sabato 6 marzo 2010

(28) Il commissario Cardascio e lo spillone insanguinato

CAPITOLO XXVIII
Piazza Vittoria
Cardascio e la dottoressa Antocci

Minchia se ha la testa dura quella!
Per una volta, almeno, non siamo solo noi a scapicollarci a destra e a manca. E’ toccato pure a Cardascio e vi confesso che la cosa mi fà piacere. Mi pare troppo male abituato il nostro commissario che si fa le sue undagini comodamente seduto al tavolino di un bar. Correre, scattare, questo ci vuole! Comunque, siamo di nuovo a Piazza Vittoria, dove ha sede, ormai dovreste saperlo, la questura. Nella fretta di muoverci mi sono scordato di dirvi che per smuoverlo dalla Caffetteria Rizzo c’è voluta una telefonata del questore in persona, la nostra dottoressa Antocci, che, come è usa fare, non ha sentito ragioni. Inutile dire che era nel mezzo di un colloquio importante con un testimone. Niente da fare, il commissario Cardascio doveva, immediatamente, venire in questura per comunicazioni che riguardavano il caso Impallomeni.
Certo che un poco incazzato c’è Cardascio. Sfido chiunque a non esserlo con un’arpia come quella. Però quello che ha saputo da Martirano l’ha in qualche maniera sollevato. Zero a zero e palla al centro! Se poi ci metteva pure le rivelazioni di Virgilio la proroga delle indagini non la si poteva negare a nessuno.

- Ma che è tutto st’ammuinio, Altavilla? Che ci fanno qua i giornalisti? La Mobile ne ha preso un altro di quelli grossi?
- Buon giorno commissario. Non si tratta della Mobile. La dottoressa ha convocato una conferenza stampa.
-E su che cosa? Ne sai niente?
-Guarda Cardascio, lo sai com’è la Antocci. Mi hanno detto che stamattina è arrivata come una furia e si è messa telefonare a questo e quello. Poi, verso, mezzogiorno, è venuta fuori la notizia della conferenza stampa. In più, tutti consegnati in questura. E ora come faccio con mia suocera che mi esce dall’ortopedico?
- Avanti, Altavilla, come se non lo sapessi che qui non si può ammucciare niente. Forza, di che si tratta?
- Guarda che non c’è niente di sicuro. Le solite voci che girano. Ma, non ti ha convocato proprio il questore? E chiedilo a lei direttamente, che stai a perdere tempo con le minchiate che si dicono in giro!
-E che cazzo Altavilla, sto fuori per cercare di sbrogliare questa matassa ingarbugliata di Impallomeni, torno e mi ritrovo sto gran casino. Dai cosa ti costa dirmelo?
- Azzo se sei insistente, Cardascio! Va bene, però, poi non rinfacciarmi di non aver fatto di tutto per evitarti questo boccone amaro. Si tratterebbe proprio del caso Impallomeni. Pare che il caso sia stato risolto e che manchi poco alla cattura dell’assassino. Se già non l’hanno preso.
- Ma che vai minchionando Altavilla? Se ci ho parlato manco mezzora fa con la Antocci proprio di Impallomeni. E poi chi cavolo l’avrebbe risolto sto caso se le indagini le sto facendo io?

La signorina Cherubini è tutta arzilla. Sente l’aria delle grandi occasioni e, pur se vestita come usa fare di solito, basta questo per farla apparire un’altra persona. Non si muove per l’anticamera, danza sulle punte. Non risponde al telefono che squilla in continuazione, canta un’aria d’operetta. Proprio un’altra persona. Ruvolo, in questi casi (pochi per la verità) la guarda incantato e maledice la sua cattiva sorte di usciere maritato. E la fascinazione Cherubini non si arresta al solo usciere ma contagia tutti. Chi la vede in questo stato di grazia ne subisce un benefico effetto, quasi un lenitivo per le pene banali che ciascuno si porta appresso alzandosi la mattina. Una persona fa eccezione, non apprezza l’aria nuova e salutare che si respira nell’anticamera del questore, ne’ si accorge della incredibile trasformazione che si è operata nella persona della sua segretaria. Ovvio che ci siete arrivati. E’ Cardascio e troppo pesante è l’incazzatura del commissario per fargli apprezzare quello che pare tutti apprezzino. Non saluta neppure, ma direttamente chiede della dottoressa Antocci e mentre la Cherubini cerca di rompere l’assedio delle chiamate in entrata sul telefono del questore per avvertire che il commissario è arrivato, Cardascio passeggia nervosamente senza guardare in faccia nessuno.

- Finalmente, Cardascio. Dunque, si è degnato di venire. Bene, mi fa piacere. Mi fa veramente piacere. Come vede qui non perdiamo tempo. Qua si lavora per la sicurezza dei cittadini. Mentre certuni, mi capisce vero? Dicevo certi funzionari di polizia se ne stanno al bar! Comunque, l’importante è il risultato e quello ce l’abbiamo Cardascio.
Il commissario non può tradire Altavilla. La Antocci ha pure la pessima fama di scoprire sempre chi spiffera quello che dovrebbe restare riservato. Quindi, non sa come reagire alla sfuriata del questore. Azzarda, Le ho già detto al telefono poco fa che stavo interrogando un testimone e che le cose che mi stava rivelando avevano un certo peso nelle indagini Impallomeni.
Mai replicare alla Antocci e Cardascio dovrebbe saperlo molto bene, però ci casca sempre. Il questore non cambia mai il copione della sua sceneggiata. Per l’intanto ti dà addosso, tanto poi si vede. Quindi, ribattere ha il solo effetto di farla convincere delle sue buone ragioni, quando, invece, in partenza, convinta non lo era affatto.
- Gli interrogatori, caro il mio Cardascio, si fanno qui in questura. E’ chiaro! E poi mentre lei continuava con le chiacchierate con i suoi compagnucci di osteria, qui, invece, si lavorava e i risultati sono arrivati. Eccome se sono arrivati. Non si sforzi più di quello che si è sforzato, commissario, perchè ormai non c’è ne è più di bisogno. Il caso è risolto e, fra poco, avremo arrestato l’assassino. Per me lei ha finito Cardascio.
- Come risolto? Ma che va dicendo? Ma quale assassino? Ma di quale delitto parla?
- Ora si esagera, è vero. Si mette in dubbio la parola di un superiore. Badi Cardascio che qui siamo ai limiti. Lo capisce vero? Ai limiti dell’insubordinazione. E per questo c’è la commissione disciplinare. Sono stata chiara?
Ora che quello che già Altavilla gli ha confusamente anticipato è venuto a galla, il nostro commissario vuole almeno provare a capire che cosa sia successo.
- Dottoressa, non metterei mai in dubbio le affermazioni di un superiore. Ci mancherebbe, vorrei solo sapere come siete giunti a quelle conclusioni. Come vede, non sollevo neppure la questione di chi e come ci sia arrivato, quando si sa che le indagini erano affidate a me.
- Ecco, ecco, sempre a questionare di formalità voi siciliani. Mai che badiate al risultato. Il caso era mio e allora? Che significa, Cardascio che il caso era suo? Me lo vuole spiegare? Significa che lasciamo andare l’assassino di quel povero ragioniere a spasso per la città? Questo vuole commissario?
- Non sia mai, dottoressa. Tuttavia, mi piacerebbe capire di che assassino stiamo parlando.
- E’ evidente. E, se lei Cardascio non si fosse ostinato a cercare dove non doveva, ci sarebbe arrivato da solo. Ma, no, cocciuto il commissario Cardascio. Era chiaro già dalla prima lettera anonima dove si doveva cercare. Lei non ha voluto. Cosa dovevamo fare? Starcene con le mani in mano senza far niente? Dire magari a quel bravo cittadino che spontaneamente si è presentato: abbia pazienza ma il commissario Cardascio pensa che questa sia la pista sbagliata. Questo dovevamo fare? Me lo dica chiaro, Cardascio!
Il nostro Commissario non ci sta capendo più niente. Ora salta fuori pure un testimone.
- E chi sarebbe mai questo cittadino che spontaneamente è venuto a testimoniare?
- Non faccia del sarcasmo, Cardascio! Mi pare di averla già avvertita. Comunque, non ci sono misteri. Qui si fa tutto alla luce del sole: il gestore dell’albergo Mozart, Quartararo.
-Ma se quando ci sono andato io, spergiurava di non conoscerlo nemmeno Impallomeni.
- Che vuole, commissario, sempre il vostro vizio dell’omertà, della paura della polizia. Poi, Quartararo ci ha riflettuto e ha deciso che non poteva tacere.
- Capisco. E l’assassino chi sarebbe?
- Il cameriere dell’albergo, un certo Marturano. Omicidio passionale da quello che risulta.
- Chi, scusi? Può ripetermi il nome.
- Che ne so, Cardascio, Marturano, Martirano, il giovane cameriere e pure amante del defunto ragioniere Impallomeni. Una squallida storia maturata in quell’ambiente di viziosi. Come volevasi domostrare Cardascio. Come volevasi dimostrare! Prenda, commissario, se la legga. Questa è la relazione di Pignatone che lei neppure si è dato la pena di guardare.

Il commissario c’è rimasto male. Si vede che davvero non se l’aspettava quest’uscita dell’Antocci. Avrà le sue ragioni per reagire in questo modo. Non ribatte perché ha capito che non ci può fare niente. Si prende la cartelletta con la relazione ed esce senza neppure salutare, anche se, questa volta, si tratta del questore. Ma di questa scortesia, a quanto pare, non dovrà rendere conto. La dottoressa Antocci neppure se ne è accorta, indaffarata com’è a prepararsi per la conferenza stampa.

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è puramente casuale...

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