giovedì 3 febbraio 2011

Il Marocco in due per due (6° giorno)


mercoledì 13 agosto 1997 - sesto giorno

Cascade d'Ozoud - Marrakech

Marrakech , ore 21,45. Due cadaveri sono seduti alla terrazza del restaurant Cafè de France in piazza Djema El Fna : siamo noi. Nonostante apparentemente siamo due splendidi quarantenni, abbiamo la pressione a 15 e ci troviamo in uno stato di apatia / afasia che comincia a preoccuparci.

Da qui dominiamo la famosa piazza dove migliaia di persone mangiano, ballano, suonano, vendono, comprano e se la fissìano. Questa vista , questo spreco di energia con una temperatura di 38 gradi basta per prostrarci. Stiamo interrogandoci sulle possibili cause di tale situazione. Elio non vuol sentir parlare di età . Ripassiamo mentalmente gli avvenimenti della giornata appena trascorsa.

Dopo la sveglia all'hotel du lac, facciamo per la prima volta colazione in albergo. E abbiamo atteso il più fetente per deciderci. Al ristorante ci fanno compagnia due ingegneri della diga forse venuti fin quaggiù per controllare se lo sbarramento abbia delle lesioni. Ci rendiamo conto che questa notte abbiamo dormito sotto la diga rischiando il Vajont 2. Sopra di noi ha dormito un lago immenso.

(scrivo queste righe ai bordi della piscina dell'hotel Safir di Marrakech mentre Elio studia la nostra prossima meta, Essaouira, ricostruita dall'ingegnere francofono Cornut)

Ma torniamo alla mattinata di ieri . Dopo aver fatto colazione partiamo alla volta del posto più affascinante esistente nei paraggi : le Cascade D'Ozoud. Un posto incantevole , secondo i nostri sacri testi.

Il caldo si fa sempre più caldo e lungo la strada spuntano, qua e là, bambini e bambine che vendono cose strane: cespugli, pietre, sacchetti di munnizza. Di tanto in tanto ci imbattiamo in gruppetti di familiari o semplici amiconi che passeggiano approfittando della bella giornata di caldo torrido e fanno la spola tra una roccia arroventata ed un cespuglio rinsecchito.

Passiamo da Azilal, un paesino ideale per trascorrervi le vacanze . Infatti da alcune foto, che mostrano il paese imbiancato di neve in inverno, deduciamo che qui fa freddo d'inverno e caldo d'estate . Mentre Elio fa la solita telefonata da cummenda, Pippo gironzola tra le strade infuocate di Azilal e nota un tizio seduto al bar che non ha fatto il cambio di stagione e indossa una pesante giacca a vento con bavero imbottito alzato a protezione del collo. Elio dice che in effetti questo è un buon metodo per ripararsi dalle temperature roventi del deserto. Intanto , però, mette al massimo l'aria condizionata.

Finalmente arriviamo alle cascate. Dopo avere trattato con i piedi una guida, ci godiamo un caffè in un bicchiere sporco. Tanto sporco che Elio non beve. In cambio , per non dare nell'occhio, chiacchiera con l'hotelier locale. I due si trovano d'accordo su tutto e alla fine diventano amici.

Le cascate sono stupende. Più dall'alto che dal basso. Qui , infatti , si viene a contatto con la lordìa e il bordello. Man mano che si scende si attraversano accampamenti di villeggianti locali che hanno in comune il fatto che non si lavano e buttano immondizie ovunque. Per passare sull'altra sponda (che appare meno sudicia), usiamo un traghettino a tre posti costruito artigianalmente con tavole di legno e bidoni di plastica.

Lo conduce un Caronte locale che alla fine della giornata diventerà ricco. Ci divertiamo ad osservare giovani marocchini che si lanciano da grandi altezze. Pippo decide di bagnarsi. Elio non ci pensa neanche. L'acqua è gelata , torbida, melmosa e sicuramente satura di mitseriosi germi patogeni

Alle 16 in punto (comme d'abitude) ripartiamo verso Marrakech. Indecisi su quale strada percorrere ripassiamo tre volte dallo stesso bivio . Alla fine decidiamo per la via più tortuosa , ma più breve, incoraggiati da una giovane coppia di francesi che ci consiglia di fare il contrario. Arriviamo a Marrakech alle sette passate e subito siamo costretti a respingere una guida in mobilette. Ci segue ovunque , ma la nostra esperienza ci consente di seminarla.

Troviamo l'hotel Safir.

Dopo una soddisfacente cena al Cafè de France, facciamo una passeggiata per la piazza Djema el Fna. Beviamo una aranciata (fredda, finalmente) e mangiamo alcune mandorle, un frutto che qui è usato a scopo alimentare e non ornamentale come avviene nell'altopiano di Taza.

Pippo mostra segni di sfiducia e di malaria . Si fa forte e ascolta con pazienza il racconto in arabo di un vecchio cantastorie che ha radunato intorno a se una folla di fannulloni.

Poi i due assistono ad uno sketch di due comici locali che si pestano i piedi. Ridono tutti, tranne noi due, non per razzismo, ma per pietà!

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Esileranti, buono lo stile narrativo, scorrevole il testo. Diciamo che si può tentare la pubblicazione............

Complimenti
Fabio