venerdì 17 gennaio 2014

Parodos

(l'altra faccia della notte dei miti viventi)

La parola cambia, di bocca in bocca, l’emozione cambia, di cuore in cuore, la percezione cambia, di pelle in pelle
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“I greci “parodoi”erano passaggi all’aperto, che permettevano l’esibizione
La parodos occidentale conduceva al mare o in campagna, comunque in un luogo diverso da quello urbano. In tal modo, a seconda di dove si dirigessero i personaggi, si poteva presumere dove essi stessero andando o da dove provenissero.
Più tardi, nel teatro latino, le parodoi  funsero da ingresso per gli spettatori privilegiati, che occupavano posti d'onore”.Wikipedia
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E’ mattina
L‘aria limpidissima e fredda punzecchia la pelle penetrando nell’auto da feritoie e anditi invisibili: rarefatta ed eccitante, profuma di alta montagna, di neve. Azzurro accecante, il cielo terso è interrotto solo da strisce di incerta misteriosa provenienza.
La stradella forestale si inerpica tra boschi e villette sperdute, arranca su su per i monti fino a giungere ai 700 metri del casolare: svoltata l’ultima curva d’improvviso ci appare, quadrato regolare ritagliato nel ventre della montagna. Ma con grande amore, e solo per grande amore.
Erano gli anni’50
Era, ed è, il sogno di un Uomo.
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All’interno del caseggiato in pietra a faccia vista il grande camino scoppietta, greve di enormi ceppi, profumato da bucce di arance e clementini, appetitoso da salsicce paesane bruciacchiate ad arrostire.
Attività princeps della compagnia dei sette è il superamento orgoglioso e continuo delle altrui arti culinarie.
Agli arrosti si sommano minestroni di verdure davvero biologiche –in paese si ignorano fertilizzanti & co.- lasagne e minestre di ceci neri e  patate al cartoccio e gelatine di arancia ripiene di fragole e banane, torte allo yogurt, finocchietti al gratin e così via.
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Il banchetto pantagruelico non conosce sosta, eccezion fatta per il tempo dei rifornimenti nei ridenti paesi limitrofi: attraverso la valle e risalendo le verdi colline brumose e velate di nebbia fitta fitta, agli irti colli inerpicandosi sale…, dominate dal complesso innevatissimo di Piano Tenzone, i sette esplorano  il paesino di Finello, e il paesino di Pratteri e le sue pipitouches deserte, e quello  di Chateu Bon (gemellato con il suo pari oltralpi):  una chiacchiera con gli indigeni, annoso tema l’annata dell’olio, uno sguardo agli immancabili vecchietti nerovestiti seduti a giocare a scopa/briscola, un “salutare” caffè all’immancabile “Bar dello Sport” di piazza, regali di capodanneschi gioielli  beneauguranti alle signore.
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La compagnia riprende la via di casa, e tra una curva e un tornante le 2 auto giocano a nascondino.
Quattro cavalli bianchi sono gli unici a mostrarsi, ignorando altezzosamente impavidi la pioggia battente e finissima.
Di asini e mucche non c’è traccia. 
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La nebbia si ispessisce allorché la compagnia dei sette, oltre ad un outsider occasionale ebreo-nazista, ardita tenta di raggiungere l’ Emporio degli amici: apparentemente vicinissimo solo poche ore prima, adesso sembra distare anni “nebbia”. Il viaggio si rivela estenuante e parecchio annervante, lacrimano gli occhi dei passeggeri spremuti sulla strada invisibile, a nulla possono i fari antinebbia…saremo dunque finiti per sbaglio a Bellinzona?!?!?
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Visibile, giusto per un baleno, la coda foltissima di una donnola in fuga. Sarà vera, o allucinazione?
Raggiunta infine la meta agognata, il sangue supera l’acqua,  ogni preoccupazione e fatica è subito obliata dal calore del grande camino angolare, e dai pronti calici di vino corroborante.
La compagnia dei sette abbandona ogni consapevolezza, dimentica persino del proprio nome

3 commenti:

pippo ha detto...

... secondo me era una allucinazione!

Anonimo ha detto...

"...strisce di incerta e misteriosa provenienza?..."
Anche tu co' 'sta storia delle scie chimiche?

ma dov'è questo posto così bello?

Oscuria ha detto...

Allucinazione la donnola o cosa???!!!??