finto che dà su una piazza finta) arrivano 4 anziani tracagnotti che cantano a squarciapetto 2 (proprio due) canzoni popololari georgiane. Urlano a tal punto che dopo dovranno riposare almeno mezz' ora prima di riprendere lo spettacolo. Dopo tre apparizioni non li vedemo più. Siamo molto preoccupati per loro e per le loro famiglie.
Nel frattempo i camerieri georgiani prendono le ordinazioni vestiti in coloratissimi abiti georgiani e si commuovono se un cliente chiede (ovviamente) che gli vengano servite pietanze con prodotti georgiani tipo del mar Nero. Quasi piangono e Molcin mi ricorda che tra Russia e georgia c'è una specie di guerra con conseguente embargo reciproco. Quindi niente ingredienti georgiani e niente pesci del mar Nero. Anzi si, ma solo sul menù. E questi poverini piangono ad ogni ordinazione. Ma è vita questa?



4b - Ristorante Margarita (foto 1)
Abbiamo già parlato del rione degli uomini colti che circonda gli stagni del profeta. Proprio lì c'è un delizioso ristorantino, 'interno arredato con legno caldo e rosso, che si chiama Margarita. Qui veniva a bere Bulgakov e per questo il nome ricorda il titolo del famoso romanzo del famoso scrittore. Dietro la porta, ad accogliere i clienti, un omaccione che ha come unico impegno quello di aprire la porta agli avventori prima che questi tocchino la maniglia.E ci riesce perchè sta lì con lo sguardo fisso al monitor della telecamera esterna in modo da anticipare la mossa di chi vuole entrare. Deve aprire prima lui dall'interno. Ci chiediamo: ma perchè? Forse che la maniglia esterna è pericolosa da toccare? ma allora perchè non cambiano la maniglia? L'omaccione è' sudatissimo e nervoso. E' un lavoro incomprensibile ma, riteniamo, di grande responsabilità e siamo contenti per lui e per la sua famiglia.




4c Ristorante sull'isola
Su un'isola sulla (anzi nella) Moskova c'è un ristorante super moderno dove si mangia quello che si vuole. Il ristorante ha grandi vetrate sul fiume ghiacciato e Molcin mi dice che da un momeno all'altro passerà una rompighiaccio. La rompighiaccio che vorrebbe farmi provare. Non in qualità di ghiaccio, ma di passeggero. Ma la rompighiaccio non passerà mai. Il ghiaccio è troppo spesso.Ma allora che minchia di rompighiaccio è!?
Comunque , visto il bel panorama che si gode dalla vetrina, decidiamo di avvicinarci alla vetrata e di sederci al tavolo panoramico. Non è possibile. Il tavolo panoramico è occupato. Anzi è prenotato da alcuni convegnisti. Che non arriveranno mai. In tutti i ristoranti moscoviti ci sono tavoli prenotati e vuoti. Molcin sospetta che siano tavoli scassati o con spifferi gelidi o puzzolenti e allora si inventano che sono prenotati. Che si mettono a spiegare questo o quel difetto? Manco per sogno. Basta un cartello: RISERVATO. E' una idea fantastica!




4d - a casa
Ed ecco che un giorno, dopo tanto girovagare Mosca Mosca, ci concediamo una riposante cena a casa. Ma mrs Quillery non ha intenzione di cucinare e Molcin, da buon marito, se ne fotte. Sanno di avere comunque l'asso nella manica . Crostini con salmone, burro e caviale e che caviale! Il tutto innaffiato da una bibita schifosa: il kvas.



4 e - sotto lo stradone sovietico un mondo.. sovietico
L'ultimo giorno di permanenza a Mosca i miei ospiti hanno la fiacca ed io decido di fare una passeggiatina solo soletto verso una direzione scelta a caso. Dopo pochi ettometri mi ritrovo immerso nella Mosca che conscevo, la Mosca sovietica: sovietici i palazzi, sovietici i negozi (ma dove sono finito, nel passato?) sovietici i sottovia. Questi ultimi pieni di vetrinette colme di inutili cianfrusaglie, locali bui e deserti dove (forse) si beve e si mangia nel modo sovietico che tanto ho amato. Ma non è l'ora per provare e non ho tanto tempo a disposizione. Comunque ho scopertoil bluff. Non è vero che Mosca oramai è come Parigi o Londra o New York. Ma quando mai!! Non è neanche come Bagheria! Mosca è sempre la solita affascinante megalopoli sovietica! Ma tengo per me questo pensiero, magari Molcin e mrs Quillery non se ne sono accorti e mi cacciano da casa.
4 f - Mac tutto e filo pub


Tornando a casa mi trovo nuovamente sulla ricca Arbat e mi accorgo che tutta la gente che non è per la strada è da Mac Donald. Entro, e mi ritrovo di fronte una folla gigantesca che pullula e consuma dai cappuccini alle pizze ai mac panini. E qui rivedo New York, Londra, Parigi e Bagheria. Ecco cosa si meritano i figli di Putin!
E che dire del bus blu sulla Arbat (foto 2) che è in effetti un pub dove ogni sera si esibisce un cantautore triste!

4e piatti tipici
Ma veniamo al dunque: che si mangia a Mosca? Mentre i moscoviti mangiano da Mac Donald, i turisti si dedicano alla cucina russa e solo loro oramai sanno quali siano i piatti tipici della Russia. Ossia Bleeny (tipo crespelle), Shasliky (tipo involtini ), zuppa di cavoli (tipo zuppa di cavoli), , Kvas , orribile bevanda dolciastra leggermente alcolica ricavata dalla linfa di betulla, e che non beve manco Putin e se la beve si capisce da dove viene tanta cattiveria. Io l'ho provata ed ancora a 15 giorni dall'esperimento provo dei leggeri conati di vomito al solo pensiero. Però credo di essere l'unico forestale (si, sono un forestale) ad avere bevuto una betulla! Fa schifo. Che ci fa se le bruciano?
Vietato, infine, parlare di birra russa (introvabile e disprezzata) o di vino sovietico. Viene solo dalla Georgia che è attualmente nemica della sacra Russia e così anche i turisti in russia devono adeguarsi e odiare i prodotti georgiani e bere nero d'avola Cusimano.


pippo vinci


P.S. sotto : esempio di bettola palermitana preferita dall'autore del racconto.. e della foto!





venerdì 2 marzo 2012

quattro giorni al gelo di Mosca (2)

20-24 febbraio 2012





3 - i simboli di Mosca


3a La Piazza Rossa
la prima volta che andai a Mosca (correva l'anno 1984), la Piazza Rossa mi apparve come un luogo immenso, affascinante, tenebroso, pieno di storia e di storie, anche tristi; ma storie che comunque fecero la storia.... bella no? Entrare nella Piazza Rossa era come entrare nel cuore della stessa storia. Insomma per farla breve: la Piazza Rossa , rappresentava la storia del comunismo reale.

Oggi la Piazza Rossa è ridotta a una fiera. Al centro bancarelle di souvenir , piste di pattinaggio artificiali, pennacchi e torri di cartone. Insomma manco si percepisce quanto è vasta la piazza. Anzi manco si capisce di essere in una piazza. E manco si capisce dove si trova il mausoleo di Lenin che prima la dominava sta' piazza. Ma a ben guardare il mausoleo c'è ed i poveri militi, posti a guardia del mausoleo di Lenin, hanno lo storico monumento alle spalle mentre petto e occhi sono rivolti verso i multicolorati gingilli capitalisti. Insomma a guardarla bene oggi la Piazza Rossa potrebbe essere chiamata al massimo la Piazza Rosa Shocking!



3b i magazzini GUM
E vi lascio ora immaginare cosa sono diventati i magazzini GUM. Ubicati su un lato della Piazza Rossa erano il simbolo del commercio anticapitalistico. E mentre prima poteva entrare quasi chiunque a comprare quello che c'era (si, ok, c'era poco, ma tutto sovietico, unico ed a buon mercato) oggi possono entrare (e comprare) solo i ricconi di Mosca. Possono comprare tutto quello che vogliono proveniente da ogni angolo del globo a prezzi globalizzati, cioè altissimi. Insomma o perchè (prima) c'era pititto (fame) o perchè (oggi) i prezzi sono proibitivi, ai magazzini GUM il vero popolo russo non ha mai avuto vita facile. Al piano terra c'è però lo zucchero filato e Molcin ne offre una matassa alla sua Quillery. Intanto noto pure che le inferriate dei balconi interni del Gum sono state colorate di nero. Prima erano verdi. Forse hanno pensato di evitare il rischio che maturando diventassero rosse!



3c gli stagni del patriarca (Patriarshij Prud )
Oggi ce n'è uno solo. Al centro di una vasta piazza alberata . Ma di questi tempi è ghiacciato e, nonostante i divieti, la gente vi pattina dentro numerosa e gioviale. Ai bordi della piazza dove Michail Bulgakov collocò l'inizio del suo romanzo “Il maestro e Margherita”, un quartiere destinato a ricchi e intellettuali. Tra cui il celebre regista Nikita Sergeevič Mikhalkov . Molcin ha detto! E lo dice con un po' di risentimento e di amarezza . Anche lui, infatti, voleva prendere casa lì , ma lo hanno respinto trattandolo da pezzente. Devo consolarlo. La piazza-stagno-pista è piena di luci, qualche locale e musica di sottofondo per accompagnare gli esperti pattinatori moscoviti. Che musica? Ma ovvio, musica yankee! Niente Kalinka Kalinka o Popoff o Oci Ciornie, ma uno dei simboli artistici degli States anni '50: Elvis Presley. Non c'è più spazio nel mio cuore rosso per ricevere altre coltellate!



3d i grattacieli di Stalin.
Per fortuna ci sono i grattacieli di Stalin. Quelli ci sono e sono sempre gli stessi. Belli, sovietici, imponenti e di un colore tristissimo e impossibile da replicare. E di una linea che sembra il mitico Missile giocattolo degli anni 70: il Mach X della Quercetti. Quello che si lanciava con una doppia molla e ricadeva a terra di punta , sostenuta da un paracadutino di plastica. In uno di questi grattacieli c'è la casa che il regime regalò a Yury Gagarin, primo uomo nello spazio che però costruì la sua fortuna e la sua fama immortale in spazi angusti come le cabine dei jet che collaudava, la capsula a palla Vostok 1 che lo porto in orbita e, verosimilmente, la casa omaggiatagli dal Soviet Supremo. Molcin mi informa che uno di questi grattacieli Stalin Style, doveva essere costruito dove ancora nel 1984 vidi una enorme piscina scoperta con acqua riscaldata. E doveva essere l'edificio più imponente dei nove previsti, con in cima la statua del collega-rivale Lenin, nella cui testa avrebbe dovuto essere collocato lo studio di Stalin. Non l'hanno fatto ed al suo posto oggi sorge la Chiesa del Salvatore con cupole dorate e statue bronzee di pessima fattura. Insomma altro plateale sfregio all'ideale ateo – marxista



3e i cavalli di Frisia di Kimki
Sulla strada che porta all'aeroporto di Sheremetyevo , che è la stessa che porta a San Pietroburgo (ma che comunque si chiama ancora strada per Leningrado.. thiè!), ad un certo punto, presso la cittadina di Kimki, si incontra una gigantesca scultura amaranto che riproduce i cavalli di Frisia (quelle cose a croce di S. Andrea con filo spinato che indicano un confine o una trincea in zone di guerra). Ebbene questa scultura ricorda a tutti il luogo dove l'armata nera di Hitler venne fermata. Proprio alle porte di Mosca. Se fosse oggi, significherebbe avere già preso l'aeroporto ed una grande fetta della periferia ovest di Mosca. Al passaggio davanti i cavalloni di Frisia Molcin chiede ad Andrej (autista silenzioso) di rallentare per consentire all'ospite (a me) di fare alcune foto. Ma gli scatti , più che altro, riprendono tir satolli di merci e giganteschi e costosi Suv che sfrecciano verso o dall'aeroporto internazionale fottendosene della storia . Un'altra onta al ricordo della Russia comunista baluardo contro l'avanzata e la diffusione degli ideali nazisti. Molcin mi dice pure che in queste zone gelide e desolate abitano un sacco di pendolari e che ogni mattina prima di accendere la loro auto , se hanno finito la vodka, si bevono un po' di antigelo. Quello che resta lo adoperano per il radiatore. Ma scherza.......

le foto


1. un grattacielo Stalin style
2. magazzini Gum

3. i cavalli di Frisia di Kimki

pippo vinci