‘Nta tutta nta stasciunata, mio padre è stato un po’ siddiateddu picchì cristianu granni e sofferenti, ha nisciutu nto piccaredda, un po’ pu friddu, un po’pi lagnusia, un ci ha spirciatu propriu intrattenere rapporti sociali, e meno male, anzi, che in campagna abbiamo tre gatti, di cui si prende cura e che a giorni alterni sente l’obbligo morale di portargli da mangiare. Altrimenti avissi passatu un’vernu davanti al televisore. Ammatula abbiamo cercato di farlo straviari, la sua risposta è sempre stata: “accamora mi siddia”.
Finalmente nta di primi di maggiu, pa scusa di cogghiri quattru nespole vanigghia, si cunvinciu ad andare a trovare mio zio, il fratello di mia madre, nel cuore della conca d’oro. Tutti e dui cugnati, un fannu avutru chi pizzuliarisi, si sfuttuno e si criticanu a vicenda.
Mio padre dal canto suo, avendo avuto la fortuna di accapitare un pusticeddu ‘mpalermu, avendo preso la licenza media, avendo letto tutti i classici, che ahimè nto spissuliddo declama, e che, appena risolto il problema delle cataratte, progetta di leggere la Divina Commedia in forma integrale, a mio zio, cristianeddu di campagna ci parra di Virgilio o di Dante, e quannu si vidi taliatu come un extraterrestre, quasi con commiserazione ci dici: “ne’ lassamu perdiri, tu un po’ capiri!”.
Mio zio che, a mio padre, non gliene resta a dare, ci ridi nta facci e u critica per le tecniche colturali che sceglie per il suo frutteto, e ci dice sempri che se usa certi prodotti piuttosto che altri, i pruna ci vennu comu azziddiri! E cosa ancora più seria, è che pensa di mio padre che sia stato un debole, sulu sulu per aver scelto di fare studiare me e le mie sorelle, e pi giunta ‘mpalermu! Per mio zio la donna, al massimo deve imparare un mestiere che le consenta di lavorare in casa, infatti lui di me e delle mie sorelle, pur volendoci un bene dell’anima, dice che avemu a lingua longa e si putissi ni turcissi u mussu! E il bello è che fa pure la mossa!
Ma tornando al nostro pomeriggio di maggio, u ziu, inchiappatu di cilerna picchì avia finutu, allura allura, di cogghiere le nespole, appena si vitti arrivare mio padre, doppo i primi convenevoli del tipo: tu facisti zappari u terrenu? St’anno pruna n’hai? Vennu sempri i burgitani a cogghiri u fruttu? Lo talia dritto negli occhi e ci dici: a isti a pigghiari a ricotta pi salarla?
Veru! A ricotta s’avi a salari! ma senza dare soddisfazione al cognato e senza lasciare trapelare emozioni dice: l’è ghiri a pigghiari all’atra simana!
All’atra simana? Io già ma salavu, - risponde mio zio con una punta di sarcasmo e con una risatina parecchio ‘ntropita – all’atra simana capaci che già i vacchi si mettunu a manciari u fenu e a ricotta porta malu sapuri!
Mio padre, pigghiatu di puntu, talia a mia sorella, che lo aveva accompagnato fin li e le intima con tono perentorio: amunì a Sagana, a pigghiari a ricotta!
La ricotta si va prendere a Sagana perché è sansera ed è fatta ancora all’antica. Inoltre u vaccaru è un amico, e gli da la migliore in assoluto ovvero la prima che raccoglie quannu comincia ad acchianare, perché la ricotta man mano che affiora diventa sempre più ruvida. E poi parranno in cunfirenza a mio padre la regala, picchì me soru è agronomo e di tanto in tanto lo aiuta a spicciari camurrie relative alla zootecnia e alle normative che la disciplinano. E duu cristianu si disobbliga na sta manera!
Ingredienti:
Ricotta di mucca;
Sale e Sole.
Lasciare scolare la ricotta dentro la fascedda per circa due giorni, quando è sufficientemente asciutta e compatta toglierla dal suo contenitore, cospargerla di sale, metterla ad asciugare al sole per circa tre giorni, dopo di ché infornarla a temperatura molto bassa, meno di 100 gradi per circa 6 o 7 ore, affinché finisca di asciugare.
Tolta dal forno lasciarla all’aria aperta per altri due giorni sigillarla in sacchetti di plastica e conservarla in frigo, grattugiare al momento.
Mia madre, per stendere la ricotta al sole, usa come base d’appoggio le cassette di legno della frutta che mette sottosopra e le ricopre con dei panni bianchi che sostituisce almeno due volte al giorno.
Finalmente nta di primi di maggiu, pa scusa di cogghiri quattru nespole vanigghia, si cunvinciu ad andare a trovare mio zio, il fratello di mia madre, nel cuore della conca d’oro. Tutti e dui cugnati, un fannu avutru chi pizzuliarisi, si sfuttuno e si criticanu a vicenda.
Mio padre dal canto suo, avendo avuto la fortuna di accapitare un pusticeddu ‘mpalermu, avendo preso la licenza media, avendo letto tutti i classici, che ahimè nto spissuliddo declama, e che, appena risolto il problema delle cataratte, progetta di leggere la Divina Commedia in forma integrale, a mio zio, cristianeddu di campagna ci parra di Virgilio o di Dante, e quannu si vidi taliatu come un extraterrestre, quasi con commiserazione ci dici: “ne’ lassamu perdiri, tu un po’ capiri!”.
Mio zio che, a mio padre, non gliene resta a dare, ci ridi nta facci e u critica per le tecniche colturali che sceglie per il suo frutteto, e ci dice sempri che se usa certi prodotti piuttosto che altri, i pruna ci vennu comu azziddiri! E cosa ancora più seria, è che pensa di mio padre che sia stato un debole, sulu sulu per aver scelto di fare studiare me e le mie sorelle, e pi giunta ‘mpalermu! Per mio zio la donna, al massimo deve imparare un mestiere che le consenta di lavorare in casa, infatti lui di me e delle mie sorelle, pur volendoci un bene dell’anima, dice che avemu a lingua longa e si putissi ni turcissi u mussu! E il bello è che fa pure la mossa!
Ma tornando al nostro pomeriggio di maggio, u ziu, inchiappatu di cilerna picchì avia finutu, allura allura, di cogghiere le nespole, appena si vitti arrivare mio padre, doppo i primi convenevoli del tipo: tu facisti zappari u terrenu? St’anno pruna n’hai? Vennu sempri i burgitani a cogghiri u fruttu? Lo talia dritto negli occhi e ci dici: a isti a pigghiari a ricotta pi salarla?
Veru! A ricotta s’avi a salari! ma senza dare soddisfazione al cognato e senza lasciare trapelare emozioni dice: l’è ghiri a pigghiari all’atra simana!
All’atra simana? Io già ma salavu, - risponde mio zio con una punta di sarcasmo e con una risatina parecchio ‘ntropita – all’atra simana capaci che già i vacchi si mettunu a manciari u fenu e a ricotta porta malu sapuri!
Mio padre, pigghiatu di puntu, talia a mia sorella, che lo aveva accompagnato fin li e le intima con tono perentorio: amunì a Sagana, a pigghiari a ricotta!
La ricotta si va prendere a Sagana perché è sansera ed è fatta ancora all’antica. Inoltre u vaccaru è un amico, e gli da la migliore in assoluto ovvero la prima che raccoglie quannu comincia ad acchianare, perché la ricotta man mano che affiora diventa sempre più ruvida. E poi parranno in cunfirenza a mio padre la regala, picchì me soru è agronomo e di tanto in tanto lo aiuta a spicciari camurrie relative alla zootecnia e alle normative che la disciplinano. E duu cristianu si disobbliga na sta manera!
Ingredienti:
Ricotta di mucca;
Sale e Sole.
Lasciare scolare la ricotta dentro la fascedda per circa due giorni, quando è sufficientemente asciutta e compatta toglierla dal suo contenitore, cospargerla di sale, metterla ad asciugare al sole per circa tre giorni, dopo di ché infornarla a temperatura molto bassa, meno di 100 gradi per circa 6 o 7 ore, affinché finisca di asciugare.
Tolta dal forno lasciarla all’aria aperta per altri due giorni sigillarla in sacchetti di plastica e conservarla in frigo, grattugiare al momento.
Mia madre, per stendere la ricotta al sole, usa come base d’appoggio le cassette di legno della frutta che mette sottosopra e le ricopre con dei panni bianchi che sostituisce almeno due volte al giorno.
(antonella gullo)
oh che meraviglia!!!! mi mancavano le ricettine della dolce Antonella!
RispondiEliminaci vuole un bene dell'anima???? Mi aveva promesso il gelsomino e se lo è piantato nel suo giardino, una volta afferrato, lo zio! E ora, il solitario angolo del balcone torinese come lo riempio: con un vaso di ramurazzi?
RispondiEliminaAnto, dopo lunghi giorni di silenzio proprio la ricotta salata che a me non piace??
Auguri Antò...
RispondiEliminaNon ci sono più ricette di Antonella, dove è finita?
RispondiEliminain effetti è da un po' che ci mancano le ricette di Antonella. Ma recentemente la signora Gullo ha scritto alla redazione assicurando che riprenderà a scrivere al più presto. Noi lo speriamo
RispondiEliminagrazie