Talvolta ti inseguo
Luminoso e caldo tramonto di Isola
Conquisto, stanco, il contatto!
Ma è solo vetro, lucido,
Trasparente,
Pure lucente:
Mi specchio lo stesso in te
E con lo sguardo...
Ti accompagno oltre
Per cogliere subito l'alba
di ninni picone
tutte le poesie di ninni picone
lunedì 31 dicembre 2012
lunedì 24 dicembre 2012
a tavula è trazzera
‘A tavula è trazzera, amicu caru,
cantava l’orbu sutta ‘n ped’i ficu,
si poi ti voli beni ‘u tavirnaru
la fama è fatta cùrcati ti dicu.
Pi tia c’è sempri postu e, paru paru,
ti criscinu l’amici e li viddicu.
Nta sta trazzera scotula li ‘mbrogghi:
li megliu çiuri a tavula ti cogghi.
Pino Correntitraduzione
la tavola e come una trazzera, amico caro
cantava il cieco sotto un albero di fico,
e poi l’oste ti vuole bene
ti sei fatto la fama ed ora ti dico che puoi coricarti
per te c’è sempre posto ed insieme
aumentano gli amici e ti cresce l’ombellico (?)
in questa trazzera rimuovi gli intrighi
che a talola si raccolgono i fiori migliori
pino correnti
Pino Correnti, nato a Riposto (CT) nel 1925, è scrittore ed
enogastronomo, storico della cucina siciliana e mediterranea, e
presidente onorario dell’Unione regionale cuochi siciliani. Il suo "Il
libro d’oro della cucina e dei vini di Sicilia", una sorta di bibbia
gastronomica, è in auge dal 1976, data della sua prima edizione. Negli
ultimi anni, Correnti si è dedicato alla ricerca e alla riproposta delle
pietanze da lui definite “autenticamente afrodisiache”. Oggi si occupa
principalmente della divulgazione nel mondo dell’alta cucina di Sicilia.
sabato 15 dicembre 2012
Pollo aggrassato chi patati
Alla fine degli anni sessanta, si mangiava un pollo speciale, aveva
le carni sode e un odore molto buono, poi io ero particolarmente
“maliabituata” perché mio padre avendo avuto anche un
allevamento di polli, chiddi pa famiglia li faceva razzolare ‘menzzu
u tirrenu e li nutriva cu furmintuni che integrava con i resti della
tavola.
La nonna Lilì, nei pomeriggi estivi passava il tempo a sminuzzare
bucce di muluni d’acqua e appena finiva chiamava i polli emettendo
un suono gutturale parecchio inquietante.
E mentre nonna si occupava dei nostri polli, u “Zu Petru” e u “Zu
Fifì”, uomini senza età, si occupavano del pollaio.
U zu Petru, era tanto innamorato di questo lavoro e dei polli che mi
proibiva di entrare nei pollai, sennò i polli si scantavanu e ci
vinìa na pasturedda, io che adoravo relazionarmi con gli animali
subivo questo divieto ma quando, “A las cinco de la tarde” u zu
Petru e u zu Fifì se ne andavano, io, mi precipitavo a giocare
dentro il pollaio e a parlare delle mie storie ai polli.
Un giorno u Zu Petru, custode e giustiziere di polli, mi scoprì, ma
questa è un’altra storia e non fa per niente ridere…
Anche io avevo il mio ruolo nella gestione del pollaio, poco meno che
cinquenne, timida ma molto interessata e anticchia mafiusedda, curavo
gli affari di famiglia, facendo fare a mio padre malefiure spaziali,
un giorno mentre si faceva la pesa dei polli che vendeva, con fare
sornione e pensando di non essere vista, stacciuta come ero poggiai
il mio “esile” piedino sulla basculla al fine di aumentarne il
peso, un’altra volta pensavo di tagliare le ruote di un camion
perché con una manovra sbagliata aveva divelto il cancello, insomma
se avessi continuato ad essere così, avrei potuto intraprendere la
carriera politica, ma per fortuna col tempo mi sono aggrizzata.
Ma andiamo al nostro pollo aggrassato chi patati, se no scrivo anche
di Cioncalotta.
Lo so divago, ma sono fatta così, quando scrivo comincio a cuntari i
cosi dai tempi di Adamo ed Eva.
È quando parlo che sto zitta…
POLLO AGGRASSATO CHI PATATI PER 4 PERSONE
Ingredienti:
- Un pollo tagliato a pezzi
- 1 kg di patate
- 2 grosse cipolle rosa
- 5 spicchi d’aglio
- 4 pomodori
- Alloro
- Un bicchiere di vino
- Rosmarino
- Un pezzetto piccolissimo di cannella a stecca
- Un chiodo di garofano
- Un chicco di pepe garofanato
- Acqua la quantità dipende se piace più o meno asciutto
- Olio q.b.
- Sale e pepe
PROCEDIMENTO:
in un tegame metto circa un litro di acqua con una foglia di alloro,
qualche ago di rosmarino, il pezzetto di cannella, il pepe garofanato
e il chiodo di garofano, la faccio andare sul fuoco a fiamma bassa,
così comincia ad estrarre i profumi degli aromi.
Fatto questo mi accingo a soffriggere l’aglio in una padella di
alluminio, appena rosolato lo tolgo dall’olio e metto a
soffriggere i pezzi pollo con qualche ago di rosmarino e una foglia
di alloro, ed intanto pulisco e taglio a pezzettoni le patate,sbuccio
la cipolla e la taglio nel senso della lunghezza, e riduco il
pomodoro in piccoli pezzi.
Man mano che il pollo risulta ben rosolato in tutte le sue parti, lo
salo e lo metto nel tegame con gli aromi che lentamente procede con
la cottura.
Appena finisco col pollo passo a rosolare le patate sempre nello
stesso olio e con una fiamma adeguata per non far bruciare l’olio,
le patate appena pronte, le salo e le metto da parte a sgocciolare
l’olio in eccesso.
Sempre nello stesso olio metto a rosolare, con una fiamma ancora più
dolce la cipolla e qui metto subito il sale e un coperchio in modo
che la cipolla si cuocia con la sua stessa acqua di vegetazione.
Appena la cipolla diventa trasparente, alzo la fiamma e sfumo con il
vino e aggiungo il pomodoro aggiusto di sale e pepe e lascio cuore
per circa un quarto d’ora.
Dopo di che l’aggiungo al pollo che intanto procede con la cottura,
appena il pollo comincia a dare segni di cottura aggiungo le patate e
lascio insaporire finché anche le patate non arrivino ad essere
cotte.
Inutile dire che con il sugo di questo pollo ci si possono condire i
bucatini o gli spaghetti.
antonella gullo
antonella gullo
giovedì 29 novembre 2012
2002: la prima volta a Cuba (12)
La culona con la radio
Oggi si va al mare. Così alle 8 e 10
Pippo si alza e, come sempre, da’ la sveglia. Pippo nei viaggi che fa deve
sempre fare da sveglia. Perché i compagni che si sceglie sono tutti
dormiglioni. E poi si lamentano pure. Alle 9 e 30 passa Russel, il nostro autista-guida.
Ha una BMW vecchia e argentata. Ci porta alla Playa dell’Oeste.
Imbocchiamo quindi la autopista per Varadero. Ci accorgiamo che questa
autopista è nuova e priva di buche. E capiamo perché. E’ la autostrada più
battuta dai turisti coglioni che così pensano che tutta Cuba abbia strade così. Ma
noi sappiamo che non è vero.
Russel ha paura della polizia e così ci insegna la parte che dobbiamo
recitare in caso di malaugurato incontro. Noi tutti saremmo amici di lunga
data. Infatti, ci dice che qui è vietato fare da taxi se non si è tacsisti. Noi
gli diciamo che in tutto il mondo è così e lui dice che non è vero e che li è
così perché c’è il regime. Io penso che il signor Castro dovrebbe fare uscire
un po’ di cubani per fargli capire come stanno le cose veramente.
Las playas dell’oeste sono a pochi chilometri dall’Habana ed hanno vari
nomi. Noi andremo a S. Maria del Mar che è la più famosa e la più bella.
Russel in effetti ci porta in un posto di merda tipo
bagni Virzì38 anni ottanta. Ma cosa crede che
siamo minchie? Lo cazziamo per bene e scegliamo noi la spiaggia.
Si chiama Obisco (più o meno). E’ un posto
magico! Sabbia e mare limpidi, palme dappertutto e pochissima gente.
Ma perché la bestia ci ha portato in quel posto maledetto e cacato?
Forse ci voleva derubare. Non lo scopriremo mai. Intanto , però, ha le corna
calate ed ha capito che noi non ci facciamo imbrogliare in questo modo. Magari
in un altro modo si, ma così, no!
Russel comunque resta con noi e mi chiede se io e Nadia siamo fidanzati.
Qui a Cuba sono tutti fissati. Si avvicina un poliziotto e parla con Russel.
Russel ci riferisce che il poliziotto lo ha nominato nostro protettore. Ma a
lui che minchia gliene fotte?
Accanto a noi una culona (Sonia) con la radio a tutto volume. Ci chiede
se ci piace quella musica. Nadia risponde che la musica ci piace, ma il volume
è troppo alto. Ma ormai il ghiaccio è rotto e la culona ci racconta la sua
vita. Dice di essere cubana , e di avere sposato un messicano. Russel dice che
è una troia. Russel è fissato.
Torniamo in città. Ma prima di andare a casa decidiamo di passare dal
mercato a comprare la frutta. Al solito
suo Russel ci porta nel più lurido quartiere dell’Habana. Pieno di mosche ,
detriti e desolazione. Poi in un mercato fetente. Mi chiedo se non esista,
all’Habana, un posto umano dove comprare un po’ di frutta di cui i Caraibi sono
ricchi. Per caso ne incontriamo uno. Ci fermiamo. E’ un fruttivendolo
splendido: variopinto, pulito ed economico. Ma Russel chi è?
Perché vuole fornirci una visione deprimente di Cuba? Che sia un
anticastrista? O è solo un cretino? Per noi è solo un cretino.
Tornando a casa passiamo dal museo de la Revolution.
Ma è tardi e così rinviamo la visita. Ci
limitiamo a vedere dall’esterno il Granma ossia il battello con il quale Fidel
è sbarcato a Cuba per dare inizio alla stagione rivoluzionaria.
Quella prima missione fu un disastro, ma comunque diede il via alla
rivoluzione.
La sera decidiamo di andare in discoteca.
Ci accompagna la cameriera di Mercedes. Il posto si chiama “1860”. E’ sul mare ed è
bellissimo.
sabato 24 novembre 2012
Il mendicante d'amore
Ore 15.30 ritorno a casa dal
lavoro morta stremata sconnessa fusa
Due i desideri, gli ultimi prima
del mio ormai inevitabile imminente decesso: fame + pisolo
A falcate mosse da un corpo
inerte sospinto da …boh! tento di guadagnare il portone
Ma eccolo, mi si para davanti:
sui trenta ben vestito non male, mi sembra
I miei occhi sono resi quasi ciechi da computer fame sonno per
cui ..nessuna certezza
Con voce educata mi ferma: Scusi…
D’istinto apro la borsa in cerca
del portafoglio: pure n’assegno gli farei, basta che mi lascia fare quei due
passi che mi separano da casa….
“No, non voglio soldi -fa
lievemente offeso ma con grande dolcezza- Le spiego: la mia compagna mi ha lasciato
e da dieci mesi non faccio l’amore con
una donna….”
Sarà l’immensa stanchezza, ho le
allucinazioni uditive..
Mi guarda sincero supplichevole
speranzoso…
…. é VERO quello che ho
sentito…non ci posso credere…
Una tumpulata NO, uno sputo NO,
un calcio nelle palle NO ! ! !
Provo solo una grande pena
Balbetto una cosa tipo: Mi
dispiace, non posso aiutarti
E infine il portone è mio
domenica 18 novembre 2012
Cosa deve essere un blog?
Nella home page di questo blog c'è un piccolo post che festeggia i 5 anni di vita del sito creatoda pippo vinci.
Ad oggi su quel post celebrativo si contano ben (per questo blog) 10 commenti. I commentatori, oltre a fare gli auguri, discutono su cosa sia un blog , o cosa dovrebbe essere. E ognuno ha la sua rispettabilissima opinione. In fondo nessuno si è mai sognato di relegare il concetto di blog entro limiti netti ed invalicabili. Il blog è un mezzo per dire delle cose. Pertanto io giudicherei un blog solo in funzione delle cose che dice e su nient'alto che questo.
Io voglio dire la mia ed il simpatico (anche se a me sconosciuto) blogger mi ha concesso l'onore di trasformatre il mio commento in un post vero e peroprio. Il primo della mia vita
Ebbene io non giudicherei la qualità o la legittimità di un blog sul numero dei commenti e neppure sul numero delle visite, ma sicuramente (ripeto) sulla qualità stessa dei post pubblicati. E' come giudicare un libro solo sulle vendite (grande libro, volevo i pantaloni? O i best sellers di Bruno Vespa?)
Aggiungo che nei blog molto commentati, si apre una specie di guerra tra i commentatori. Nessuno cede alla opinione dell'altro, tutti tengono duro, fino a quando l'esaperazione e/o la mancaza di argomenti a favore della propria teoria tesi si trasformano in becero insulto.
Ed allora ben venga un blog poco (?) seguito, ma pacato nei toni (non certo nei contenuti) come La Trazzera.
Sergio Cane - palermo
venerdì 2 novembre 2012
Ezio Mauro non ha capito niente
Oggi su Repubblica.it c'è la consueta analisi di Ezio Mauro sui fatti della politica. Mauro afferma due cose che fanno comprendere come il direttore del noto e diffuso quotidiano abbia (a mio parere) compreso molto poco o nulla del fenomeno Grillo.
Il suo pensiero è così sitetizzato:
"...l'avvicinamento di Grillo a Di Pietro segna una svolta nella strategia dell'antipolitica che ora pesca nel mare della sinistra ..."
prima castroneria: grillo = antipolitica : oramai questa semplificazione offensiva la pensa solo il Direttore mentre analisti politici e sopratutto politici e strateghi del palazzo hanno smesso di lanciare questa accusa a Beppe Grillo. Tutti (tranne Mauro) hanno capito che la vera antipolitica è quella portata avanati per oltre un ventennio dalla casta. E grazie a questa antipolitica della casta che il Movimento 5 Stelle sta avendo questo enorme successo!
seconda castrioneria: l'antipolitica pesca nel mare della sinistra: forse il Direttore è un po' confuso, ma considerare Antonio di Pietro un uomo di sinistra è com considerare berluscini un democratico o Stalin un francescano. Ma dove vive Ezio Mauro?
Il suo pensiero è così sitetizzato:
"...l'avvicinamento di Grillo a Di Pietro segna una svolta nella strategia dell'antipolitica che ora pesca nel mare della sinistra ..."
prima castroneria: grillo = antipolitica : oramai questa semplificazione offensiva la pensa solo il Direttore mentre analisti politici e sopratutto politici e strateghi del palazzo hanno smesso di lanciare questa accusa a Beppe Grillo. Tutti (tranne Mauro) hanno capito che la vera antipolitica è quella portata avanati per oltre un ventennio dalla casta. E grazie a questa antipolitica della casta che il Movimento 5 Stelle sta avendo questo enorme successo!
seconda castrioneria: l'antipolitica pesca nel mare della sinistra: forse il Direttore è un po' confuso, ma considerare Antonio di Pietro un uomo di sinistra è com considerare berluscini un democratico o Stalin un francescano. Ma dove vive Ezio Mauro?
sabato 20 ottobre 2012
2002 La prima volta a Cuba (11)
Giovedì 10
gennaio 2002 – undicesimo giorno
Siamo
di nuovo ricchi
Oggi è una giornata cruciale.
Non ci sono alternative: o ricchi o poveri.
Si va al Nacional con il terrore
dipinto nel volto. E infatti non ci sono ancora i soldi. La tizia del Nacional
ci suggerisce di andare all’oficina che risolve i problemi di questo
tipo. L’oficina si trova nei pressi dell’Hotel Habana Libre. Yolanda ci
dice che qui tutti fanno la nostra fine. Tutti vengono a Cuba pensando di
essere ricchi e di fare i nababbi . Poi invece si accorgono che noi non siamo
minchia e gli fottiamo un sacco di soldi. Ma ormai è troppo tardi e così fanno
questa fine.
Comunque la cacacazzi ci mette
in contatto con il servizio Visa in Italia. La soluzione c’è: basta mettersi in
contatto con la mia banca e chiedere di aumentare la disponibilità della VISA.
Mi! E a lei facile sembra? A noi sembra una soluzione impossibile. Da film di
007. Come minchia facciamo a telefonare alla mia banca? E quelli poi si
convincono? E se si convincono, in quanto tempo faranno tutto ciò? E’ la fine.
Penso che 30 anni di studio sono stati buttati al vento e non mi salveranno da
questa tragedia. Comunque ci proviamo. Ma dove troviamo il numero di
telefono della mia banca?.
Lo troviamo su internet Telefoniamo. In Italia è quasi ora di chiusura e il Minchia che mi risponde
dice che ci penserà domani. Come, DOMANI !? Io insisto cercando difargli capire
in che situazione sono. Cade la linea e già ho speso quasi tutti i soldi per
questa chiamata inutile. Le speranze si affievoliscono. Richiamo, becco il
direttore che mosso a pietà dice che posso farmi una vacanza tranquilla e che
ci pensa lui a me. Farà tutto in tempi brevissimi. Non ci crediamo per niente.
Intanto non abbiamo più soldi . La telefonata ha esaurito tutti i nostri
possedimenti (38 dollari!!)
E’ il tracollo! Se il direttore
ci ha ingannati saremo costretti a dormire tre giorni all’aeroporto senza nulla
dd mangiare e senza neppure i soldi per pagare la tassa di uscita. Una vergogna
mondiale!
Da poveri andiamo al Malecon, ci corichiamo sul muretto e aspettiamo. Alcuni giovani avaneri33 si tuffano a mare felici. Anche loro sono poveri, ma ci sono abituati. Mica possono vivere col cutugno34 tutta la vita!
Da poveri andiamo al Malecon, ci corichiamo sul muretto e aspettiamo. Alcuni giovani avaneri33 si tuffano a mare felici. Anche loro sono poveri, ma ci sono abituati. Mica possono vivere col cutugno34 tutta la vita!
Le avanere fanno autostop per
rimorchiare. Dei poliziotti, forse gelosi, le cazzìano. Abbiamo fame e ci
dirigiamo verso un quartiere molto, ma molto popolare dove si dovrebbe mangiare
con pochi spiccioli. Entriamo in un bar popolare. Un sandwich, una birra ed una
Coca Cola locale alla spina. I baristi ballano e sono neri, quindi gelosi, come
ci ha detto la cognatina.
Mentre ci gustiamo il povero
spuntino al bancone, si avvicina il solito disperato e ci vuole vendere sigari,
targhe di auto, passaggi con carro paricular. Noi non gli diciamo che siamo più
disgraziati di lui. Non ci crederebbe mai.Torniamo al Nacional per
ricontrollare se siamo ancora poveri.
Evviva. Siamo di nuovo ricchi!
Il mio direttore ha fatto il
miracolo.. E subito ci adeguiamo al nostro stato di benestanti andando a
prendere un costoso Daiquiri35 al bar del Nacional. E ci sembra pure
economico :$ 3,5. Trattasi di granita i limone con rum.
Bene, si ricomincia la vita da
ricchi all’Habana. Ma Nadia non demorde e costringe Pippo a tornare a casa a
piedi. Decidiamo pure di invitare a cena Jolaise. Appuntamento all’Habana Libre
alle 21.
Mangiamo al ristorante xxxxxxxxxxxx che si trova proprio accanto al
nostro bar preferito di scoppiati. L’ambiente è accogliente. C’è la solita
guardiana triste dei cessi. Pippo mangia merluzzo, Jolaise invece porco. Nadia
è fissata col vegetariano e si assuppa36 un orribile riso indiano
con .. bacon! Il tutto allietato da due tristi, ma bravi musicisti con violino
e chitarra. Il costo della cena è di 8 dollari a testa.
Vogliamo continuare a divertirci e per farlo chiediamo ai passanti di indicarci
una bella discoteca locale. Ci dicono di andare al “Rosalia de Castro”. E’ a
due passi. In un vecchio palazzo tipo via Roma*. Al primo piano. Sembra di
essere ad una festa privata anni sessanta. Una stanza lunga con tutte le sedie
accostate al muro. Di diverso c’è la presenza del bar. L’ingresso 2 dollari. A
Jolaise controllano il passaporto.
Si comincia con la solita pallosa musica
salsa. Poi si continua con uno show di due animatori che usano 3 disgraziati
per divertire il pubblico. Che in effetti si diverte. Poicomincia la musica “disco”. E da
questo momento riprende l’assalto a forte Apache. L’assalto agli europei (cioè
noi) per motivi “ufficialmente” erotici, ma “realmente” economici.
Nadia è
circondata da cubani e due italiani . Pippo è conteso da tre cubane. I
due però resistono e si difendono l’un l’altro. Jolaise balla bene , ma sempre
allo stesso modo qualunque musica mettano. Alle 1 e 30 si torna a casa.
domenica 14 ottobre 2012
esca viva (3)
Mio
padre aveva la pistola, la notte a volte si perdeva nelle campagne e mia madre
diceva stai tranquilla non è solo, c’è la sua squadra con lui. Qui ho
sette/dodici anni – Mamma, la sua squadra sono quelli che mi vengono a prendere
all’uscita della scuola e doposcuola con la macchina verde polizia oliva quando
papà non può?
Sì. Beh, sì, brave persone, mamma, possiamo stare tranquille. Papà li chiamava per cognome, proprio come a noi la maestra a scuola. Volevo sapere se avevo altre cose in comune con quelli lì. Mi mettevano nel sedile posteriore anche se io preferivo stare davanti e non mi appoggiavo mai allo schienale, stavo tesa dietro il sedile del guidatore e guardavo i suoi occhi dallo specchietto, con le mie braccia che gli sfioravano le spalle.
Anche tu vuoi bene al mio papà? Sì, tuo papà è buono. Devo metterti alla prova, Zamparo, ti confesso una cosa che ho fatto, se tu la dici a papà io dico a lui che non deve fidarsi di te. La vedi questa?, e tiravo fuori una biglia bellissima color cielo striata del bianco delle nuvole che non portano pioggia oppure una collanina di confetti rosa pallido – guarda, si chiama colliè – me l’ha dato una mia compagna in cambio di due ninnoli di cristallo del lampadario della sala da pranzo. Sono i ninnoli numero undici e dodici. Cooosa? Ninnoli, Zamparo, o forse tu li chiami brindoli, come mia nonna?
Sì. Beh, sì, brave persone, mamma, possiamo stare tranquille. Papà li chiamava per cognome, proprio come a noi la maestra a scuola. Volevo sapere se avevo altre cose in comune con quelli lì. Mi mettevano nel sedile posteriore anche se io preferivo stare davanti e non mi appoggiavo mai allo schienale, stavo tesa dietro il sedile del guidatore e guardavo i suoi occhi dallo specchietto, con le mie braccia che gli sfioravano le spalle.
Anche tu vuoi bene al mio papà? Sì, tuo papà è buono. Devo metterti alla prova, Zamparo, ti confesso una cosa che ho fatto, se tu la dici a papà io dico a lui che non deve fidarsi di te. La vedi questa?, e tiravo fuori una biglia bellissima color cielo striata del bianco delle nuvole che non portano pioggia oppure una collanina di confetti rosa pallido – guarda, si chiama colliè – me l’ha dato una mia compagna in cambio di due ninnoli di cristallo del lampadario della sala da pranzo. Sono i ninnoli numero undici e dodici. Cooosa? Ninnoli, Zamparo, o forse tu li chiami brindoli, come mia nonna?
Bene,
mia nonna. Mentre io mi agitavo al ventazzo di Trapani e decidevo di essere
diventata la fidanzata di Mistretta, brigadierino american style anni settanta
con la faccia di Maurizio Merli, perché veniva a prendermi in moto a scuola e
alle compagne biondine veniva un travaso di bile e le suorine affaccendate per
un momento sospendevano la gesticolazione ansiosa e si lisciavano le
sopracciglia e pigolavano brigadiere non la vediamo mai in chiesa, se viene
alla messa delle dieci, vedrà, sentirà anche il nostro coro – composto da
quelle che noi chiamavamo “interne” perché vivevano lì ed erano più
cresciutelle di noi, tredici o quattordici anni, nella mia classe ce n’erano
due - la nonna con una specie di marito e una figlia zitella e un figlio
scapolone e fimminaro viveva sempre a Palermo.
E tutti questi personaggi baldraccati mi tracimavano di vizietti, mi sollevavano in danze di giramondo, mi sciroccavano in panieri di coccole e zuccheri. Un paio di volte al mese andavamo a trovarla la nonna. Viveva in un suk, non nel senso di collocazione topografica, nel senso che casa loro era proprio un suk.
Lunghi corridoi resi stretti dalla quantità abnorme di mobilio anticaglia stoffe alle pareti piatti di ottone perfino sopra le porte e nella stanze mobilucci scarpiere armadietti vetrinette, tutto stracolmo di roba usata stoffe recuperata da vecchi vestiti lumi con piumaggi multicolori incisi e trine di ceramica, passamanerie bronzate, fiocchi di seta, poltrone tipo bergère bottoni d’osso e savacci cuscini scarpe con struzzo e tutto fiorato quadrettato, a pois, ventagli per un occhio o per coppie, bigiotteria ingombrante e coloratissima e cappelli, una cascata di oggetti tunisini, pouf molli di cuoio umettati dell’afrore locale, caffettani cobalto o rossi con granite di pietruzze o ingigliati di fili d’oro appesi in giro per casa.
Colori prevalenti: vinaccia, che non so esiste, sospetto l’abbia coniato lei e corrisponde a una via di mezzo tra color melanzana e bordeaux, forse oggi Harper’s Bazaar lo definirebbe color prugna, e appresso quasi tutte le tonalità di verde, da quello acqua dei suoi occhi a quello tenebroso delle fiaschette di mio nonno, e infine i viola, dal glicine all’episcopale. Tutti i suoi cappelli fin da quando era nata.
E tutti questi personaggi baldraccati mi tracimavano di vizietti, mi sollevavano in danze di giramondo, mi sciroccavano in panieri di coccole e zuccheri. Un paio di volte al mese andavamo a trovarla la nonna. Viveva in un suk, non nel senso di collocazione topografica, nel senso che casa loro era proprio un suk.
Lunghi corridoi resi stretti dalla quantità abnorme di mobilio anticaglia stoffe alle pareti piatti di ottone perfino sopra le porte e nella stanze mobilucci scarpiere armadietti vetrinette, tutto stracolmo di roba usata stoffe recuperata da vecchi vestiti lumi con piumaggi multicolori incisi e trine di ceramica, passamanerie bronzate, fiocchi di seta, poltrone tipo bergère bottoni d’osso e savacci cuscini scarpe con struzzo e tutto fiorato quadrettato, a pois, ventagli per un occhio o per coppie, bigiotteria ingombrante e coloratissima e cappelli, una cascata di oggetti tunisini, pouf molli di cuoio umettati dell’afrore locale, caffettani cobalto o rossi con granite di pietruzze o ingigliati di fili d’oro appesi in giro per casa.
Colori prevalenti: vinaccia, che non so esiste, sospetto l’abbia coniato lei e corrisponde a una via di mezzo tra color melanzana e bordeaux, forse oggi Harper’s Bazaar lo definirebbe color prugna, e appresso quasi tutte le tonalità di verde, da quello acqua dei suoi occhi a quello tenebroso delle fiaschette di mio nonno, e infine i viola, dal glicine all’episcopale. Tutti i suoi cappelli fin da quando era nata.
In
camera da letto le coperte erano stratificate. Fiorata di base e plaid
quadrettati in tinta, almeno uno per i piedi e uno per le spalle e, sopra i
guanciali gonfissimi federe pastello e su quelle cuscini floreali broccati. Mia
nonna dinoccolava assiepandosi in questo o quell’anfratto o indaffarandosi a
cercare cose poiché non riusciva mai a trovarle nel momento in cui ne aveva
bisogno. Le ritrovava dopo, le spostava sostenendo di metterle in evidenza per
il prossimo bisogno ma era un rigurgito continuo, metastasi di disordine prive
di ogni possibile controllo, degenerato – soggetto il disordine - soprattutto
da quando mia madre s’era sposata e aveva lasciato la casa materna.
Mia madre era disgustata, soffriva di un voltastomaco perenne di fronte alla marmellata di oggetti, papà ci rideva, io avrei voluto avere cento occhi e mille mani per non trascurare nulla di quell’adorabile brique-à-braque profumante di muffa e di sebo.
Mia madre era disgustata, soffriva di un voltastomaco perenne di fronte alla marmellata di oggetti, papà ci rideva, io avrei voluto avere cento occhi e mille mani per non trascurare nulla di quell’adorabile brique-à-braque profumante di muffa e di sebo.
“le
briciole le raccoglie
chi non
ha altre voglie
o
ardirebbe ardire
e io che
sono ardente
ho
bisogno di fruire-capire-morire-tradire”,
mmmh… ”potrei mettere a posto il lampadario di mammam
rubando dodici ninnolim della nonnam, la sua lumiera è somigliantem nella forma
ma il colore è grigiom – cristallo fumé -, quella di mammam è invecem bella
trasparentem”, mmmh…
Da questa tavolozza gitana, da questo sciame di oggetti
arteriosclerotici, da questo regno di mago merlino e io ero anacleto, si
passava al regno della grande mantide dormiente, alla trance che spezza gli
abbagli dei colori smaniosi. Palermo-Trapani andata e ritorno. Per fortuna però
mi si arrotava la fantasia, certi usignoli posati sulla placenta della luna mi
tenevano compagnia, gli angeli si disponevano ad arco sul mare, monili
schiumanti al sapore di zagara, un po’ scapigliati e biondissimi e campanule al
collo da cui stillava un suono di clorofilla che plink plink plink, intimidiva
il mare.
Come una
proda sguazzata al centro di una secca metallica sono cresciuta. Mi restavano
un mucchio di desideri scalzi nei pugni serrati, mi vedevo come una corteccia
guardata al buio titillante lampi di resina e con il midollo brucato dai
bagordi dell’immaginazione. Infine tornammo a Palermo definitivamente e ne fui
felice ma un certo ramo di cattività mi era già cresciuto dentro.
giovedì 11 ottobre 2012
P R O M E T H E U S. Ridley Scott
Un’immensa cascata, la forza
impetuosa purificatrice nettante dell’acqua, il bianco assoluto abbagliante.
Il primo fotogramma è il cuore
magico e il messaggio ideologico del film.
La telecamera zoomma su un Uomo
immenso, anch’egli candido, lo sguardo fisso su una chiara astronave che si
solleva lentamente. L’Uomo beve da una sfera un liquido rosso luccicante.
Quindi sullo schermo appare la via che il liquido percorre all’interno del
corpo dell’UOMO.
Ciò che viene distrutto per
primo: l’elica del D N A
Infine ogni parte interna del suo
corpo va in pezzi. Morente, l’UOMO precipita nelle acque turbolente della
cascata.
E’ il PRIMO UOMO
Distrutto da Quelli che l’hanno
creato. Nessuna etica, nessuno scopo. Solo odio. O altro?
L’intreccio filmico muove dal
ritrovamento, in siti assolutamente distanti tra loro e nello spazio e nel
tempo, di iscrizioni rupestri: ritraggono uomini enormi a braccia levate verso piccole
sfere. “I Padri dell’Umanità ci stanno chiamando. Vogliono che andiamo da
loro”.
La fede nell’esistenza di Dio
Creatore o l’alternativa scientifica della teoria darwiniana vengono negate in toto.
Un anziano magnate appassionato
di …sapere.. o ... di immortalità, appronta un’astronave di specialisti.
L’equipaggio conta 17 esperti.
Oltre ad un Robot.
Questi, unico desto, trascorre il
tempo del lungo viaggio imparando le lingue e assimilando dalla tv i
comportamenti umani. Un clone desideroso di umanità?!?!
Il film rimanda spesso a citazioni
già viste in Blade Runner: nella
stessa maniera é proprio al Robot/Replicante, riproduzione perfetta e
perfezionata dell’essere umano, ancorché priva –“purificata” e al di sopra-
delle debolezze dei sentimenti e delle emozioni, che vengono affidati e l’intervento salvifico finale del superstite
e le più intense e significative frasi del film:
“Gli esseri umani si sentono al
sicuro solo se interagiscono con i loro simili”
“Il respiro…una fiamma contenuta.
Dispensa calore per tutti i viventi, regala
energia ai meritevoli”.
Per il resto, purtroppo il film non
cela il declino dell’ormai annoso Ridley Scott, insieme al momento personale
davvero difficile.
L’interpretazione etica proposta
potrebbe essere duplice:
Positiva - I Creatori decidono di
distruggere la propria Creatura Uomo, perché troppo perfetta, più capace e
superiore di essi stessi.
Negativa - La fame di conoscenza
di ulissiana memoria porta alla dannazione, sua inevitabile conseguenza.
Oppure, un suggerimento/monito a
tutti noi:
Non permettiamo che la Terra degli Uomini divenga questo:
”Non c’è niente nel
deserto e nessuno ha bisogno di niente”
.
giovedì 4 ottobre 2012
2002 . la prima volta a Cuba (10)
Pippo sta di merda e non si vuole alzare. Verso le 12
riceviamo visite- La piccola cognatina (donna di Peppone) con una amichetta.
Questa è la situazione : 4 belle donne (3 cubane ed una bulgara), sul
terrazzino a bere, fumare e chiacchierare. Pippo a letto malato. La cognatina
spiega a Nadia tutto sul suo legame con Peppone. Dice che questi è un uomo
generoso e, anche se non è bello, va bene così.
Poi continua offrendole la casa
e la bamba31 (con pagamento posticipato). E
infine una crema miracolosa che serve per non sentire dolore quando ti sodomizzano. La bulgara dice che per cominciare accetta solo la casa. Il resto si
vedrà.
Alle 5 non ne
possiamo più di carriarci* Jolaise e decidiamo di mollarla. Lei sta dove la
metti. Oltre a Jolaise dobbiamo restituire anche la macchina che non possiamo
più permetterci. Nadia, che è fradicia come tutti ii ulgari, ha letto sul contratto che ci devono
restituire tutti i giorni non goduti. Al negozio scopriamo che il simpaticone
ha scritto sul contratto 75 dollari di anticipo invece di 100. noi protestiamo
vivacemente. Loro (incredibile) ci credono e accettano di restituirci
236 dollari. Pensiamo che ci saranno più che sufficienti per tirare avanti fino
alla fine del viaggio. Quattro giorni.
Ma poi scopriamo l’inganno! Non ci danno
proprio un cazzo. Ce la dovremo vedere con la VISA. Abbiamo ancora
una speranza. Corriamo al National sperando di trovare il gruzzolo sulla carta
di credito. Patate! La carta è sempre vuota. Siamo disperati. Pippo comincia a
collaudare la povertà. Per fortuna Jolaise non graverà più sul bilancio
familiare e questo ci consente di non morire subito.
Si torna a casa a piedi cercando di
capire come sopravvivere per i prossimi 4 giorni. Si analizzano le possibili
soluzioni (e anche quelle impossibili, come Dylan Dog32):
- tornare subito nel vecchio continente
(ammesso che ci sia posto sull’aereo)
- vendere tutto (.. ma a chi?)
- dormire all’aeroporto
- chiedere l’elemosina (.. ma a chi?)
sulla via del ritorno
incontriamo una chiesa. Ecco una soluzione che non avevamo considerato. Ed è
forse la più realistica : chiedere il miracolo a Gesù! Qui forse Gesù il
miracolo te lo fa visto che noi siamo quelli buoni e loro no perché sono
comunisti. (citazione di Berlusconi in occasione della partita del Milan contro
lo Steaua Bucarest n.d.r.).
C’è in atto una cerimonia che è per metà
cattolica e per metà protestante. Ci
sono suonatori che suonano, ballerine che ballano, un predicatore che predica e
tutti gli altri che urlano con le mani in alto e gli occhi chiusi.
Torniamo a casa sicuri che questa visita
alla casa del Signore ci porterà bene.
lunedì 1 ottobre 2012
Le letterine
.. all'inizio sul parabrezza.. |
E pensare che vivo lì da solo un paio d’anni quando
cominciano le…. Letterine!
All’inizio sul parabrezza é solo
un foglio né a righe o quadretti, solo blank, piegato alla perfezione, manca
solo un po’ un alito un’idea un velo di …profumo maschile. Certamente non
Drakkar. lui ..non chiede
Scrive.
Complimenti, apprezzamenti manierati e con stile, molto …a tempo
reale..:
“Quel vestito nero a corolla +
stivali di camoscio, che raffinatezza, come stai bene questa mattina”
Aiuto, lui mi vede e io …non so
chi siaaaaaaaaa!
In fondo ad ogni biglietto, però, devo confessarlo, sempre
ripete nome e numero di cellulare….
Mentre il mio tergicristallo
fiorisce di bianco come ciliegio in primavera, le mie amiche danno di matte,
cercano di appropriarsi di un biglietto, di uno solo, daiiii: “Chiama, vedi chi
è, …com’éééé…”
E io: no maiiiiiiii
“Sctupita” mi rimproverano
sdegnate
La tecnica, si sa, è commare
stretta del progresso e poi, che vuoi,
un po’ di privacy in più…non guasta,
pertanto lo sconosciuto scrittore –u Ghost Writer, (mi passi la
traduzione inesatta, ma pertinente, n. d. R.)
tenace, affina non il contenuto, sempre galante e garbato, bensì il
metodo:
letterina in busta chiusa affissa
fermamente con adesivo tagliato con cura al finestrino lato guidatore.
La perfezione, il Non Plus
Ultra..Chissumitagghiapureammia, mi sa….
Alla perfezione, però….!
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